Dopo l'annuncio di domenica da parte della presidente della Commissione europea il tavolo di trattativa per risolvere in pace il divorzio fra UK e UE deve proseguire. Resta però pochissimo tempo
Londra e Bruxelles: così vicine, così lontane. I nodi della Brexit rappresentano lo stress test permanente nel complesso allontanamento della Gran Bretagna da un'Europa in cui non è mai stata particolarmente a suo agio. Negli ultimi giorni si sono intensificati al massimo i viaggi, le telefonate. A un certo punto la barra della trattativa è stata impugnata ai due massimi livelli da una parte e dell'altra, dal premier britannico Boris Johnson e dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che hanno invitato i loro sherpa a continuare il negoziato ad oltranza soprattutto sui dossier commerciali.
La lunga marcia di Michel Barnier
Il capo negoziatore dell'UE Michel Barnier informa lunedì a Bruxelles i 27 ambasciatori membri sui passettini in avanti fatti ma intanto tutti si preparano al peggio. Ma tant'è: vale il parere di tutti. Le fatali criticità sono sempre quelle: i dossier sui diritti di pesca, le condizioni di parità, la governance.
Gli scogli, punto per punto
"Quello che vogliamo è un buon affare, un accordo che rispetti questi principi di fair play economico e anche i principi di governance. Cosa significano i principi di governance? Quando si ha un accordo, potrebbe verificarsi un contenzioso e dobbiamo essere certi di poterlo risolvere. Anche questo è uno dei punti difficili oggetto di discussione": ha pubblicamente detto Charles Michel, presidente del Consiglio europeo.
Lo scenario no deal
Regno Unito e l'UE intavolano negoziati per un accordo commerciale post-Brexit da marzo. Senza l'accordo si potrebbero introdurre tariffe, dazi, oneri sulle merci acquistate e vendute tra le due parti con conseguente impennata dei prezzi. Un ritorno al passato che non era conveniente per nessuno. "Anche se è positivo che i colloqui proseguano con l'annuncio di domenica, non registrano sostanzialmente alcun progresso e questo è il vero problema che abbiamo riscontrato nelle ultime settimane: sono gli stessi problemi, gli stessi problemi senza uscita". Ci ha spiegato Simon Usherwood, docente di Politica presso l'Università del Surrey.
Alla prova dei nervi
L'incertezza sta mettendo alla prova la pazienza di molti, anche a Sunderland, sede dello stabilimento automobilistico Nissan i pareri sono controversi. "Ma sì! Che non ci sia alcun accordo. Liberiamocene e riconquistiamo i nostri diritti di pesca" tuona un pensionato locale. Più mitigato il parere di un impiegato di un supermarket che dice: "Nissan potrebbe ritirarsi se deve pagare le tariffe sulle auto che vende in Europa. Voglio dire: il paese ha votato democraticamente per andarsene, quindi penso che dovremmo andarcene, ma servirebbe un accordo...". Quindi si continua a parlare, a trattare ma per quanto tempo? Entrambe le parti dicono che questa è la settimana cruciale. Lo è stato detto già molte volte.