Il governo contrasta una campagna perpetrata da alcune frange della comunità musulmana; la teoria del complotto sostiene che i figli degli immigrati vengono strappati ai genitori dai servizi sociali per poi subire ogni tipo di soppruso
Il governo svedese è impegnato nello smascherare una campagna di disinformazione complottista dalle conseguenze potenzialmente esplosive.
Frange della comunità musulmana svedese accusano i servizi sociali di rapire i loro figli per poi trasferirli in famiglie cristiane dove verrebbero costretti a mangiare maiale e bere alcol. Sulla scia della falsa notizia si sono tenute manifestazioni, prediche di imam estremisti e lo scorso anno è anche nato un partito, Nyans.
La campagna è nata su facebook per poi migrare sugli altri social media e finire anche su certi canali di informazione internazionale; la campagna è alimetata dai numeri dato che i figli di immigrati sotto l'ala dei servizi sociali sono di più rispetto ai bimbi svedesi.
I servizi sociali: "Togliere i figli ai genitori è sempre l'estrema ratio"
I servizi sociali denunciano che spesso le famiglie di immigrati si rifiutano di collaborare e che togliergli i figli è comunque sempre l'estrema ratio. Anders Ygeman, il ministro dell'integrazione e dell'immigrazione svedese spiega perché i figli degli immigrati più spesso cadono sotto l'ala dei servizi sociali: "Penso che chi è scappato dalla guerra e dalla persecuzione spesso ha una situazione economica peggiore e quindi finisce per sperimentare problemi famigliari", al di là del discutibile legame evidenziato dal ministro tra povertà e problemi famigliari, certo è che la Svezia da anni cerca di risolvere il difficile rebus dell'integrazione.
La Svezia è considerato un Paese precursore nella tutela dei diritti del bambino, già nel 1966 la sculacciata è stata vietata per legge; i detrattori del sistema tuttavia, pur non credendo alla teoria complottista, dicono che liquidare la questione dei bimbi rapiti come disinformazione ignora problemi legati alle differenze culturali, dunque a differenti approcci educativi.