A 40 anni dai referendum, l'aborto divide ancora l'Italia

Nuzzo (Udi) con vittoria dei no la 194 era "finalmente nostra".
Nuzzo (Udi) con vittoria dei no la 194 era "finalmente nostra".
Di ANSA
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(di Emanuela De Crescenzo) (ANSA) – ROMA, 10 MAG – Sono passati 40 anni ma i fronti
sull’aborto rimangono contrapposti e inconciliabili. Un tema che
nella società italiana è sempre stato e continua a essere
divisivo. Il 17 maggio 1981 gli italiani respinsero i due
referendum abrogativi che volevano modificare la legge 194:
“Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione
volontaria della gravidanza” approvata il 22 maggio 1978, in
un’Italia in piena emergenza terrorismo alle prese con il
rapimento e poi con il delitto Moro.
Gli italiani scelsero di preservare quella legge che consente
alla donna l’interruzione volontaria di gravidanza in una
struttura pubblica nei primi 90 giorni di gestazione e, solo per
motivi di natura terapeutica tra il quarto e il quinto mese, e
ai medici l’obiezione di coscienza. Anche i referendum erano contrapposti: da una parte i
Radicali proponevano una piena liberalizzazione dell’aborto
estendendolo anche nelle case di cura private; dall’altra il
Movimento per la Vita con due quesiti: uno ‘massimale’ che
chiedeva l’abrogazione della legge 194 e l’altro ‘minimale’ per
cancellare gli articoli che tutelavano l’autodeterminazione
della donna riconoscendo come lecito soltanto l’aborto
terapeutico. Ma gli italiani respinsero tutti i quesiti: quello
radicale con l’88,4% dei no e quello del Movimento per la Vita
con il 68% dei no. “Vincendo quei due referendum, sentimmo che la legge era
finalmente ‘nostra’ “ spiega Pina Nuzzo all’epoca responsabile
dell’Udi provinciale a Lecce e comunale a Modena, in seguito
dall’87 all’89 garante nazionale e dal 2001 al 2003 responsabile
nazionale della stessa Unione Donne Italiane. (ANSA).

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