Angola, migranti congolesi denunciano violenze ed espulsioni forzate

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Di Antonio Michele Storto
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Decine di persone sarebbero state uccise in un giro di vite contro i piccoli cercatori di diamanti

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Un'esplosione di violenza starebbe investendo lo stato africano dell'Angola, dove decine di persone sarebbero state uccise negli ultimi giorni, in un giro di vite del governo contro i piccoli cercatori di diamanti. La denuncia arriva da numerosi migranti provenienti dalla confinante Repubblica democratica del Congo, tradizionalmente impegnati in questo genere di attività.

"Vengo da Lucapa, in Angola - racconta uno di loro, intervistato al posto di frontiera nella zona di Tshibinda - e come potete vedere sono tornato a mani vuote perché c'è stata molta violenza da quelle parti.  Soldati e civili ci hanno braccati in un modo assurdo, hanno bruciato le nostre case. La polizia angolana ha preso tutto quello che avevamo e ci hanno cacciati dalla città".

Storie simili vengono raccontate da molti tra le centinaia di migranti congolesi che in queste ore stanno attraversando la frontiera. "E' stato il presidente dell'Angola a ordinarci di lasciare il paese" continua uno di loro. "Dicono di voler riorganizzare il settore minerario, gestito da stranieri. Siamo dovuti tornare fino al confine a piedi".

Accuse seccamente smentite dalle autorità angolane; che nei giorni scorsi, però, hanno effettivamente espulso oltre 1800 migranti congolesi: la motivazione ufficiale è la mancanza di documenti in regola, ma le testimonianze degli espulsi raccontano un'altra storia, fatta di linciaggi, cacce all'uomo e vere e proprie esecuzioni.

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