L'Europeo medio? Un italiano emigrato in Germania con la famiglia per lavoro

L'Europeo medio? Un italiano emigrato in Germania con la famiglia per lavoro
Di Lillo Montalto Monella
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Vi raccontiamo la storia di Giuseppe Ronco e della moglie Tatiana, che rientrano nel profilo del tipico europeo medio secondo eurostat. Sposato, con casa di proprietà, figli, credente etc. La sua, come quella di tanti connazionali, è una storia di emigrazione da un Italia che non offre prospettive.

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Qualche settimana fa abbiamo lanciato un appello per trovare il profilo dell**'Europeo medio****. **Utilizzando i dati forniti da Eurostat, abbiamo identificato gli aspetti caratteristici e le abitudini del residente medio in un Paese dell'Unione europea. Tra queste, essere sposato/a, con figli e casa di proprietà, sulla quarantina, credente, in grado di parlare almeno un'altra lingua straniera. 

Siamo stati contattati da una famiglia di italiani emigrati in Germania che rientra in quasi tutti i parametri (il capo famiglia sfora giusto quello dell'età di un paio d'anni). Vi raccontiamo la storia di Tatiana e Giuseppe, marito e moglie, autori di un blog dedicato a tutti i connazionali che pensano di trasferirsi in Germania.

La vicenda della famiglia Ronco è uno specchio fedele dell'Italia e dell'Europa degli ultimi anni. Mentre alcuni politici battono sulla necessità di doverci preoccupare per l'arrivo di qualche decina di migranti, il rischio concreto è che, un giorno, quelli costretti a fare le valigie ed emigrare saremo noi.

La storia di Giuseppe Ronco, infermiere emigrato in Germania con la famiglia

La decisione di trasferirsi anche a causa di un lavoro con orari impossibili e mal pagato: "Siamo una famiglia normale, o almeno ci piace considerarci come tale. Mio marito ha 44 anni e fa l'infermiere, io ne ho 45, sono laureata in Lettere. In Italia ho fatto qualche supplenza e davo lezioni private, mentre qui insegno presso la Bonn International School italiano agli alunni madrelingua. Abbiamo due bambini di 14 e 8 anni, Tommaso e Giacomo, che frequentano qui la scuola tedesca. Ci ha seguito in questa avventura la nonna Mattea, madre di Giuseppe, che, già in Italia, viveva con noi. In Italia mio marito era molto frustrato per il lavoro, poichè, malgrado avesse ottenuto un lavoro a tempo indeterminato presso una cooperativa che forniva personale infermieristico alle case di riposo, lavorava moltissimo, con orari spesso impossibili e per uno stipendio molto basso. Dopo molti anni di studio e un master aggiuntivo in terapia intensiva, non poteva aspirare a fare davvero il lavoro che voleva". 

L'avversione per la cultura dei "furbetti" e l'occasione che arriva nella cassetta della posta: "Quello che vedevamo in Italia non ci piaceva e nutrivamo forti preoccupazioni per il futuro dei nostri bambini. Soprattutto non ci riconoscevamo nella cultura "dei furbetti" per cui aggirare le regole è il requisito per il successo. Per questo cominciammo a guardarci in giro per l'Europa, ma, a dire la verità, la Germania non è mai stata nei nostri pensieri. Un giorno, però, al massimo della depressione, Giuseppe trovò un annuncio in cui si cercavano infermieri per la Germania e decise di parteciparvi. Quella volta non fu preso perchè considerato troppo qualificato, ma restò in contatto con il personale dello Zav (l'ente tedesco per il lavoro estero) e, dopo neanche un mese ci girarono un altro annuncio a cui rispondemmo senza troppe speranze. Dopo qualche tempo ricevemmo un contratto di lavoro nella nostra buca delle lettere: era in tedesco e dovemmo farlo tradurre, ma capimmo subito che quella era l'occasione che aspettavamo. Il contratto era particolarmente vantaggioso e rispondeva a tutte le nostre esigenze". 

La partenza: " Così Giuseppe il 30 Giugno del 2013, neanche un mese dopo aver ricevuto il contratto, è partito alla volta di Colonia dove ha seguito un corso intensivo di tre mesi di tedesco. Quindi è venuto a lavorare a Bonn. Tutti noi lo abbiamo raggiunto dopo 6 mesi (e dopo aver svenduto la nostra casa italiana)". 

Le difficoltà con la burocrazia italiana: "Le difficoltà più grosse le riscontriamo però quando, da cittadini italiani dobbiamo rapportarci con la burocrazia italiana. Un esempio su tutti, che per me è un vero incubo è l'INPS. E' impossibile riuscire, ad esempio, ad ottenere il PIN, se si risiede all'estero, che poi sarebbe di massima utilità proprio per gli stranieri".

Cosa ne pensate dell'Europa? "Pensiamo che l'Europa ci abbia dato questa opportunità, perchè, facendo parte dell' EU abbiamo goduto di moltissime facilitazioni burocratiche, come il non dover avere il permesso di lavoro. Dopo più di 5 anni qui, abbiamo conosciuto persone di ogni parte del mondo (Bonn è una città multietnica) e siamo diventati sempre più consapevoli di quanto l'Unione Europea sia un bene fondamentale, da difendere con ogni mezzo. Crediamo anzi che i legami tra i vari paesi membri andrebbero raffozati: ci sono ancora molti "buchi" da colmare, dai tempi morti dell'assicurazione sanitaria dopo l'iscrizione all'AIRE al ricevimento dell'assicurazione tedesca, passando per l'immatricolazione delle macchine con impianto a gas e i tempi lunghissimi del riconoscimento dei titoli e degli assegni familiari".

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