Sea Watch 3, nel 2004 l'identico precedente Cap Anamur: l'intervista all'ex capitano Schmidt

Sea Watch 3, nel 2004 l'identico precedente Cap Anamur: l'intervista all'ex capitano Schmidt
Diritti d'autore Stefan Schmidt
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Di Anne Fleischmann
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Dopo lo sbarco venne arrestato, processato e infine condannato per «favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina» insieme al primo ufficiale e al presidente della Ong. Cinque anni dopo, tuttavia, furono tutti assolti.

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La capitana tedesca della Sea Watch 3, Carola Rackete, è stata rilasciata. Il giudice per le indagini preliminari di Agrigento ha revocato la misura di detenzione ai domiciliari nei confronti della 31enne, suscitando le ire del ministro dell'Interno Matteo Salvini. Il vice presidente del consiglio ha dichiarato che comunque Rackete dovrebbe essere espulsa in quanto minaccia alla sicurezza nazionale del Paese.

Esattamente quindici anni fa, nel 2004, ad un capitano tedesco di nome Stefan Schmidt successe la stessa cosa ma con un altro ministro degli Interni, Pisanu.

Schmidt era il comandante della Cap Anamur, aveva appena salvato 37 migranti e decise di forzare il blocco per entrare a Porto Empedocle. Proprio come la capitana Carola Rackete a Lampedusa.

Dopo lo sbarco venne arrestato, processato e infine condannato per "favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina" insieme al primo ufficiale e al presidente della Ong. Cinque anni dopo, tuttavia, furono tutti assolti, come ricostruisce Il Manifesto.

Euronews ha parlato con lui per commentare la vicenda Sea Watch 3.

"Sono furioso per quello che sta succedendo ora perché è una storia che mi è successa nel 2004", le sue parole.

Come si arrivò all' "ultimatum" allo Stato italiano

I migranti che aveva a bordo venivano dal Sudan. Il suo piano era di poterli fare sbarcare nel porto siciliano per poi ripartire per un'altra missione di salvataggio. Ma non andò così.

Schmidt ricostruisce come inizialmente gli venne dato il permesso per entrare in porto. Ma, quando la Cap Anamur si trovava ormai a 12 miglia dalla costa, ci fu il dietrofront da parte delle autorità italiane. Per un'intera settimana l'equipaggio a bordo non ricevette alcuna ulteriore informazione. "Dopo una settimana, il ministro dell'Interno, Giuseppe Pisanu, affermò che visto che i migranti erano a bordo già da una settimana, allora non erano più da considerarsi come naufraghi.

La situazione a bordo, inizialmente, era gestibile. "Ricevemmo aiuto anche dalla diocesi di Agrigento. L'arcivescovo mandò due monaci che potevano comunicare in lingua perché avevano avuto esperienze come missionari in Sudan, e furono fantastici". Con il passare dei giorni, tuttavia, il nervosismo a bordo crebbe. "La nostra infermiera aveva già messo dei sedativi nel té mattutino negli ultimi 3-4 giorni  ricorda Schmidt - e quando due di loro si misero in testa di voler lanciarsi giù dalla nave perché non ne potevano più, fu allora che diedi l'ultimatum allo Stato italiano".

Dall'Italia autorizzazione ad entrare in porto negata

L'Italia, tuttavia, non si piegò all'ultimatum. Alle otto del mattino, Schmidt chiese il permesso di entrare in porto a mezzogiorno. Il permesso non arrivò mai.

Schmidt rivendica il suo diritto di dichiarare l'emergenza internazionale. "Perché quando un essere umano è in pericolo, quando una vita umana è in pericolo, un capitano deve poter fare scalo in qualsiasi porto. Ci sono le leggi. E grazie a Dio ho prestato molta attenzione alle leggi della navigazione durante la scuola nautica".

Dopo l'attracco, l'arresto

I 37 migranti riuscirono a sbarcare. Schmidt venne arrestato assieme a Elias Bierdel, allora a capo dell'Ong Cap Anamur. All'epoca nessuno dei due poteva immaginarsi che il processo si sarebbe protratto per cinque anni.

"Ci venne chiesto gentilmente di recarci al commissariato di polizia dove fummo interrogati. Avremmo dovuto firmare il verbale, ma non lo abbiamo fatto. Né io, né Elias né Vladimir. Fondamentalmente, non conteneva quanto avevamo detto", continua Schmidt.

"Quindi fummo portati in prigione. La polizia ci comprò un gelato da una gelateria e si scusò per ciò che stavano facendo. In prigione eravamo noi gli eroi. Non solo con le guardie, ma anche con i prigionieri. Condivisero con noi la loro ultima bottiglia di birra. La situazione era grottesca".

