Perché le politica cinese del "figlio unico" non è più sostenibile. La popolazione invecchia e la Repubblica Popolare teme per il futuro del suo sviluppo economico
La Cina teme lo squlibrio demografico: Pechino corre ai ripari per invertire la tendenza al calo delle nascite e l'inevitabile aumento della popolazione anziana.
Le autorità quindi autorizzano i nuclei famigliari ad avere un massimo di tre figli.
La rampante Repubblica Popolare teme una bomba umana a tempo per sè e per il mondo, dati i numeri in gioco.
I cinesi sono un miliardo e mezzo.
Nel 2020 sono nati 12 milioni di bambini, oltre due milioni in meno che l'anno precedente, che segnò il tasso di natalità più basso dal 1949
Il dragone imbianca, gli ultrasessantenni rappresentano il 18% della popolazione, una crescita del 5% rispetto a dieci anni fa.
Per il governo di Pechino, se la tendenza non venisse invertita, il peso pensionistico nei prossimi anni diventerebbe un fattore di rischio sistemico.
Le autorità comuniste nel 2016 avevano già dovuto fare un ritocchino della politica di un solo figlio introdotta ai tempi di Mao.
Ma all'epoca la Cina era un gigante in via di sviluppo con elevati tassi di povertà. Le sacche di miseria si sono drasticamente ridotte aumentando le aspettative di vita e rendendo ogni politica di contengentamento delle nascite insostenibile e anacronistico.
Ormai infatti altri fattori concorrono a contenere le nascite, le stesse dei Paesi sviluppati: diminuzione della fertilità, scarsi alloggi e altro.