Trump minaccia il ricorso all'esercito

"Militari pesantemente armati per riprendere il controllo delle strade"
Una mano sulla Bibbia e la minaccia di fare ricorso all'esercito per "riprendere il controllo delle strade". Al settimo giorno di proteste contro le violenze della polizia, innescate dall'uccisione di George Floyd, il presidente Trump ha parlato di atti di "terrorismo interno" e sollecitato la mobilitazione della Guardia Nazionale. "Se sindaci e governatori non saranno in grado di proteggere i cittadini - la promessa di Trump, poco dopo la dispersione con i lacrimogeni di una manifestazione pacifica proprio davanti alla Casa Bianca - risolverò rapidamente il problema al posto loro".
"Non sono proteste pacifiche, ma terrorismo interno"
"Oggi ho fortemente raccomandato a ogni governatore del paese di mobilitare la Guardia Nazionale, in misura sufficiente a riprendere il controllo delle strade - ha detto il Presidente -. Sindaci e governatori devono ricorrere a spiegamenti eccezionali di forze dell'ordine fino a che le violenze saranno domate". "Proprio mentre sto parlando - ha poi aggiunto - sto procedendo allo spiegamento di migliaia e migliaia di soldati pesantemente armati, di ulteriore personale militare e delle forze dell'ordine, per porre fine alle rivolte, ai saccheggi, agli atti vandalici e a tutti gli attacchi alla proprietà privata". "Ciò a cui stiamo assistendo - ha poi ancora detto Trump - non sono proteste pacifiche, ma terrorismo interno. Distruggere vite innocenti e versare sangue innocente è un'offesa all'umanità e un crimine contro Dio. L'America ha bisogno di costruire, non di distruggere, di cooperare, non di spaccarsi, di sicurezza, non di anarchia".
Saccheggi a Manhattan e lacrimogeni davanti alla Casa Bianca
Violazioni del coprifuoco a Washington, agenti della polizia feriti da colpi d'arma da fuoco in Missouri e saccheggi che a New York arrivano fino al cuore di Manhattan. Si infiamma e guadagna terreno, intanto, la protesta contro la morte di George Floyd. Da molti bollata come irrisoria, l'accusa di omicidio involontario per l'agente di polizia immortalato mentre lo bloccava al suolo con un ginocchio sul collo, non placa la piazza.
La guerra delle autopsie: "Floyd fu soffocato. Anzi, no"
E' guerra, intanto, anche sul fronte legale: a un'autopsia indipendente, che imputa la morte del giovane di colore a una prolungata compressione al collo quella delle autorità locali replica, sostenendo l'assenza di elementi a sostegno di questa tesi. Benzina sul fuoco di tensioni che il fratello di Floyd ha provato a smorzare, invitando i manifestanti a proteste pacifiche e assunzione di consapevolezza. "Smettiamo di pensare che non possiamo farci sentire - ha detto Terrence Floyd alla folla che lo ascoltava -. Andiamo a votare, invece. Ma non solo per le presidenziali. Ad ogni elezione. Non aspettiamo che gli altri decidano al posto nostro. Studiamo, prepariamoci e facciamoci sentire alle urne".
Agenti in ginocchio davanti ai manifestanti
Mano tesa al dialogo anche da parte delle forze dell'ordine. Sporadiche, ma altamente simboliche, le iniziative di agenti che a Portland, ma anche a Washington e New York, hanno espresso solidarietà alla protesta pacifica, inginocchiandosi davanti ai menifestanti.
Su Twitter, arriva intanto la condanna di violenze ed esasperazione del confronto anche di Barack Obama. "Queste violenze incarnano una frustrazione genuina e profonda - scrive l'ex presidente -. Vanno condannati i pochi che ricorrono alla violenza, non la maggioranza che si indigna".