Nazanin torna a processo. Nuove accuse per la cooperante angloiraniana a Teheran

Richard Ratcliffe con la moglie Nazanin Zaghari-Ratcliffe
Richard Ratcliffe con la moglie Nazanin Zaghari-Ratcliffe Diritti d'autore John Stillwell/AP
Di Giulia Avataneo
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La cooperante angloiraniana aveva scontato in Iran 4 dei 5 anni di condanna per spionaggio

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Ha scontato quattro dei suoi cinque anni di condanna a Teheran, Nazanin Zaghari-Ratcliffe, quarantenne anglo iraniana arrestata nel 2016 per spionaggio. Eppure domenica tornerà davanti davanti alla giustizia iraniana per un nuovo processo. Le accuse non sono ancora note.

In un tweet la parlamentare britannica Tulip Siddiq ha detto di averle parlato ieri, dopo che la donna è stata riportata in tribunale per una nuova udienza. L'ex Segretario di Stato per gli Affari Esteri, Jeremy Hunt, ha accusato l'Iran di tenerla in ostaggio per ragioni politiche. Nazanin, ha aggiunto, "ha già scontato gran parte della condanna per un reato che non ha commesso".

La vicenda

Zaghari-Ratcliffe, cooperatrice umanitaria, è stata arrestata nell'aprile 2016 mentre era in visita alla famiglia con la figlia Gabriella, che oggi ha sei anni e vive in Inghilterra con il padre. Nazanin è stata fermata dai pasdaran in aeroporto, mentre si preparava a ripartire per il Regno Unito, con l'accusa di complottare un "golpe di velluto" nel Paese degli Ayatollah. 

La donna lavorava per la fondazione della prestigiosa agenzia internazionale di notizie Thomson Reuters.  Ad aver destato i sospetti nella Guardia rivoluzionaria potrebbero essere stati i suoi contatti con alcuni esponenti dell'opposizione al regime. 

Zaghari-Ratcliffe ha scontato gran parte della pena nel carcere di Evin, da cui è uscita quando le sono stati concessi i domiciliari a causa dell'epidemia di coronavirus. Vive nella casa dei genitori, indossando un braccialetto elettronico che le permette di muoversi in un raggio di 300 metri. 

Tempistica sospetta

Le nuove accuse arrivano mentre Londra negozia con Teheran la restituzione di 400 milioni di sterline (460 milioni di euro) per una fornitura di carri armati britannici venduta nel '79, ma mai consegnata in Iran, dove nel frattempo il governo era stato rovesciato dalla rivoluzione islamica.

Le autorità dei due Stati negano ogni legame di questa vicenda con la detenzione della loro concittadina, ma non sarebbe la prima volta che la detenzione di un cittadino straniero nel Paese islamico viene utilizzata per fare pressione politica. 

Nel 2016 uno scambio di detenuti con cui Teheran ha liberato quattro cittadini americani è stato accompagnato dal pagamento di una somma all'Iran che si avvicina a quella che la Gran Bretagna dovrebbe versare nelle casse degli Ayatollah.

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