Commissario Ue per l'ambiente, Sinkevičius: "Il cambiamento è inevitabile"

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Di Shona Murray
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Per Sinkevičius la pandemia è stata un "campanello d'allarme per tutti e l'occasione di rendersi conto che possiamo agire in modo diverso"

L'Unione europea e il resto del mondo sono costretti a muoversi molto più velocemente, per combattere i cambiamenti climatici e l'inquinamento. Il commissario europeo per l'ambiente, gli oceani e la pesca, Virginijus Sinkevicius, è l'ospite di questo episodio di The Global Conversation.

Vi siete fissati degli obiettivi molto ambiziosi per porre fine all'inquinamento terrestre, marino e dell'aria. Cosa pensate di fare per raggiungere questi obiettivi?

Prima di tutto, il modo più efficace per combattere l'inquinamento è, ovviamente, fare in modo che non ci sia inquinamento. Perché una volta che c'è, la situazione diventa molto complicata. E ora ci troviamo proprio in questa situazione. Ci sono morti premature causate dall'inquinamento. Ci sono malattie legate all'inquinamento. Ed ecosistemi, distrutti dall'inquinamento. E non succede solo in certe regioni del mondo, ma anche qui, nell'Unione europea. Quindi dobbiamo agire rapidamente. Sono contento che la Commissione abbia recentemente adottato il Piano d'azione "inquinamento zero". Con inquinamento zero intendiamo, innanzitutto, la riduzione dei livelli di inquinamento, in modo che non danneggino la salute dei nostri cittadini, che non danneggino gli ecosistemi. L'obiettivo è ambizioso, ovviamente, ci vorrà del tempo. Vogliamo raggiungerlo entro il 2050. Ma c'è molto lavoro da fare da qui al 2030. Ad esempio, quando parliamo di inquinamento marino, di microplastiche, il nostro piano è quello di ridurre l'inquinamento da microplastiche del 30%, attraverso diverse misure. Penso che questa pandemia sia stata un "campanello d'allarme" per tutti e anche l'occasione di rendersi conto che possiamo agire in modo diverso.

Lei dice che la pandemia è una grande opportunità. C'è stata effettivamente una riduzione delle emissioni di CO2. Ma come facciamo a sapere che non appena usciremo dalla pandemia e tutti saranno vaccinati, in particolare in alcune zone d'Europa, non si tornerà indietro? Non c'è una vera ambizione, almeno da parte del settore industriale.

Lei ha assolutamente ragione. Se non facciamo nulla, i livelli d'inquinamento torneranno a valori pre pandemici e forse anche oltre, perché la tendenza è proprio questa. Quindi, ecco il nostro Piano d'azione "Inquinamento zero", che tocca diverse aree. Le tre aree principali sono, naturalmente, l'energia, i trasporti e le sostanze chimiche. Questi sono i settori sui quali ci concentriamo maggiormente e, ad esempio, quando parliamo di trasporti, ci sono una varietà di modi per procedere.

Prima di tutto, lavoreremo a stretto contatto con le municipalità e i governi sui loro investimenti nei sistemi di trasporto, rendendoli più attraente per i cittadini, perché possano investire in soluzioni di micromobilità. E la Commissione, ovviamente, è pronta ad aiutare. Ma soprattutto, c'è quest'opportunità unica che viene dai finanziamenti pubblici, dal nostro Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility), grazie al quale ogni Stato membro riceverà un'importante somma di denaro da investire in ripresa e resilienza.

Prima di passare al Recovery, che è molto importante, ci può fare un esempio? Ci ha parlato di prodotti chimici poco fa. Ci faccia qualche esempio di come l'industria dovrà cambiare, per assicurare che ci sia meno inquinamento. Ci sarà più legislazione sulle sostanze chimiche dannose, sui pesticidi, o su come vengono prodotte le auto ad esempio?

Innazitutto, parlando di sostanze chimiche, concretamente bisogna evitare le sostanze chimiche dannose, bisogna sostituirle con altro. A meno che alcune sostanze non possano proprio essere sostituite. In questo caso incoraggiamo a investire in ricerca e sviluppo, per cercare alternative. Il nostro obiettivo è quello di sostituire o escludere completamente le sostanze chimiche dannose dal nostro mercato, dai nostri prodotti. E dal punto di vista legislativo, c’è molta ineguaglianza: in alcuni prodotti queste sostanze sono già vietate da tempo, in altri invece no. E bambini, donne e anziani sono facilmente esposti a questi prodotti. Ci sono gruppi più vulnerabili, che noi dobbiamo proteggere. Ci concentreremo quindi in modo particolare sulla nostra legislazione sulle sostanze chimiche. Ma dobbiamo continuare a lavorare a stretto contatto con le parti interessate. Capiscono che il cambiamento è inevitabile, che avvantaggia chi agisce per primo ed è l'opportunità per loro di essere all'avanguardia in termini di ricerca e sviluppo.

La Brexit ha alimentato preoccupazioni, in particolare sul fatto che Unione europea e Regno Unito possano competere tra loro sugli accordi commerciali. Ci si è preoccupati del fatto che questo possa abbassare gli standard ambientali e che il Regno Unito lo faccia per espandere la sua attività economica? L'Unione europea darà l'esempio, assicurandosi di mantenere i suoi standard anche se questo potrebbe penalizzare il commercio?

Direi che abbiamo dato prova di riuscire a mantenere la nostra leadership, persino rafforzandola. Abbiamo appena parlato dei prodotti chimici, ma ci sono molte altre aree su cui stiamo lavorando. Poco dopo la pausa estiva, a settembre, lanceremo una delle nostre principali iniziative, che riguarda la deforestazione: osserveremo le catene di approvvigionamento e ci assicureremo che non ci sia nessun prodotto associato alla deforestazione. Penso che questo sia un importante passo avanti. Ancora una volta, che alzerà ancora di più i nostri standard.

Ha menzionato il Recovery Fund, che mette sul tavolo una somma di denaro senza precedenti. Sappiamo che il green deal è strettamente legato a come questi soldi vengono spesi. Ma come ci assicuriamo che gli Stati membri li usino davvero per un'agricoltura, una produzione e un'industria sostenibile e che non stiano, invece, facendo solo dell'ambientalismo di facciata, cosa che le ong ambientaliste accusano spesso faccia l'Unione europea?

Prima di tutto, le ong ambientaliste e le ong più in generale esaminano con attenzione i piani di ripresa e resilienza, che gli Stati membri stanno presentando. Ma la Commissione lavora a stretto contatto con gli Stati membri. Il nostro scopo, prima di tutto, è quello di assicurarci che l'obiettivo posto di destinare il 37% della spesa totale a investimenti e riforme a sostegno degli obiettivi sul clima sia utile. E abbiamo elencato sei misure molto concrete che esamineremo nei piani. In secondo luogo, gli Stati membri si sono impegnati a rispettare il principio di non arrecare danni significativi. Un principio che si applicherà a tutti i progetti proposti nell'ambito dei loro piani di ripresa e resilienza: questo principio serve a garantire che non si faccia un passo avanti e poi due indietro. Si tratta di assicurarsi che questi piani siano coerenti con i nostri obiettivi, con la nostra transizione digitale e verde".

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