"La solidarietà del popolo siciliano fu grande", ricorda l'ex capitano Schmidt. "Avevamo già notato l'enorme differenza tra le autorità italiane e le persone comuni. Quando eravamo in carcere, centinaia di persone scesero in strada per manifestare in nostro supporto".

Manifestazioni di solidarietà anche per Rackete

Anche Rackete della Sea Watch sta ricevendo il sostegno della popolazione locale, dalla Germania e da altri Paesi all'estero. Il ministro degli esteri tedesco Heiko Maas e il presidente federale Frank-Walter Steinmeier, tra gli altri, hanno espresso la loro solidarietà sui social network, chiedendone il rilascio.

Stando al portavoce di Sea Watch, Ruben Neugebauer, sarebbero stati raccolti già oltre un milione di euro in donazioni. A Berlino, Colonia e Francoforte sul Meno, centinaia di persone hanno protestato e chiesto la liberazione della 31enne.

"Il nostro porto rimane aperto"

D'altra parte, "la cosa che mi dà speranza è che molte città in Italia si sono opposte a questa politica", dice, citando i casi di Napoli e Palermo. In Germania, circa 50 città si sono fatte avanti per accogliere i naufraghi. "Anche se non hanno un porto, si sono dichiarate porto aperto", aggiunge Schmidt.

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Dal 2006 esiste una legge dell'Organizzazione Marittima Internazionale che stabilisce che tutti i Paesi devono permettere alle navi di entrare in porto quando hanno salvato qualcuno in pericolo in mare. Non solo: tutte le navi - barche a vela, mercantili e navi da guerra - devono rispettare questo principio. Le stesse leggi in mare vincolano tutti. "In mare, tutti coloro che si trovano in pericolo vengono salvati e portati in un luogo sicuro. Queste sono esattamente le parole usate nel diritto marittimo internazionale", spiega Schmidt.

Tuttavia, Salvini sembra non saperlo, sostiene il tedesco. "In Italia le leggi sono state violate. Se un capitano dice di avere un'emergenza, deve essergli consentito di avvicinarsi. Non gli deve essere impedito di farlo".

La causa contro l'Italia

Con l'organizzazione non governativa borderline-Europa - Menschenrechte ohne Grenzen, di cui è membro fondatore, ha citato in giudizio lo Stato italiano. Ma sul fronte giudiziario non ci sono stati progressi, ci dice. "Da qualche anno ormai, le accuse sono rimaste in un cassetto".

Schmidt vorrebbe che lo Stato tedesco si impegnasse con qualcosa di più di una semplice dichiarazione di solidarietà. "In realtà, la nostra politica si sarebbe dovuta svegliare prima", osserva. "Seehofer disse un anno o due anni fa che le navi dovevano restare in porto. Non c'è da stupirsi se ora Salvini sfrutta questo clima".

L'ex capitano è arrivato a scrivere una lettera al ministro dell'Interno Seehofer. Conteneva una richiesta di garantire ai migranti di essere accolti in Germania. "Non è imbarazzante che stiamo litigando per 40 persone quando abbiamo oltre 80 milioni di abitanti?"

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Le accuse: contrabbando e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina

Anche Schmidt e Bierdel sono stati accusati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Chi critica Rackete la chiama trafficante di uomini. Tuttavia, Schmidt sottolinea la differenza: "Oggi, in un'epoca in cui tutti hanno il GPS a bordo, si può chiaramente dimostrare che una nave ha trovato persone in mare per caso e le ha salvate".

Anche nel caso della Cap Anamur non c'era nessun trafficante a bordo. "Da quando si è saputo che dal 2003 in Italia c'era il rischio di finire in carcere per otto anni senza processo per tutti coloro sospettati di essere trafficanti a bordo, non viaggiano più sulle navi. Imbarcano i migranti sulle peggiori bagnarole. Non gliene frega nulla, si limitano a guadagnare".

Schmidt dice che in Germania sarebbe stato condannato ad almeno sei anni di reclusione per omissione di soccorso. "Anche questo avrebbe dovuto essere preso in considerazione. Ma oggi, naturalmente, abbiamo un numero incredibile di esperti di diritto marittimo, su Facebook", ironizza.

Per Rackete non ha alcun consiglio. "Non credo di doverle dare alcun suggerimento. Dovrebbe seguire semplicemente la sua linea di condotta senza vacillare. Saremo tutti con lei".

Oggi Schmidt è rappresentante onorario dei rifugiati dello Schleswig-Holstein. Ha rifiutato ogni remunerazione.

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