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Russia, tre giornalisti italiani Rai accusati da Mosca per avere ripreso l'invasione ucraina a Kursk

Un soldato ucraino passa davanti al municipio di Sudzha, nella regione di Kursk, in Russia (16 agosto 2024)
Un soldato ucraino passa davanti al municipio di Sudzha, nella regione di Kursk, in Russia (16 agosto 2024) Diritti d'autore AP/Copyright 2024 The AP. All rights reserved
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Di Maria Michela Dalessandro
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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L'inviato della Tv pubblica, Ilario Piagnarelli, è stato accusato dal governo di Mosca di avere dato voce a un neonazista ucraino. Prima di lui, i colleghi Battistini e Traini, sono stati indagati dalle autorità russe per avere sconfinato illegalmente nella regione di Kursk a seguito degli ucraini

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Mosca punta di nuovo il dito contro media e giornalisti italiani con l'accusa di "elogiare i neonazisti ucraini mentre posano in reportage indossando simboli delle SS".

È quanto ha dichiarato domenica la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, contro il reporter di RaiNews 24 Ilario Piagnerelli, che la scorsa settimana ha intervistato un combattente ucraino.

L’uomo, come ha sottolineato Zakharova, indossava un cappello con il segno della divisione SS Leibstandarte Adolf Hitler: "I media italiani ricordano sempre di più il Volkischer Beobachter (Osservatore popolare, il giornale organo ufficiale del Partito nazista). Aspettiamo la reazione ufficiale di Roma", ha scritto Zakharova su Telegram. 

Da Mosca la portavoce è tornata sull'argomento anche lunedì con un altro post in cui in modo sarcastico ha ironizzato sul fatto che Piagnerelli avrebbe cancellato dai social l'intervista in questione.

"L'italiano amante dei neonazisti ucraini si è innervosito. Perchè?", è il breve commento che accompagna lo screenshot di un post X di un profilo anonimo in cui si legge della rimozione dell'intervista.

Non si è fatta attendere la risposta di Piagnerelli che, sul suo profilo X, si dice rammaricato "di aver dato voce, anche se per pochi secondi, a un soldato ucraino che solo dopo la messa in onda del reportage ho notato indossare una patch con un simbolo nazista".

Nel post condiviso sul social media si evince che il giornalista abbia lasciato l'Ucraina per tornare in Italia, decisione che fa seguito a quella presa dalla dirigenza Rai per Stefania Battistini e Simone Traini del Tg1 dopo essere entrati in territorio russo dall'Ucraina senza alcuna autorizzazione.

Giornalisti Rai in territorio russo: cosa è successo

È il 14 agosto quando la giornalista del Tg1 Stefania Battistini insieme con il cameraman Simone Traini varcano il confine tra Ucraina e Russia per documentare l'incursione ucraina nella regione russa di Kursk iniziata dieci giorni prima.

Sono stati i primi reporter internazionali a farlo, seguiti da altri media. Dopo il reportage esclusivo dalla cittadina russa di Sudzha conquistata dagli ucraini, però, i servizi russi dell'Fsb hanno aperto un'indagine contro la giornalista e l'operatore. La contestazione è di avere "attraversato illegalmente il confine di Stato della Federazione Russa e avere filmato un video nel territorio del villaggio di Sudzha, nella regione di Kursk".

Nel particolare, come ha riportato il canale russo Baza, si tratterebbe di un'accusa "ai sensi dell'articolo 322 del Codice penale della Federazione Russa sull'attraversamento illegale del confine dello Stato". La contestazione del Cremlino nei confronti dei giornalisti è quella di essere entrati "illegalmente" nel territorio russo per coprire quello che viene definito da Mosca un "attacco terroristico" dei militanti ucraini.

Cosa c'è dietro le accuse di Mosca nei confronti dei giornalisti italiani

Mentre la giornalista Rai Stefania Battistini ha ricordato l'art. 79 della Convenzione di Ginevra secondo la quale “i giornalisti nelle zone di guerra devono essere trattati come civili e protetti come tali, a condizione che non prendano parte alle ostilità", Mosca ha convocato l'ambasciatrice italiana Cecilia Piccioni per protestare contro quello che definisce un ingresso "illegale" dei due giornalisti.

Secondo il ministero degli Affari Interni russo la troupe italiana avrebbe usato la loro presenza sul territorio russo per nascondere il sostegno propagandistico ai crimini del regime di Kiev. "Gli atti commessi dai cittadini italiani rientrano nel codice penale russo. Le autorità russe competenti stanno prendendo tutte le misure necessarie per accertare le circostanze che riguardano il crimine commesso dal personale della Rai per la loro valutazione legale e l'adozione di misure appropriate", si legge in un comunicato del ministero.

Oltre la vie legali contro i giornalisti, è possibile che Mosca possa usare questo episodio per ritorsioni e pressioni nei confronti dell'Italia, sostenitrice di Kiev dal 2022 ma tra i pochi Paesi Nato ad essersi opposto all'utilizzo di armi dell'Alleanza proprio contro la Federazione Russa.

Giornalisti espulsi da Kiev, i precedenti

Non è solo Russia a fare pressione sui giornalisti nel conflitto in corso. Dall'altra parte del confine nel 2019 il corrispondente della Rai a Mosca, Marc Innaro, e il suo operatore russo, Oleg Shatskov, hanno riceveruto un ordine di dietrofront all’aeroporto di Kiev dove intendevano seguire le elezioni presidenziali ucraine di marzo 2019.

La ragione ufficiale sarebbe stata quella di non aver saputo “spiegare lo scopo del soggiorno in Ucraina”, in conformità al “punto 4 paragrafo 8” della legge che regola le frontiere. Nonostante la troupe Rai avesse già ricevuto conferma di accredito presso la Commissione Centrale elettorale ucraina nonché un’intesa con l’ufficio stampa della Presidenza per un’intervista al presidente Petro Poroshenko, il giornalista e l'operatore sono stati rispediti indietro. Innaro e Shatskov, dopo essere atterrati a Kiev da Minsk, sono stati fermati dalle guardie di frontiera e, dopo un “colloquio” con un agente in borghese dei servizi di sicurezza ucraini, imbarcati nel cuore della notte, dopo un’attesa di quasi cinque ore, sul primo volo disponibile per Minsk.

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I due erano stati in Crimea, la penisola annessa alla Russia illegalmente nel 2014, senza chiedere l’autorizzazione all’Ucraina e senza transitare dal suo territorio. Morale: nessun servizio e un timbro che vietava l'ingresso in Ucraina per tre anni.

Qualche anno più tardi, nel febbraio 2023, negli stessi giorni in cui cadeva il primo anniversario dell'invasione russa in Ucraina, a tre giornalisti italiani, Andrea Sceresini, Alfredo Bosco e Salvatore Garzillo, è stato impedito dalle autorità ucraine di documentare il conflitto nel Paese. Revocati i permessi stampa ai primi due da Kiev, fermato al confine con la Polonia e subito rientrato in Italia il terzo. I tre sarebbero stati inseriti dai servizi segreti ucraini in una lista di persone non gradite con l'accusa di essere fiancheggiatori dei russi. I reporter si erano anche recati in Russia, dettaglio che avrebbe spinto le autorità di Kiev a revocare i permessi per lavorare nel Paese come giornalisti.

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