Cina ad Hong Kong, anche la Nuova Zelanda ne ha abbastanza

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Di Alberto De Filippis
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Wellington non estraderà più nessuno verso Pechino. "Non ci sono le condizioni minime di certezza democratica"

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Anche la Nuova Zelanda ha sospeso il suo trattato di estradizione con Hong Kong in risposta alla nuova legge sulla sicurezza imposta dalla Cina sul territorio semi-autonomo. La decisione segue simili iniziative prese da parte degli altri membri dell'alleanza di intelligence detta 'Five Eyes' (ovvero Usa, Australia, Canada e Regno Unito).

Pechino continua ad affermare che ad Hong Kong ci sono solo pochi manifestanti per strada

Una decisione che fa infuriare Pechino che usa come sempre vittimismo minacce dopo aver considerato come interferenze questi comportamenti.

Wang Wenbin, portavoce del ministero degli Esteri cinese: "I five eyes hanno manipolato politicamente la nostra cooperazione giudiziaria, ferendo gravemente la legge di Hong Kong. Si tratta di una mossa sbagliata che danneggia il fondamento della cooperazione e si discosta dal suo scopo di sostenere la giustizia e lo stato di diritto".

Frasi che provocano le reazioni delle cancellerie interessate.

Secondo il ministro degli Esteri neozelandese, Winston Peters, la nuova legge sulla sicurezza è contraria agli impegni assunti dalla Cina nei confronti della comunità internazionale. "La Nuova Zelanda non può più fidarsi del fatto che il sistema giudiziario penale di Hong Kong sia sufficientemente indipendente dalla Cina", ha affermato Peters.

La Nuova Zelanda ora tratterà le esportazioni militari e tecnologiche verso Hong Kong nello stesso modo in cui tratta tali esportazioni verso la Cina, mentre sono stati aggiornati gli avvisi di viaggio, per avvertire i neozelandesi dei rischi a cui sarebbero esposti con la nuova legge, ha precisato il ministro.

L'ambasciatore cinese a Wellington, Wu Xi, ha preannunciato una risposta formale alle dichiarazioni del ministro Peters.

All'inizio di luglio, quando la Nuova Zelanda aveva preso in esame la misura, l'ambasciata cinese aveva pubblicato un comunicato in cui esortava a "smettere di interferire negli affari di Hong Kong e negli affari interni della Cina".

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