Chi sono i responsabili delle esplosioni di Beirut? Il punto sull'inchiesta

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Di Lillo Montalto MonellaAlasdair Sandford
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Il governo libanese ha messo agli arresti domiciliari diversi funzionari del porto, mentre gli inquirenti si concentrano su possibili negligenze nello stoccaggio di tonnellate di un fertilizzante altamente esplosivo nel magazzino sul lungomare.

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Due giorni dopo le esplosioni che hanno seminato morte e distruzione a Beirut, il governo libanese ha messo agli arresti domiciliari diversi funzionari del porto, mentre gli inquirenti si concentrano su possibili negligenze nello stoccaggio di tonnellate di un fertilizzante altamente esplosivo nel magazzino sul lungomare.

Il nitrato di ammonio è un componente chimico usato anche nelle esplosioni controllate del settore edilizio e da alcuni gruppi terroristici per fabbricare ordigni. Più si decompone, più è infiammabile.

Il carico di 2.750 tonnellate era stato immagazzinato in porto dopo la sua confisca ad una nave nel 2013.

Intanto, dopo il lutto e lo shock, monta la rabbia nel Paese per l'ennesimo fallimento dei politici e dei funzionari agli occhi dell'opinione pubblica. "Questa è negligenza da parte dell'élite al potere. Una bomba atomica è stata lì per anni, e non un solo leader o politico ha fatto niente", dice a Euronews un abitante di Beirut.

Il porto di Beirut e gli uffici della dogana sono noti per essere alcuni dei luoghi più corrotti del Paese, terra di contesa per le varie fazioni politiche tra cui Hezbollah.

La giornalista Carol Malouf Khattab di Beirut riferisce che la popolazione non riceve alcun aiuto dal governo locale, e questo non fa che rendere più complicata una situazione già critica.

Ogni anno una lettera per avvertire del pericolo

In un rapporto del 2015 si fa riferimento alla natura "pericolosa" del carico stoccato nei magazzini del porto, sequestrato ad una nave moldava due anni prima, e si indica la necessità di "metterlo all'asta e/o smaltirlo correttamente". Eppure niente, è rimasto lì.

Il procuratore di stato Ghassan Oueidat ha ordinato alle agenzie di sicurezza di avviare un'indagine immediata su tutte le lettere relative ai materiali conservati nel porto, nonché sugli elenchi dei responsabili della manutenzione, dello stoccaggio e della protezione dell'hangar.

Il capo della dogana nel 2017 ha messo in guardia dal pericolo di lasciare "i materiali dove sono, compromettendo la sicurezza dei dipendenti (del porto)". Simili lettere sono state inviate anche nel 2014, 2015 e 2016. Non si sa se ci sia mai stata una risposta, scrive l'agenzia AP.

Il presidente Michael Aoun ha giurato, prima di una riunione del suo Gabinetto, che l'indagine sui responsabili sarà trasparente e che i colpevoli saranno puniti. "Non ci sono parole per descrivere la catastrofe che ha colpito Beirut", le sue parole.

Un'inchiesta internazionale?

L'inchiesta aperta dal governo, che ha promesso un rapporto in cinque giorni, "suscita scetticismo" nelle strade di Beirut, secondo El País. "Sarà come tutte le indagini che vengono aperte prima di essere sepolte, perché c'è sempre qualcuno in alto che si ritrova coinvolto", ha detto un passante arrabbiato al quotidiano spagnolo.

La tragedia "sembra simboleggiare tutto ciò che c'è di sbagliato in Libano in questo momento della sua turbolenta storia", osserva il Washington Post: "uno Stato debole, un governo incompetente, funzionari corrotti e, come molti sostengono, l'esistenza di uno Stato parallelo guidato dal potente movimento Hezbollah e da altre fazioni, che utilizzava il porto per operazioni di contrabbando".

L'opposizione al governo al potere non ha aspettato a lungo per esprimere la sua "mancanza di fiducia in un'indagine di cui dubita dell'esito", scrive L'Orient-Le Jour.

In una dichiarazione congiunta, quattro ex primi ministri hanno chiesto "una commissione d'inchiesta 'internazionale o araba' per determinare le circostanze della doppia esplosione che ha devastato la capitale martedì" - un'inchiesta che vorrebbero fosse affidata all'ONU o alla Lega Araba.

300mila persone senza più una casa

L'esplosione ha causato più danni a Beirut in pochi secondi che qualsiasi altro evento precedente, compresa la guerra civile del Libano durata dal 1975 al 1990. I soccorritori sono ancora alla ricerca di sopravvissuti. Il bilancio, provvisorio, è di 135 morti e 5mila feriti, tra cui un militare italiano, seppur in modo leggero.

