Il segretario del sindacato denuncia lo stato del settore, da dieci anni commissariato e sepolto dal debito. Mancano 3500 tra medici e personale sanitario, e il Piano Covid resta inattuato
Sanità calabrese ancora senza guida dopo l'avvicendarsi, in piena pandemia, di tre Commissari governativi in meno di una settimana. L'ex alto ufficiale dei carabinieri Cotticelli si era dimesso dopo aver detto in tv di non sapere che toccava a lui scrivere il Piano Covid regionale, mentre l'ultimo suo successore, l'ex rettore della Sapienza Eugenio Gaudio lo ha fatto perché la moglie "non vuole andare a vivere a Catanzaro".
La vicenda somiglia a un fuggi-fuggi-generale per evitare di mettere le mani in un verminaio: un ambito che muove 3,7 miliardi di euro all'anno, più della metà dell'intero bilancio regionale, storicamente governato sotto le pressioni di gruppi criminali e mafiosi, massoneria, politica e pezzi delle istituzioni.
Angelo Sposato Segretario generale CGIL Calabria: "È da tempo che come Cgil, ma anche come sindacato unitario, stiamo denunciando la pervasività criminale della ndrangheta nel sistema della salute pubblica e le relazioni che ci sono state con la massoneria e la politica. Qualche anno fa abbiamo chiesto a tutte le prefetture calabresi di attivare le Commissioni d'accesso antimafia all'interno delle aziende ospedaliere calabresi. Alcune sono state attivate e hanno portato allo scioglimento per infiltrazioni mafiose delle ASP di Catanzaro e Reggio Calabria".
Commissariato da dieci anni il settore registra un debito che si presume superiore a due miliardi di euro, ottenuto grazie a fatture pagate due o tre volte, forniture addomesticate, incarichi affidati fuori dalle procedure. Un assalto alla dilgenza che col tempo ha portato a ridurre i già bassi Livelli Essenziali di Assistenza: la Calabria con 162 punti è in ulltima posizione lontanissima dai 222 punti del Veneto.
"Mancano circa 3500 tra medici , infermieri, personale tecnico e ausiliario", conferma Sposato. E mentre i soliti noti si spartivano la torta, gli ospedali sul territorio chiudevano uno dopo l'altro e quelli ancora aperti restavano senza medici e infermieri. Dal 2000 al 2013 i posti letto sono stati ridotti del 40 per cento (da 9915 a 5873), con un indice di 1,95 posti letto ogni 1000 abitanti (dove la media europea è di 5/1000). Su una struttura sanitaria regionale così fragile, l'impatto della pandemia da coronavirus potrebbe far esplodere definitivamente il sistema.
Dopo un'estate passata nell'illusione di una regione covid-free, i posti in terapia intensiva restano 152, e le azioni rese necessarie dalla pandemia restano incerte."E oggi ci ritroviamo con un Piano Covid non attuato, non abbiamo i posti letto in terapia intensiva e sub-intesiva, mancano le bombole d'ossigeno, non ci sono i processori per i tamponi, nel frattempo sono stati bloccati i ricoveri, dunque le altre patologie non possono essere curate e quindi il sistema che abbiamo è proprio collassato".
Intanto la curva dei contagi si è impennata ma non sono cresciute ne la capacità di effettuare test e tamponi né la rapidità di garantirne i risultati, due degli assi principali su cui sviluppare una'azione di contrasto efficace.