Timisoara '89: la scintilla che bruciò il regime di Ceasescu

Timisoara '89: la scintilla che bruciò il regime di Ceasescu
Di Sergio Cantone
Condividi questo articoloCommenti
Condividi questo articoloClose Button
Copia e incolla il codice embed del video qui sotto:Copy to clipboardCopied

Timisoara '89: la scintilla che bruciò il regime di Ceasescu

PUBBLICITÀ

Trent'anni fa, la rivolta contro il regime comunista di Nicolae Ceasescu, dittatore un po' megalomane romeno, a lungo corteggiato dall'occidente. E pensare che tutto cominciò con qualche notizia frammentaria che varcava una Cortina di ferro ormai corrosa. Accadde trent'anni fa a Timisoara, la storica Temesvar, dove i servizi di sicurezza della Romania comunista cercarono di mettere fuori gioco il pastore luterano László Tőkés, esponente del locale gruppo etnico magiaro. Il reverendo era anche un difensore dei diritti umani e civili. Aveva particolarmente irritato il regime per la sua battaglia contro la distruzione dei villaggi storici della regione del Banato. Ceausescu sognava infatti di sostituire quei nuclei storici (cari alle minoranze ungherese e tedesca) con kombinat agro-industriali. Alla notizia delle esazioni contro Tőkés, la popolazione locale reagì, scendendo in strada per protestare, confortata anche dal fatto che i regimi comunisti erano già caduti in Germania Est, Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria.

La reazione violenta della Securitate non bastò, Bucarest dovette inviare l'esercito. Fu la decisione che trasformò la scintilla nella vampata che avvolse tutta la Romania socialista.

Il magiaro d'Ungheria, Iván Barabás era in una troupe della televisione ungherese. Si trovava nel Banato per fare un reportage sulle proteste che stavano diventando anti-comuniste

"C'era molta gente" dice Iván "le forze governative e i militari si scontrarono con i dimostranti nella piazza dell'Opera. Si udivano spari. Decidemmo così di tornare all'hotel. Qualcuno aprì il fuoco contro la nostra stanza, al secondo piano. Era intenzionale. Fummo fortunati. Mancarono il bersaglio grazie alla tenda della finestra. Il proiettile passò tra il reporter, l'operatore e me"

Jozsef Laszlo era invece il capo redattore della radio ungherese, tradusse dal tedesco il reportage della TV austriaca, fu così che milioni di persone scoprirono anche in Romania quello che stava succedendo a Timisoara.

"In poche ore quelle notizie ebbero l'effetto di una bomba: circa quaranta radio e canali televisivi mondiali ricevettero questo materiale informativo da noi, che mostrò gli spari sulla folla. E fu la rivoluzione" ricorda Laszlo.

Il regime contrastò con forza la rivolta, troppo tardi, Il 21 Dicembre Bucarest insorse proprio durante un comizio di Nicolae Ceasescu, che dovette abbandonare la capitale in elicottero. Fu l'unica sollevazione nell'Europa delle "Democrazie popolari" che si diluì nel sangue.

Proprio mentre dei franchi tiratori, genericamente attribuiti alla Securitate, sparavano sulla folla nelle strade, come per incanto, si formava una specie di direttorio composto da due ex uomini di peso del regime deposto (da qualche tempo invisi al dittatore) Petre Roman e Ion Iliescu. Figure controverse anche per la gestione successiva della Romania post-comunista. Nicolae Ceusescu era un autocrate con tratti megalomani e debolezze da gran parvenu di stato. Il suo sistema di potere sui generis, anche per un alto funzionario comunista, si consumò come un cerino acceso.

La sua persona fisica invece abbandonò questo mondo con la teatralità popolana di una Varenne carpatico-danubiana: lui e la moglie Elena catturati in uno scenario campestre, un filo deteriorato. Poi, il processo sommario, nell'aula di una scuola elementare, tra banchi di formica e pareti color calce. Per gli storici e i voyeur dell'89 resta un documento video smorto e amatoriale, tipo tele-cruda-realtà.

La coppia avvizzita venne condannata a morte, evitando ai posteri il disturbo di saperne di più sulle zone d'ombra dei rapporti Est-Ovest e con la Cina di Mao, che Elena e Nicolae, avevano gestito con furbizia da mezzadri della grande politica internazionale. In fondo (ma questo lo ricordano in pochi) solo qualche anno prima della Perestroyka, Ceasescu veniva salutato dall'Occidente come un outsider del Blocco sovietico.

E mentre i bardi romeni lo salutavano con epiteti discreti come Danubio del pensiero, illustri politologi ad Ovest sussuravano a labbra strette strette paragoni tipo il "De Gaulle rosso" o il "Tito del Patto di Varsavia".

Tornando alla scintilla di Tomisoara, a volte un incendio si propaga anche con abili piromani.

Condividi questo articoloCommenti

Notizie correlate

The Brief From Brussels: memorie della rivoluzione romena

In Romania, dove mancano le strade, ce n'è una che porta verso il nulla

Romania, la coalizione di governo sovrappone le elezioni locali alle europee