Assistenza sanitaria sotto assedio nella Striscia di Gaza

In collaborazione con The European Commission
Assistenza sanitaria sotto assedio nella Striscia di Gaza
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Di Monica Pinna
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Come sopravvivere a ferite da guerra invalidanti nella Striscia di Gaza, l'enclave palestinese sotto embargo da undici anni. L'inviata di euronews Monica Pinna è stata sul posto per raccontarci le storie dei feriti e delle Organizzazioni sostenute dall'Europa per gli aiuti

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Il 30 marzo ha segnato l'inizio della Grande Marcia del Ritorno a Gaza. I palestinesi chiedono il diritto di tornare nelle loro terre occupate da Israele; ma anche la fine delle restrizioni di movimento di beni e persone nella Striscia. Un blocco che dura da 11 anni.

Da marzo, più di 220 persone sono state uccise dai soldati israeliani e oltre 24.000 sono rimaste ferite. Il quartiere di Malaka è uno dei punti caldi delle manifestazioni di massa nella Striscia di Gaza.

Siamo a est di Gaza city. Ogni venerdì i palestinesi si ritrovano davanti al muro e sfidano le forze israeliane. Donne, bambini e intere famiglie si ritrovano davanti alla barriera. Alcuni guardano mentre più avanti ai manifestanti si spara addosso. Noi siamo rimasti a 800 metri dalla barriera per motivi di sicurezza. Nelle vicinanze c'è la tenda del pronto soccorso. Arriva un nuovo paziente. E' un ragazzino di 16 anni, con una ferita da arma da fuoco a una gamba. Lo chiameremo Issam. Il Dottor Bashar Murad, della "Mezza Luna Rossa Palestinese" ci racconta che ci troviamo di fronte a una frattura esposta. "Non sappiamo se ci sono anche lesioni vascolari o neurologiche. Stabilizziamo qui il paziente e poi lo trasferiamo in ospedale".

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Nella tenda continua un andirivieni frenetico. Quasi il 50% dei pazienti viene dimesso qui e non avrà bisogno di andare in ospedale, alleggerendo la pressione sui pronto soccorso. Lungo il muro ci sono dieci tende di primo intervento. Istituite dal Ministero della Sanità e dalla Mezzaluna Rossa palestinese, sono finanziate dal Dipartimento europeo per gli aiuti umanitari e sostenute dall'Organizzazione mondiale della Sanità. "Negli ultimi mesi chi è arrivato con ferite da arma da fuoco è stato colpito principalmente alle gambe. Prima invece molti manifestanti arrivavano con ferite da arma da fuoco al petto, al collo o alla testa", prosegue il Dott. Murad.

Issam viene trasferito all'ospedale Al Shifa, il principale di gaza. Lo abbiamo incontrato il giorno dopo. La sua gamba era stata amputata: "Stavo tenendo il recinto per coprire i miei due amici mentre cercavano di tagliare il filo spinato. A un certo punto non ho visto più nulla. Ho sentito come se un pezzo della mia gamba volasse via, mentre il resto mi ha colpito lo stomaco. Siamo circondati. Siamo sotto assedio, dobbiamo sostenerci a vicenda, sappiamo che potremmo essrre feriti, ma dobbiamo sacrificarci."

Issam fa parte di una lista di un centinaio di amputati. I reparti ospedalieri a Gaza sono stracolmi di feriti. Questo afflusso massiccio di vittime pesa su un sistema sanitario già sull’orlo del collasso. Ayadil Saparbekov, dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ci dice che il sistema sanitario di Gaza soffre già da diversi anni per il blocco della Striscia di Gaza. "C'è carenza di medicinali essenziali salva-vita e di forniture mediche. Inoltre c'è mancanza di operatori sanitari qualificati in grado di fornire soccorsi e trattamenti di qualità".

Da quando le manifestazioni si sono intensificare, l'Unione europea ha aumentato il sostegno per fornire attrezzature mediche e formare personale specializzato attraverso i suoi partner sul campo. Ma la tipologia dei casi, complesse ferite da geurra, richiede più sostegno per trattamenti a lungo termine. Sembra che questa sia la sfida principale ora: si ha un'idea delle persone che hanno bisogno di assistenza a lungo termine? A risponderci Filippo Ortolani, uno dei rappresentanti del Dipartimento Aiuti Umanitari dell'Unione europea: "Stimiamo parlando di circa 5.000 persone state ferite agli arti inferiori durante le dimostrazioni. Di queste, 400-500 dovranno subire la ricostruzione degli arti. Questi casi richiedono fino a sette interventi chirurgici e anche tre anni di riabilitazione continua. L'Unione europea sosterrà questo tipo di assistenza sanitaria a lungo termine con l'installazione di un reparto specializzato sulla ricostruzione degli arti e il servizio post-operatorio."

Situazione umanitaria allarmante

Ci siamo spostati nel sul della Striscia di Gaza, verso Khan Yunis per visitare un paziente che ha davanti una lunga riabilitazione. Lo chiameremo Ali. E’ rimasto ferito ad aprile, nel secondo venerdì di proteste. Ha bisogno di un trapianto osseo, ma sia Israele che l'Egitto non gli hanno permesso di lasciare Gaza. "Il lacrimogeno mi ha colpito direttamente qui - ci mostra Ali. "Ha perforato la bocca e si è fermato nel palato. Ho sentito che girava tutto. Avevo le vertigini, mi sono messo una mano sulla guancia e ho visto sangue a terra. L'osso non c'era più."

Ali è stato operato due volte. Soffre di dolori acuti continui, ma i medici non possono far altro che prescrivergli antidolorifici. "Non ho più una voita normale. Vorrei almeno poter mangiare del pane, mi manca."

Questa clinica di Khan Yunis segue circa 200 persone al giorno. Dall’inizio delle proteste hanno avuto un aumento del 20% di pazienti. L'ONG "Médecins du Monde" sostiene diverse cliniche come questa nella Striscia, con fondi europei. Abdelrahim Al Mahalawi, dell'Organizzazione umanitaria ci fa notare che il loro intervento si concentra sui casi urgenti e sui traumi. "Puntiamo a migliorare l'assistenza in clinica per chi ha bisogno di medicazioni e di assistenza post-operatoria. Cerchiamo di fare il massimo affinché il servizio ai pazienti sia gratuito. Nonostante i nostri sforzi, non possiamo fornire il 100% del materiale e delle medicine necessarie."

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Ali ha partecipato ai primi due venerdì di manifestazioni a marzo e ad aprile. Ci ha raccontato che ha preso parte a una protesta pacifica, dove la gente non era armata. Non si aspettava di finire così: "Ci trovavamo a circa 300 metri dal recinto, nonostante questo sono rimasto ferito. La maggior parte dei manfestanti è stata ferita a circa 500-600 metri di distanza dalla barriera".

Ali, come il 53% degli abitanti di Gaza, non ha lavoro. Nessuno in famiglia ha un lavoro stabile. In casa l'elettricità è razionata come del resto l'acqua. Vivere nella Striscia di Gaza è una lotta quatidiana. "Le condizioni economiche qui sono davvero difficili, non abbiamo nulla, questo spiega il perchè di queste proteste. E' questo che ha innescato tutte queste manifestazioni. Vogliamo la libertà, la fine del blocco, vogliamo lavorare, avere una vita come tutti gli altri", prosegue Ali.

La popolazione di Gaza è isolata. Il diritto all'assistenza sanitaria resta una sfida non solo per chi è stato recentemente ferito, ma anche per chi soffre di malattie croniche, come diabete o cancro. Che siano malati o feriti, l'unica cosa possibile resta l'attesa.

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