Trieste guarda alla Cina per ritrovare lo splendore asburgico

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Di Sergio Cantone
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Per molti triestini è giunto il momento della riscossa: il porto tornerà a splendere, come quando importava ai bei tempi austro-ungarici, spezie d'oriente per un impero. Adesso quell'impero si chiama Ue. Ma la Cina è un gigante da tenere a bada, col commercio, e con regole trasparenti.

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Trieste e il suo porto sono di nuova al centro della politica mondiale. Il memorandum di intesa che Pechino e Roma sono pronti a firmare conferisce infatti alla città giuliana un ruolo chiave come piattaforma logistica della Nuova Via della Seta, un progetto infrastrutturale di sviluppo dei trasporti tra la Cina e l'Europa. A Trieste già si pensa a uno sviluppo che combini le rotte marittime con la ferrovia per portare le mercanzie made in China verso l'Europa centrale, su fino al Baltico:

Per il presidente dell'Autorità portuale triestina, Zeno D’Agostino, la città adriatica "comincia a diventare uno snodo importante per i traffici globali, che interesse ai grandi players del mercato, e i cinesi lo sono. Anche se sono uno dei tanti players".

Insomma, D'Agostino vuole rassicurare chi teme che la Cina possa fagocitare Trieste e il suo porto, assicurando di essere aperti anche ad altri partner, europei e americani.  

Eppure glu Usa di Trump non nascondono un certo fastidio per l'accordo tra Italia e Cina. Temono in particolare che questa nuova relazione ravvicinata tra Pechino e Roma possa trasformarsi in un cavallo di Troia cinese, proprio nel cuore dell'Europa. Il discorso è invece diverso per quanto riguarda Francia e Germania, che possono conatre su interscami commercaili con il dragone ben superiori a quelli italiani. Le preplessità di Berlino e Parigi potrebbero esser legate più a scrupoli di carattere commerciale, vedi concorrenza tra paesi Ue, che a reali preoccupazioni di carattere geopolitico. 

L'imprenditoria locale pensa che l'accordo con la Cina sia un'occasione allettante, in particolare quella del settore dei servizi

Per Federico Pacorini, imprenditore nella logistica "questo accordo svilupperà l'economia dei servizi in modo esponenziale. E in particolare il settore dei servizi accrescrà il suo valore sui meracti europei" 

Ma non tutti qui a Trieste ne sono certi. C'è chi teme che un legame approfondito con la Cina possa danneggiare l'Italia. E politici attorno a Forza Italia si oppongono apertamente

Per l'ex senatore triestino Giulio Gamber, di Forza Italia: "l'Italia dovrà scegliere tra il suo rapporto vecchio di settant'anni con la più grande democrazia del mondo, l'America, e la Cina. Se gli italiani pensano di ottenere vantaggi da entrambi, non solo è sbagliato, ma è sciocco. 

Poi c'è il pensiero dei bei tempi andati di Trieste, prospero approdo imperiale e porta d'oriente degli Asburgo. Lo scrittore e grande firma giornalistica, Paolo Rumiz, dice che "l'accordo con la Cina è positivo perché restituisce a Trieste il ruolo che aveva nelle grandi startegie imperiali. Ed è proprio quello che fu Trieste tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo"  

Trieste ha già cominciato ad attrarre investimenti. Ma la questione sostanziale rimane, l'Italia è abbastanza forte per tener testa a un partner complesso e potente come la Cina? Tutto dipenderà quindi da come Roma, e anche Trieste, gestiranno i rapporti con Pechino

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