La Commissione europea rilancia la bioeconomia: più materiali naturali, bioenergia e prodotti biobased. Ma Ong e critici avvertono: rischio di pressione eccessiva sulle risorse
La Commissione europea intende accelerare sulla bioeconomia con l’obiettivo di costruire un’economia senza combustibili fossili entro il 2040. La nuova strategia presentata questa settimana punta a rafforzare la produzione e l’uso di prodotti naturali: alimenti vegetali, farmaci di origine biologica, energia ricavata da colture e foreste, materiali da costruzione rinnovabili e nuove bioplastiche.
Secondo Bruxelles, la diffusione di soluzioni biobased potrebbe guidare la transizione verso un’economia più sostenibile. Molti materiali derivati dalla biomassa sono infatti biodegradabili o compostabili, riducendo l’impatto ambientale lungo il loro ciclo di vita.
Le critiche: “Sostenibilità a rischio”
La strategia, tuttavia, non convince tutti. Diversi osservatori avvertono che puntare massicciamente sulla natura per aumentare la competitività economica del blocco rischia di mettere sotto pressione risorse già limitate, soprattutto foreste e suoli agricoli.
Presentando il piano, il Commissario europeo per l’Ambiente Jessika Roswall ha ribadito che “la bioeconomia non è fantascienza”: l’Ue sta lavorando per ottimizzare l’uso delle risorse naturali e nello stesso tempo ridurre le emissioni di gas serra, potenziando la competitività industriale.
Attiva dal 2012 e aggiornata nel 2018, la strategia per la bioeconomia è oggi uno dei pilastri dell’economia europea: vale 2,7 trilioni di euro e impiega oltre 17 milioni di persone, in crescita rispetto agli anni precedenti.
Più investimenti, autorizzazioni più rapide
La Commissione sta valutando come semplificare le procedure per l’approvazione di nuovi prodotti biobased e come aumentare i finanziamenti nel prossimo bilancio pluriennale. L’obiettivo è rimuovere gli ostacoli al mercato interno e impedire che l’innovazione si sposti verso Stati Uniti o Cina, dove la diffusione delle tecnologie biobased corre più veloce.
Tra le novità, la creazione di un Forum europeo dei regolatori e degli innovatori della bioeconomia, pensato per accelerare le autorizzazioni e supportare le piccole e medie imprese nella fase di crescita.
Un funzionario della Commissione ha spiegato che la nuova strategia punta anche a incrementare l’uso di biomassa secondaria — come residui agricoli, scarti forestali e rifiuti alimentari — per ridurre la pressione sulla biomassa primaria.
Costruzioni, bioplastiche e bioraffinerie: le nuove frontiere
Uno dei settori chiave è l’edilizia, responsabile di oltre il 35 per cento dei rifiuti europei e tra il 5 per cento e il 12 per cento delle emissioni nazionali. L’uso di materiali naturali come legno, canapa, paglia, micelio o fibre composite potrebbe ridurre il carbonio incorporato negli edifici e il fabbisogno energetico fino al 40 per cento.
Le bioraffinerie potrebbero invece trasformare rifiuti organici e residui agricoli in alternative a materie prime critiche, come gli anodi biodegradabili per le batterie. Tuttavia, osserva la Commissione, questi impianti richiedono ingenti investimenti e una pianificazione coordinata delle infrastrutture.
Il business della bioplastica è un altro capitolo centrale. Molte aziende, come la svedese Lignin Industries, chiedono definizioni e norme più chiare, rilevando come bioplastiche biobased, biodegradabili e compostabili siano spesso trattate allo stesso modo, creando incertezza per il mercato.
Biomassa: come viene usata oggi
Nel 2022, la biomassa in Europa è stata destinata per il 38 per cento ai mangimi, per il 29 per cento alla produzione energetica, per il 24 per cento ai materiali e per il 9 per cento all'alimentazione umana. Nell’ultimo decennio, l’uso della biomassa per l’energia è aumentato del 14 per cento, mentre quello per i materiali dell’11 per cento.
L’Ue rivedrà la legislazione sulle energie rinnovabili nel 2027, valutando l’impatto dei sistemi di sostegno alla biomassa sulla biodiversità, sul clima e sulla disponibilità di materie prime sostenibili.
Le preoccupazioni delle Ong: “Non basta sostituire, serve ridurre”
Molte organizzazioni ambientaliste chiedono maggiore prudenza. Zero Waste Europe riconosce gli obiettivi ambiziosi del piano, ma avverte che una vera bioeconomia circolare richiede di restare entro i limiti planetari, evitando pressioni eccessive su foreste e terreni agricoli.
Fern, Ong specializzata in politiche forestali, chiede linee guida più rigide: l’offerta di legno è limitata e minacciata da cattiva gestione forestale e crisi climatica. Inoltre, gran parte della biomassa mondiale non si trova in Europa, con il rischio di aumentare la dipendenza dalle importazioni.
Anche l’European Environment Bureau critica l’approccio della Commissione, accusandola di ignorare la necessità di ridurre i consumi complessivi.
“La Commissione sembra convinta che basti sostituire il consumo attuale con risorse biologiche”, afferma Eva Bille dell’Eeb. “Ma così si ignorano i danni già evidenti a persone ed ecosistemi. L’Ue non considera che oltre il 70 per cento dei mangimi utilizzati dall’allevamento europeo è importato”.