New York in stato d'assedio per processo al "Chapo"

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Di Alberto De Filippis
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Timori che il criminale venga ucciso prima della condanna. Sa troppo

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Non è solo per le elezioni di medio termine che potrebbero stravoolgere gli equilibri politici americani che New York in questi giorni è in stato d'assedio. Questo lunedì si è aperto nella grnade mela il processo a Joaquin "El Chapo" Guzman, boss del cartello messicano di Sinaloa, descritto dal sistema giudiziario americano come il più potente trafficante di droga dopo Pablo Escobar.

Accusato di aver gestito il cartello dal 1989 al 2014, è fuggito due volte dalle prigioni messicane e, anche se non viene processato per omicidio, secondo l'accusa, ha ordinato la morte di circa 37 persone. Il Chapo era temuto come capo dei capi quando era libero. Adesso che è in stato d'arresto, sotto processo, ma vivo, è ancora più temuto. Perché non si arriva a quel livello di potenza economico-militare senza avere sul proprio libro paga politici e interi governi.

Secondo la procura la sua organizzazione ha inviato oltre 154 tonnellate di cocaina negli Stati Uniti, oltre enormi quantità di eroina, metamfetamina e marijuana, per un valore stimato, per difetto e solo per gli Usa, in 14 miliardi di dollari. La domanda di tutti è: Chapo cadrà da solo o si porterà molti corrotti con sé?

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