Julian Assange verso l'estradizione negli Stati Uniti. No della Corte Suprema del Regno Unito all'ultimo ricorso. Il fondatore di Wikileaks rischia una condanna pesantissima
Nulla di fatto. Anche l’ultimo tentativo è andato a vuoto. La giustizia britannica ha infatti negato il ricorso alla Corte Suprema presentato da Julian Assange contro il via libera alla sua estradizione negli Stati Uniti. "Non ci sono le basi legali", si legge nella nota diffusa.
Con questa decisione si avvicina per il via libera definitivo alla consegna del fondatore di Wikileaks alle autorità statunitensi. Come si legge il caso passerà nelle mani del ministro dell'Interno Priti Patel che, stando a rumors, non dovrebbe opporsi a quanto stabilito dalla Corte.
Ora Assange ha due possibilità: potrebbe chiedere una revisione giudiziaria per appurare che il procedimento abbia rispettato la legge in ogni sua singola parte e, in caso contrario, contestare la decisione finale. Oppure, come riferiscono fonti vicine al giornalista e attivista, potrebbe ancora chiedere di portare il suo caso alla Corte europea dei diritti dell'uomo.
Cosa rischia Assange
Julian Assange negli Stati Uniti rischia una condanna fino a ben 175 anni di carcere in base - fra l'altro - a una contestata accusa di spionaggio. Gli USA accusano l’australiano di avere diffuso, dal 2010, più di 700.000 documenti riservati sulle attività militari e diplomatiche.
La giustizia britannica si era inizialmente pronunciata in suo favore, quando la giudice Vanessa Baraitser – circa un anno fa - si era opposta alla consegna del giornalista alle autorità statunitensi, parlando di “rischio di suicidio”.
Intanto i suoi sostenitori hanno manifestato contro la decisione della Corte Suprema. La futura moglie Stella Morris, che Assange potrà sposare in carcere il prossimo 23 marzo, ma anche associazioni come Amnesty International e Reporter senza frontiere, hanno fatto sapere che quanto sta accadendo è una "terribile ingiustizia", "un momento buio" e le "rassicurazioni americani sono insussistenti".