Boom dei prezzi e crisi energetica alimentano la corsa alle cooperative che propongono le rinnovabili: "Uno tsunami di domande. Costrette a dire no, perché incapaci di produrre tanto". Gli addetti ai lavori: "Occasione perduta per accelerare la transizione. Il mercato energetico va riformato"
Freno o opportunità? Guerra in Ucraina e picco dei prezzi dell’energia stanno spingendo sempre più consumatori verso rinnovabili e soluzioni alternative ai gestori tradizionali. Una cooperativa belga che produce e fornisce energia verde è stata da poco addirittura costretta a rifiutare nuove adesioni, perché non riusciva più a soddisfare la domanda.
Il paradosso della cooperativa energetica che respinge nuovi membri: "Troppe domande per la nostra capacità"
"Quando è iniziata la crisi energetica, alcuni piccoli fornitori sono falliti e i loro clienti hanno iniziato a cercare alternative a basso costo – racconta Dirk Vansintjan, membro del direttorio di Ecopower -. Nel giro di una o due settimane abbiamo avuto 5.000 nuovi membri e abbiamo dovuto dire 'basta', perché non potevamo soddisfare una tale domanda di energia".
Niente profitti ed energia a prezzo di costo. Una strategia vittima del suo successo
Nata nel 1991 con l’acquisizione di un mulino ad acqua che forniva elettricità a un piccolo villaggio, la cooperativa energetica aveva fin dall’inizio scelto di rinunciare ai profitti e fornire rinnovabili al prezzo di costo, con tariffe pari a circa la metà di quelle degli operatori tradizionali.
Prezzi bloccati, ma solo a metà: "Flessibile la componente relativa all’energia che dovremo acquistare"
Condizione per praticare questa politica era però produrre abbastanza energia in proprio, da non doverne acquistare troppa, ai crescenti prezzi sul mercato. "Un mese e mezzo fa – spiega ancora Vansintjan - siamo stati costretti a decidere che nella composizione delle bollette, la parte corrispondente all’energia che produciamo resterà a prezzo bloccato. L’altro 50% varierà invece in base alle fluttuazioni del mercato energetico".
Corsa alle cooperative energetiche anche in Francia: "Uno tsunami di domande"
Dinamiche simili sono state constatate anche da Iban Lizarralde, ricercatore all’Istituto Tecnologico ESTIA e cofondatore della "società di produzione cittadina" I-ENER, che promuove le rinnovabili nel Paese basco francese. "Per noi è stato uno tsunami – racconta -. Un numero di domande mpossibile da gestire, aggravato dalla difficoltà a reperire sul mercato una serie di componenti fondamentali".
"Favorire le cooperative energetiche, per diffondere le rinnovabili e accelerare la transizione"
Allo sviluppo di cooperative energetiche come I-ENER ed EcoPower, lavora SocialRes, un progetto europeo che mira a promuovere l'innovazione sociale e lo sviluppo di nuove sinergie tra le cooperative di energia rinnovabile. "Se strutture come le nostre fossero in grado di rispondere alla domanda di energia di chi si rivolge a loro sarebbe un'enorme opportunità anche per la transizione energetica – dice Vansintjan -. Il nostro obiettivo non è ottenere il massimo dei profitti, ma fornire a quante più persone possibile energia rinnovabile di provenienza locale".
"Il mercato energetico? Ritagliato su misura per gli attori industriali"
Tra i principali freni allo sviluppo di tali realtà, secondo Vansintjan, soprattutto un mercato dell’energia "disegnato" attorno alle esigenze dei grandi attori industriali: "Mentre cittadini e famiglie, che pagano le fluttuazioni del mercato, rappresentano solo il 25-30% del consumo complessivo, la restante energia viene fornita ai grandi consumatori industriali a tariffe fisse". Solo di recente, spiega, la legislazione europea ha cominciato a riconoscere i cittadini come attori della transizione energetica: "Fino al 2015 – dice – ci si riferiva a loro come a soggetti passivi e semplici consumatori".
"Rimuovere gli ostacoli per le comunità energetiche". L’Europa chiama ma in pochi rispondono
Secondo gli ultimi dati disponibili, oggi nell'UE ci sono circa 3400 comunità e cooperative energetiche. La maggior parte trova nei Paesi Bassi, nel Regno Unito, in Svezia e, soprattutto, in Germania. Per favorirne la diffusione, secondo le direttive europee del pacchetto energia pulita, ogni Paese deve valutare gli ostacoli che ne frenano la creazione. Con la guerra in Ucraina e la crisi energetica, molti governi continuano però a rimandare e a concentrarsi su altre priorità. "E’ invece un’occasione da non perdere – conclude Vansintjan -. Quello che non hanno capito è che non siamo un problema, ma parte della soluzione".