Tennis: le ragioni del miracolo italiano

Jannick Sinner agli Open d'Italia
Jannick Sinner agli Open d'Italia Diritti d'autore Alessandra Tarantino/Copyright 2021 The Associated Press. All rights reserved.
Di Diego Malcangi
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Il torneo di Roma, finito con una finale-spettacolo tra i primi due del mondo dopo una semifinale in cui per la prima volta da molti anni un italiano se la giocava alla pari con il n.1 del mondo. E proprio lì tornava il pubblico. Che cosa ha favorito l'improvviso successo del tennis italiano?

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A Torino viene presentato in queste ore I Campus, un'iniziativa che vuole dare una opportunità a venti bambini di famiglie modeste, perché possano anche loro aspirare a diventare campioni di tennis.

E a Torino si tengono, nel novembre di quest'anno, le ATP Finals, il torneo che in chiusura di stagione vede impegnati i migliori otto del pianeta. L'Italia ospitava il NextGen, il torneo dei giovani: ora ha anche, per la prima volta, le Finali ATP (sempre a Londra dal 2017, da quando hanno questo formato; a Londra anche dal 2009 quando si chiamavano "World Tour Finals", e anche prima, dal 1970, pur girando il mondo con diversi nomi e formati il torneo di chiusura non era mai arrivato in Italia).

Sonego protagonista a Roma

L'Italia non ha Wimbledon, né lo US Open, né Roland Garros o gli Australian Open. Ma ha Roma, che è un Masters 1000, cioè uno dei più importanti tornei dopo i quattro del grande slam. E che ha visto un Lorenzo Sonego in grande spolvero (primo italiano in semifinale dal 2007), a trascinare un pubblico che proprio in quell'occasione ha fatto il proprio ritorno, seppur parziale. E nel 2020 quello di Roma era stato il primo torneo ad essere confermato e ri-calendarizzato, mentre si annullavano decine di altri tornei, da Wimbledon in giù.

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Lorenzo Sonego agli Open di RomaGregorio Borgia/Copyright 2021 The Associated Press. All rights reserved.

Se ne può dedurre che l'Italia gode ora di un po' più di attenzione, a livello internazionale, e anche le classifiche dei giocatori danno soddisfazione: l'Italia è l'unico Paese insieme alla Russia ad avere quattro giocatori nei primi trenta (Berrettini n.9, Sinner n.17, Sonego n.28 e Fognini n.29), ha i n. 1 e 2 tra gli Under 20 (Sinner e Musetti) e dietro ci sono altri giovani di buone speranze: Zeppieri, Cobolli, Nardi...

Un caso? Probabilmente no. Cerchiamo quindi brevemente di capire che cosa abbia aiutato il movimento italiano a crescere così rapidamente negli ultimi due anni.

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Matteo Berrettni è n.9 nel ranking mondialePaul White/Copyright 2021 The Associated Press. All rights reserved

Le ragioni del miracolo

Il primo aspetto importante è la presidenza dell'ATP (Association of Tennis Professionals), cioè l'ente che organizza i tornei principali: dai quattro slam giù fino ai challenger (mentre sotto ci sono i tornei ITF - International Tennis Federation: li tralasciamo, qui).

Dal gennaio del 2020 alla guida dell'ATP c'è Andrea Gaudenzi. È arrivato praticamente insieme al Covid, ha dovuto inventarsi di tutto per mantenere il maggior numero possibile di tornei e non si sa bene se sia la fortuna o il cuore ad aver favorito l'Italia, fatto sta che proprio la pandemia si è trasformata in un elemento essenziale.

Un anno prima, nel febbraio del 2019, il Covid non c'era, a Bergamo si giocava il challenger e in finale arrivava un diciassettenne che fino a quel torneo le aveva perse tutte, più o meno: maglietta e pantaloncini da supermercato, il ragazzino vinceva pure la finale. Era Jannik Sinner, che ora, due anni dopo, punta a entrare nella top ten mondiale. Ma l'anno scorso ha dovuto restare fermo a lungo, i tornei si erano rarefatti e non sarebbe stato facile salire così rapidamente se non avesse beneficiato di molte wild card.

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Yannick Sinner, a 17 anni n.17 del mondoAlessandra Tarantino/Copyright 2021 The Associated Press. All rights reserved.

Lui è un caso particolare, non tutti vincono un challenger a 17 anni e gli inviti gli sono subito arrivati anche dall'estero, ma lo stesso non vale per tutti quelli che hanno un percorso più regolare, come Lorenzo Musetti per esempio.

Cosa serve per emergere

Emergere nel tennis costa, e gli aiuti per chi non è già tra i primi 100 sono pochi o inesistenti: chi non ha una famiglia agiata per permettergli un percorso che si fa in molto tempo e molti viaggi, con allenatori e materiali che costano, non ce la fa. Se un buon tennista a 18 anni vuole sperare di diventare un campione, gli tocca andare a giocarsi i challengers in giro per il mondo, perché ne deve fare molti: per maturare esperienza, ma anche per raccogliere i primi punti necessari per entrare poi magari in un tabellone principale, e quindi poi aspirare a un torneo un po' più importante - altri viaggi, altre spese - eccetera.

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Lorenzo Musetti, n.2 mondiale fra gli Under 20 dietro a Jannick SinnerAlessandra Tarantino/Copyright 2021 The Associated Press. All rights reserved.

Se non sei ricco, si diceva, non ce la fai. È uno sport per pochi, si diceva.

Poi però l'Italia ha iniziato ad avere qualche torneo in più, poi il calendario ha permesso di mantenere più tornei in Italia che altrove, poi il Covid ha imposto di organizzare i tornei nelle stesse città, per gestire al meglio la "bolla", e anche questo ha incrementato l'effetto positivo. Ai giovani italiani improvvisamente costava molto meno provarci: avevano molti tornei vicini a casa, potevano confrontarsi in Italia, più volte, con campioni internazionali e potevano usufruire di più wild card, quindi risalire più facilmente le classifiche, giocandosi bene le loro possibilità.

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Gli spalti del Foro ItalicoAlessandra Tarantino/Copyright 2021 The Associated Press. All rights reserved.

Sicché, almeno per gli Italiani (ma anche per altri, considerando la ripetizione di tornei nelle stesse località: pensiamo ad Antalya, per esempio, che è forse insieme a Biella quella che ha ospitato più challenger nel corso dell'anno) il Covid ha un po' democratizzato il tennis.

Un tennis per tutti

Con il più che probabile contributo di Gaudenzi, che dallo scranno più alto ha un po' orientato le scelte, più facili anche grazie al maggior peso di una federazione nazionale che investiva e si investiva di più.

Sicché, nello stesso anno e nella stessa città, l'Italia ha per la prima volta le Finals e apre il campus, per i bambini con meno possibilità economiche: iniziativa privata, certo, ma dietro c'è un progetto. È un'associazione senza scopo di lucro a fini umanitari, e ha il supporto di grandi nomi, che vanno da Ivan Ljubičić, ex campione e allenatore di Federer, a Pat Cash, fino al torinese Sonego, che la motiva così: "il progetto si basa su valori cui tengo molto, quali la meritocrazia e la solidarietà alle classi più disagiate"

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