Il ministro della salute del Libano, sentito da Euronews, ritiene che probabilmente ci sono molte più vittime sepolte sotto le macerie. Interi quartieri sono stati rasi al suolo o resi inabitabili dall'esplosione.

Questa è negligenza da parte dell'élite al potere. Una bomba atomica è stata lì per anni, e non un solo leader o politico ha fatto niente
Un residente di Beirut

Oltre 300mila persone sono rimaste senza casa: lo ha detto il governatore della città precisando che, secondo una prima stima, i danni materiali ammontano a oltre tre miliardi di dollari. Lo scoppio ha causato gravi danni in circa la metà del territorio cittadino.

Molti residenti hanno aperto le proprie porte ai concittadini in difficoltà. Nella capitale è stato dichiarato lo stato di emergenza per due settimane. I danni sono stimati tra i 10 e i 15 miliardi di dollari, come dichiarato dal governatore di Beirut, Marwan Abboud.

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In città il rumore che più si sente è quello dei vetri che vengono spazzati via dalle strade.

Scuole pubbliche e alberghi saranno aperti per i senzatetto. Promesso inoltre un risarcimento non specificato per le vittime.

Con il porto di Beirut distrutto, l'import e l'export saranno dirottati verso la città settentrionale di Tripoli e verso il porto meridionale di Tiro.

Le fazioni politiche per anni si sono divise il controllo delle istituzioni pubbliche, compreso il porto, usandole a vantaggio dei loro sostenitori, con scarso sviluppo delle infrastrutture, interruzioni di corrente e servizi scadenti.

"Che la Vergine Maria distrugga loro e le loro famiglie", dice arrabbiato Joseph Qiyameh, 79 anni, proprietario di un negozio di alimentari. L'esplosione ha danneggiato il suo negozio, sua moglie è stata ricoverata in ospedale per le ferite riportate nella casa accanto e lui è rimasto ferito al braccio.

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Non ha i soldi per sistemare la sua attività, i suoi risparmi sono bloccati nelle banche dai controlli imposti durante la crisi finanziaria.

L'esplosione ha strappato un cratere di 200 metri di diametro che si è riempito di acqua di mare, come se il Mediterraneo avesse morsicato il porto e ne avessse inghiottito gli edifici. Gran parte del centro della città è disseminato di auto danneggiate e detriti.

Le riprese del drone girate dall'AP mostrano come l'esplosione abbia distrutto anche i silos dove era stoccato l'85% del grano del Paese.

Il ministro dell'Economia e del Commercio, Raoul Nehme, ha indicato che tutto quell' "oro giallo" è contaminato e inutilizzabile. Nonostante le rassicurazioni, si teme l'aggravarsi della crisi umanitaria e alimentare.

La visita di Macron e gli aiuti internazionali

Mentre nella capitale è atteso il presidente francese Emmanuel Macron, in visita giovedì 6 agosto, gli aiuti internazionali cominciano intanto ad arrivare da tutto il mondo.

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L'Italia ha deciso l'invio di due aerei C-130J dell'Aeronautica militare, appartenenti alla 46/a Brigata Aerea di Pisa. A bordo un team composto da Vigili del fuoco e personale dell'Esercito italiano specializzato ad operare in contesti caratterizzati da minaccia Cbrn (Chimica, batteriologica, radiologica e nucleare). Una seconda missione è prevista per giovedì, dedicata al trasporto di materiale umanitario e medico.

La madrina Francia, in virtù dei trascorsi recenti, ha inviato aerei carichi di medicinali e personale specializzato. Giovedì il presidente Macron sarà a Beirut.

Londra ha offerto supporto tecnico e finanziario mentre Berlino è pronto a inviare un team di soccorritori ed esperti. Anche la Grecia ha annunciato l'invio di materiale sanitario.

L'Australia ha deciso lo stanziamento di 1,4 milioni di dollare da donare al Libano. L'Unione Europea sta attivando il suo sistema di protezione civile per radunare i soccorritori e le attrezzature dei suoi 27 Stati membri. Anche Israele, tecnicamente ancora in guerra con il Libano, ha offerto a suo modo aiuto.

Tanti donatori vorrebbero bypassare il governo libanese e distribuire aiuti attraverso le Ong.

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Considerato il fragile stato del Libano e la reputazione dell'élite politica, alcuni Paesi amici come la Francia continuano a sostenere la disperata necessità di riforme urgenti.

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