I sudanesi non si accontentano delle dimissioni del presidente al-Bashir. Dopo il colpo di stato tornano in strada, questa volta contro la giunta militare di transizione
Dopo il colpo di stato in Sudan e le dimissioni del presidente Omar al-Bashir, ora in arresto, la popolazione non abbandona strade e piazze nella capitale, Khartum. I sudanesi non accettano il governo militare di transizione, dopo aver posto fine, con 16 settimane di proteste e mobilitazione civile, a trent'anni di governo al-Bashir.
"Se non ci sarà un esecutivo civile, che rappresenti il popolo del Sudan - dice un manifestante - la nostra rivoluzione sarà incompleta e non realizzerà appieno le speranze e il sogno dei cittadini sudanesi. Per questo continueremo a manifestare. Non lasceremo la piazza finché le nostre legittime richieste non saranno esaudite".
Ieri, il giuramento del ministro della Difesa e primo vicepresidente sudanese, il generale Awad Mohamed Ahmed Ibn Auf: sarà lui la guida della giunta militare per i prossimi due anni. Tra i primi provvedimenti, lo stato di emergenza per tre mesi, e uno di coprifuoco, dalle 22 alle 4 del mattino. Liberati i prigionieri politici.
L'Europa guarda con apprensione al Sudan: si teme che il golpe possa sfociare nella violenza e mettere a rischio gli accordi di pace in Sud Sudan dopo l'indipendenza del 2011.
La storia rischia di ripetersi: i trent'anni di governo al-Bashir, sono stati segnati da guerre civili e dalla feroce repressione delle minoranze in Darfur, con 400mila vittime. Per questo l'ex presidente deve affrontare le accuse di crimini di guerra e genocidio.