L’opposizione iraniana, interna ed esterna, rimane divisa in un momento di crescente tensione. Mentre Israele intensifica gli attacchi e i gruppi separatisti si preparano a inasprire il conflitto, la possibilità di una rivolta popolare contro il regime appare incerta
Mentre l'Iran si trova nel pieno di un’escalation militare che minaccia di destabilizzare ulteriormente la regione, i gruppi di opposizione, sia interni che esterni, si trovano ad affrontare una fase cruciale e al tempo stesso incerta.
Nonostante l’ampia avversione al regime della Repubblica islamica, le forze di opposizione sono profondamente divise su come rispondere alla crescente pressione. L’assenza di un’azione di massa sembra, al momento, un riflesso delle difficoltà interne al Paese e delle divisioni tra coloro che lottano per un cambiamento di regime.
Gli attacchi di Israele alle strutture di sicurezza iraniane
La situazione in Iran è ulteriormente complicata dai recenti attacchi israeliani contro strutture di sicurezza iraniane. Questi attacchi hanno lo scopo di indebolire l’apparato repressivo che ha impedito le proteste popolari degli ultimi anni. Ma mentre Israele accusa il regime iraniano di fomentare il terrorismo nella regione, alcuni gruppi separatisti curdi e baluci nelle zone di confine stanno preparandosi a inasprire ulteriormente il conflitto, rendendo la situazione ancora più volatile.
Nonostante il regime iraniano appaia più fragile che mai, mai così lontano dalla stabilità dalla rivoluzione del 1979, un’opposizione unita e organizzata non è ancora riuscita a prendere piede. La possibilità di una vera e propria rivolta popolare rimane incerta, con molte forze di opposizione che non sono pronte a lanciarsi in azioni concrete di massa. La paura di una repressione violenta e le divisioni interne minano il cammino verso un cambiamento radicale.
Appelli a un cambiamento: Pahlavi e Netanyahu in prima linea
A livello internazionale, la figura di Reza Pahlavi, figlio del defunto scià, continua a fare sentire la sua voce. In un’intervista rilasciata questa settimana, ha dichiarato di essere pronto a guidare una transizione politica, descrivendo il contesto attuale come una "opportunità storica" per un cambiamento di regime in Iran. Pahlavi ha anche sottolineato che il cambiamento dovrebbe avvenire senza ricadere nei "vecchi errori" del passato, prendendo le distanze dalla monarchia e puntando su un Iran democratico.
Nel frattempo, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito il suo impegno nella lotta contro il regime iraniano, dichiarando che la fine della Repubblica islamica è uno degli obiettivi chiave della guerra. Netanyahu ha anche lanciato un messaggio diretto al popolo iraniano, dicendo che Israele sta "spianando la strada per la vostra libertà", un appello che potrebbe essere visto da molti come un tentativo di fomentare ulteriori disordini interni.
La paura di un'escalation e l’indifferenza delle strade iraniane
Nonostante la retorica da parte dell'opposizione esterna e gli attacchi israeliani, le strade di Teheran e di altre città iraniane non stanno vedendo un’affluenza di massa di manifestanti.
Le forze di sicurezza, in particolare i Basij, le forze paramilitari fedeli al regime, sono state messe in allerta in tutta la nazione. Le dichiarazioni di Mohammad Amin, membro dei Basij, sono eloquenti: "Siamo pronti a sradicare le spie israeliane e a difendere il nostro governo". La repressione è diventata una parte del quotidiano per gli attivisti iraniani, molti dei quali temono che un’altra ondata di proteste finirebbe nel sangue.
Atene Damimi, attivista che ha trascorso anni nelle prigioni iraniane, ha parlato dell’impossibilità di mobilitare la gente in questo clima di paura: "Come ci si può aspettare che la gente scenda in piazza? In circostanze così terrificanti, la gente si concentra solo sul salvare se stessa, le proprie famiglie e i propri amici". Anche Narges Mohammadi, premio Nobel per la pace, ha sottolineato la difficoltà di organizzare manifestazioni, rispondendo a un appello israeliano con un chiaro messaggio: "Non distruggete la mia città".
Le cicatrici delle proteste del 2022: paura di ripetere gli errori
Le proteste che hanno scosso l'Iran nel 2022, in seguito alla morte di Mahsa Amini durante la detenzione, sono ancora un ricordo vivido. Tuttavia, due attivisti che avevano preso parte a quelle manifestazioni, hanno dichiarato la loro riluttanza a scendere nuovamente in piazza.
Una di loro, una studentessa di Shiraz, ha spiegato: "Dopo la fine degli scioperi, alzeremo la voce, perché questo regime è responsabile della guerra". Un’altra, che ha perso il suo posto all'università e ha passato mesi in prigione, ha ribadito che la lotta contro il regime deve avvenire con altre modalità, evitando di ripetere gli errori del passato.
Le forze di opposizione esterna: il caso del MEK
Tra le forze di opposizione esterne, una delle principali organizzazioni è il MEK, il Movimento dei Mujahidin del Popolo Iraniano, un gruppo che ha avuto un ruolo significativo negli anni '70 ma che è stato criticato per la sua alleanza con l'Iraq durante la guerra Iran-Iraq. La leader del MEK, Maryam Rajavi, ha ribadito il suo rifiuto di un ritorno alla monarchia e ha insistito su un Iran senza i "mullah" e senza il vecchio regime.
Tuttavia, i legami tra l’opposizione esterna e i governi occidentali sollevano preoccupazioni tra molti iraniani. Alcuni considerano l’opposizione che si rifugia all’estero come troppo distaccata dalla realtà interna e dalle esigenze della popolazione iraniana.
Una rivoluzione in sospeso?
In definitiva, l'opposizione iraniana è ancora lontana dall'unità e da una strategia chiara per sfidare il regime. Mentre gli attacchi israeliani e i gruppi separatisti amplificano la tensione interna, resta da vedere se la crescente instabilità regionale riuscirà a catalizzare un vero cambiamento o se il Paese continuerà a vivere sotto il peso di un regime che sembra sempre più fragile, ma ancora capace di sopprimere ogni tentativo di insurrezione.
L’Iran potrebbe essere sull’orlo di un cambiamento, ma quale direzione prenderà, rimane una domanda aperta.