La mappa del diritto d'asilo negato in Europa (in violazione del diritto europeo)

La mappa del diritto d'asilo negato in Europa (in violazione del diritto europeo)
Diritti d'autore Migranti siriani e iracheni in coda in attesa della registrazione a Orestiada, Grecia, nell'aprile 2019 - AP
Diritti d'autore Migranti siriani e iracheni in coda in attesa della registrazione a Orestiada, Grecia, nell'aprile 2019 - AP
Di Lillo Montalto Monella
Condividi questo articoloCommenti
Condividi questo articoloClose Button

Alcuni Stati hanno sigillato i confini, nonostante la UE dica che bisogna lasciar passare chi ha bisogno di protezione internazionale. Altri hanno proprio sospeso la procedura, mentre in altri ancora i servizi sono parzialmente sospesi.

PUBBLICITÀ

Nonostante la crisi Covid-19, le chiusure delle frontiere e le misure di confinamento imposte in tutta Europa, gli Stati europei devono impegnarsi a garantire la registrazione delle domande di asilo e devono consentire l'attraversamento delle frontiere delle persone bisognose di protezione internazionale.

Lo scrive la Commissione Europea, lo ha affermato il Commissario agli Affari Interni, Ylva Johansson, e lo richiede l'Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite, UNHCR.

La realtà delle cose è ben diversa, però. Come mostra una ricerca del Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli (ECRE), una rete di 95 ONG provenienti da 40 paesi Europei, alcuni Stati europei non accettano più nuove domande di asilo, mentre altri hanno sospeso alcuni servizi essenziali rendendo ai migranti difficile - se non impossibile - vedersi riconosciuti diritti stabiliti dalle convenzioni internazionali e dell'Unione Europea.

Il diritto d'asilo non può essere sospeso e non ammette limitazioni, neanche temporanee in periodi d'emergenza. Ma Ungheria, Grecia e Olanda hanno deciso per esempio di non accettare più nuove richieste, indefinitamente.

Altri Paesi, come la Spagna, hanno rinviato a data da destinarsi i colloqui o le udienze di appello, mentre in altri ancora l'effettiva chiusura degli uffici pubblici fa sì che i migranti non possano, nella pratica, fare domanda d'asilo e rimangano così senza tutele, spesso senza tetto né assistenza sanitaria.

In Italia a parole tutto garantito, nella pratica invece...

L'Italia non ha de facto sospeso l'accesso la possibilità di fare domanda d'asilo, anche se i procedimenti amministrativi sono fermi fino a metà maggio. Le disposizioni dell'esecutivo sono di tenere sempre aperto l'ufficio per la ricezione delle domande in Questura.

La manifestazione di questa volontà, registrata con forma snella, è sufficiente per ricevere lo status di richiedente asilo prima della verbalizzazione - che comporta sedersi in un ufficio della Questura con un verbalizzante, un interprete e il richiedente asilo. Il solo manifestare la volontà di richiedere asilo è importante perché garantisce l'accesso all'accoglienza. Spetterebbe poi alle Prefetture di collocare i richiedenti asilo nel sistema d'accoglienza.

Solo in un secondo momento, quello della formalizzazione, al richiedente è rilasciato un attestato che attesta la regolarità del soggiorno nel territorio nazionale e consente (tra le altre cose) l’accesso al Servizio sanitario nazionale e al mercato del lavoro.

Quello che succede in Italia, indica Gianfranco Schiavone, vicepresidente di Asgi, è che "decine di Questure non prendono proprio la domanda dei richiedenti asilo. Gli uffici non sono chiusi ma semi-aperti, e i migranti si sentono dire in molti casi di tornare più avanti. Quando, non si sa. Queste persone rimangono senza domanda d'asilo e senza accoglienza. Due disfunzioni che vanno a braccetto e che fanno sì che queste persone si ritrovino senza assistenza sul territorio nazionale. Quando va bene finiscono nella rete dei senza fissa dimora, quando va male si ritrovano per strada".

Asgi, l'associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, ha svolto un monitoraggio rilevando "con estrema frequenza" questo mancato rispetto del diritto internazionale, invitando gli uffici competenti a seguire le direttive ministeriali.

Il panorama europeo: ciascuno fa un po' come vuole

Al di là delle Alpi, i sono Stati come l'Austria o la Slovacchia che hanno sigillato i propri confini, impedendo l'accesso anche ai richiedenti asilo contrariamente alle indicazioni dell'Unione Europea. Vienna richiede perfino un certificato medico per accedere al territorio nazionale, che ovviamente i migranti non possono procurarsi, ed è stata citata in giudizio da una Ong.

Altri, più virtuosi come il Portogallo, hanno regolarizzato temporaneamente i migranti per poter garantire loro l'assistenza sanitaria. Malta e Danimarca ricorrono al telefono, alle email o alle videconferenze, anche se al momento non è possibile determinare l'impatto (positivo o negativo) di questi espedienti, rende noto l'ECRE.

I politici non hanno avuto coraggio prima, ma queste circostanze eccezionali offrono loro un'opportunità per introdurre norme che vanno in direzione di una maggiore apertura.
Catherine Woollard
Direttrice di Ecre

Svezia, Belgio e Germania hanno garantito la continuità di servizio, anche se a Berlino è stata criticata per aver - con un cavillo burocratico - congelato i termini di trasferimento dei richiedenti asilo nel Paese di primo ingresso, così da evitare di ritrovarsi responsabile delle persone presenti sul proprio territorio e la cui pratica non è stata analizzata a causa dei ritardi dovuti al coronavirus.

Una misura, quella introdotta dall'Ufficio federale per la migrazione e l'asilo (BAMF), in violazione del diritto europeo, come scrive la stessa Commissione Europea.

"Chiediamo agli Stati europei di revocare le restrizioni nell'accesso all'asilo al più presto, non possono diventare la nuova normalità", dice a Euronews Catherine Woollard, direttrice di ECRE. "Alcuni Paesi stanno usando il Covid-19 come opportunità per alleviare i regimi di detenzione, garantire un maggior accesso al mercato del lavoro per i migranti, estendere i permessi di permanenza (in Lussemburgo, per esempio). È nell'interesse europeo farlo. I politici non hanno avuto coraggio prima, ma queste circostanze eccezionali offrono loro un'opportunità per introdurre norme che vanno in direzione di una maggiore apertura. La crisi ha reso evidente come l'Europa abbia bisogno dei lavoratori migranti".

Woollard auspica un maggior monitoraggio da parte delle istituzioni europee sul rispetto delle norme comunitarie. "Molti Stati hanno tagliato le risorse dei servizi per l'immigrazione, creando inefficienze e ritardi nella macchina burocratica. Questo non fa altro che creare precarietà, tensioni sociali, economia sommersa, lavoro nero e lascia le persone nel limbo per anni. Creare un ambiente ostile per i migranti, così che rinuncino a venire, non funziona. Lo abbiamo visto in questi anni. La realtà è che i migranti continuano a venire e poi si ritrovano di fronte ad un sistema completamente disfunzionale".

UNHCR ha pubblicato una serie di linee guida per poter garantire la continuità dei servizi anche in situazioni di emergenza, come in altre parti del mondo sono garantiti anche durante conflitti.

Condividi questo articoloCommenti

Notizie correlate

Grecia, da giugno 10mila migranti senza più casa: "Finiranno per strada"

Il nuovo patto Ue per la migrazione "inaugurerà un'era mortale di sorveglianza digitale"

Grecia, la rotta dalla Libia spaventa l'isola di Gavdos: 1.500 migranti in tre mesi