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Bangladesh, nuove violente proteste: almeno 94 morti, torna il blocco a internet e il coprifuoco

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Image Diritti d'autore Rajib Dhar/Copyright 2024 The AP. All rights reserved.
Diritti d'autore Rajib Dhar/Copyright 2024 The AP. All rights reserved.
Di Michela Morsa
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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Domenica gli studenti sono tornati a manifestare contro la violenta repressione delle proteste e chiedendo le dimissioni della prima ministra Sheikh Hasina. Lo scontro tra polizia, manifestanti e attivisti filogovernativi ha provocato almeno 94 vittime

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Nuove violente proteste hanno scosso la capitale del Bangladesh Dacca e altre città minori nel fine settimana. Sono almeno 94 le persone rimaste uccise solo nella giornata di domenica, quando decine di migliaia di manifestanti del Movimento degli studenti contro la discriminazione hanno bloccato le principali autostrade del Paese e preso di mira le stazioni di polizia e gli uffici del partito al governo, la Lega popolare bengalese. Sarebbero 14 i poliziotti rimasti uccisi, secondo i media locali.

A Dacca soldati e poliziotti controllano le strade, mentre l'accesso alle vie che portano all'ufficio della prima ministra Sheikh Hasina è regolato da blocchi stradali e barricate. Si attendono infatti nuove violenze.

Dall'inizio delle sommosse, lo scorso luglio, le autorità hanno risposto alle manifestazioni con una violenta repressione, che ha portato all'uccisione di almeno 300 persone, al ferimento di migliaia e all'arresto di oltre diecimila manifestanti in circa un mese di proteste.

Feroci scontri a tre tra gli studenti, gli attivisti filogovernativi e gli agenti di polizia hanno provocato decine di morti e centinaia di feriti in un giorno.

Il governo ha risposto ordinando l'interruzione dei servizi di internet ad alta velocità per la seconda volta nel giro di tre settimane e imponendo un severo coprifuoco a tempo indeterminato a partire dalle 18 ora locale. Ha inoltre annunciato tre giorni di "vacanza generale" a partire da lunedì, quindi scuole e università saranno chiuse.

Le proteste, guidate dagli studenti, sono cominciate a inizio luglio contro il sistema di quote per gli ambiti impieghi pubblici, riservati al 30 per cento ai familiari dei reduci della Guerra di indipendenza dal Pakistan del 1971.

Per questo la contestazione è continuata, seppur finora in maniera più sporadica, anche dopo che la Corte suprema ha eliminato la maggior parte delle quote, diventando antigovernativa e allargandosi ad altre fasce della popolazione. I manifestanti chiedono le dimissioni di Hasina, che governa il Paese dal 2009, in maniera sempre più autoritaria.

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