Un italiano su quattro considera l’omosessualità una malattia

Un italiano su quattro considera l’omosessualità una malattia
Diritti d'autore Una foto tratta dalla marcia contro l'omofobia e la transfobia in Havana, Cuba
Di Lillo Montalto MonellaANSA
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Nella giornata mondiale contro Giornata internazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia vale la pena ricordare quanto indicato dalla Commissione "Jo Cox" sull'intolleranza,la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio

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In occasione della giornata mondiale contro l'omo-lesbo-bi-transfobia, il 17 maggio, è necessario ricordare che, al giorno d'oggi, un italiano su quattro considera ancora l’omosessualità una malattia. L’estate scorsa in Italia è stato denunciato un caso di intolleranza ogni tre giorni.

Il dato secondo cui un quarto degli italiani considera l’omosessualità una malattia è contenuto nella relazione della commissione Jo Cox sull’intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio.

Secondo il report della commissione, presieduta da Laura Boldrini e istituita il 10 maggio 2016 (denominata in seguito in memoria della deputata inglese uccisa il 16 giugno dello stesso anno), il 20% degli italiani ritiene poco o per niente accettabile avere un collega, un superiore o un amico omosessuale.

In quali paesi europei ci sono più o meno diritti per le comunità LGBTI

Il 24,8% ha perplessità sul fatto che persone con orientamento omosessuale rivestano una carica politica (percentuale che sale al 28,1% nel caso di un medico e al 41,4% nel caso di insegnante di scuola elementare); il 40,3% delle persone Lgbti afferma di essere stato discriminato nel corso della vita; il 23,3% della popolazione omosessuale/bi-sessuale ha subito minacce e/o aggressioni fisiche a fronte del 13,5% degli eterosessuali.

Analogamente, è stato oggetto di insulti e umiliazioni il 35,5% dei primi a fronte del 25,8% dei secondi. A livello dei social media, le persone Lgbti sono a pari merito con i migranti come oggetto d’odio nei messaggi su Twitter, secondo l’indagine Vox: rispettivamente nel 10,8% e 10,9% dei casi (dati 2017). Sono dati ricordati da Giorgio dell'Arti nella sua newsletter Anteprima.

Gayhelpline.it (800 713 713) ha ricevuto in un anno 20mila chiamate, conversazioni in chat, mail, di cui il 70% per omofobia. Quattrocento le segnalazioni di maltrattamenti gravi a teenagers, soprattutto da parte dei familiari.

Il report degli episodi di omotransfobia di Arcigay

Arcigay ha diffuso il report degli episodi di omotransfobia raccontati negli ultimi 12 mesi dai mass media.

Il report "scatta una fotografia dei modi e delle forme attraverso cui il fenomeno si manifesta nella vita delle persone lgbti. Son 119 in tutto i casi censiti, meno di quelli dell'anno passato, in cui la radicalizzazione del dibattito sulle unioni civili aveva acceso un'inedita visibilità mediatica su questi fenomeni. Ma se "l'attenzione dei mass media si è comprensibilmente abbassata, l'omotransfobia ha ancora connotati molto allarmanti".

"Osservando le storie che compongono il nostro rapporto - commenta Gabriele Piazzoni, segretario nazionale di Arcigay - sono diversi gli elementi che meritano di essere sottolineati: innanzitutto tra le 119 storie ci sono ben 4 omicidi, tre di ragazzi molto giovani, tutti riconducibili a un movente omotransfobico. Questi tre fatti cruenti sono l'apice di un bollettino quotidiano che descrive un'oppressione martellante. E qui viene il secondo aspetto che emerge con chiarezza dal rapporto che consegniamo all'opinione pubblica: mentre l'attenzione negli ultimi anni si è spostata sul fenomeno degli haters sul web, sicuramente preoccupante, l'omotransfobia è ancora oggi, e forse sempre di più, un fenomeno che impatta concretamente nella vita reale delle persone, nelle loro relazioni familiari e di vicinato, nei luoghi che frequentano o dai quali vengono allontanate o precluse".

"La tanto richiesta e mai ottenuta legge contro l'omotransfobia è pensata per riconoscere un'aggravante ai violenti che colpiscono con questo movente. Ma il fenomeno è molto più complesso, è sociale e culturale assieme, e richiede una presa di responsabilità collettiva", ha aggiunto Piazzoni che sottolinea due considerazioni: "la prima riguarda i suicidi, che sono un tema delicatissimo che non può essere censito attraverso questi monitoraggi se non compiendo forzature che non fanno parte del nostro modo di affrontare il problema. Ma i suicidi ci sono e in tutto il mondo circolano ricerche scientifiche che ne sottolineano l'allarmante frequenza all'interno della comunità lgbti. Infine, è doveroso tornare al tema delle famiglie, quelle che cacciano i figli e le figlie da casa, quelle che li picchiano, che tentano di sfregiarli con l'acido, che vogliono in tutti i modi punirli. Queste vicende sono pura follia e tutti e tutte dovremmo indignarci, reagire, denunciare".

"Come ogni anno il 17 maggio si spenderanno tante parole sull'omotransfobia. Che sono utili, ma che si dimostrano assolutamente inefficaci. Servono i fatti ma perché arrivino i fatti serve innanzitutto la consapevolezza: questo bollettino di storie merita di essere attraversato, di essere vissuto sulla propria pelle. Questo è l'auspicio con cui lo rendiamo pubblico, ribadendo con la stessa ostinazione di sempre la richiesta di strumenti, in primo luogo legislativi, per affrontare questo fenomeno una volta per tutte", conclude Piazzoni.

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