La Corte di giustizia Ue ha stabilito che tutti gli Stati membri devono riconoscere i matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati in un altro Paese dell’Unione. Cosa cambia per l’Italia? Un Paese in una zona grigia dove esistono le unioni civili, ma non il matrimonio propriamente detto
Martedì, una sentenza storica della Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che uno Stato membro dell’Ue ha l’obbligo di riconoscere un matrimonio tra due cittadini dell’Unione dello stesso sesso, a condizione che tale unione sia statalegalmente contratta in un altro Stato membro in cui essi abbiano esercitato la loro libertà di circolazione e di soggiorno.
La pronuncia è servita a chiarire il caso di due cittadini polacchi che si erano sposati nel 2018 a Berlino, ma ai quali le autorità polacche avevano negato la possibilità di trascrivere l’atto. Tra le motivazioni fornite, il fatto che tale procedura avrebbe violato i principi dell’ordinamento giuridico nazionale.
Per capire se e in che modo le cose potrebbero cambiare in un Paese come l'Italia abbiamo sentito la giurista Vitalba Azzolini.
Quali effetti produce questa sentenza in Italia?
La sentenza della Corte Ue è molto importante per tutti gli Stati europei perché prevede il riconoscimento del matrimonio fra persone dello stesso sesso in qualunque paese dell’Unione europea sia contratto. Essendoci degli Stati che non prevedono questo riconoscimento, la portata della sentenza è senz’altro fondamentale.
Per quanto riguarda l’Italia, questa sentenza non porta delle rivoluzioni, con la cosiddetta Legge Cirinnà, una legge del 2016, era già stata introdotta l’unione civile tra persone dello stesso sesso. Si è trattato di un’innovazione, dopo che la Corte europea dei diritti umani nel 2015, aveva condannato l’Italia per aver violato il diritto al rispetto della vita privata e familiare delle coppie omosessuali.
Ma cerchiamo di capire meglio perché questa sentenza non ha un impatto rilevante in Italia. Nel 2017, un decreto legislativo aveva stabilito che un matrimonio contratto all’estero da cittadini italiani, tra persone dello stesso sesso, produce gli effetti dell’unione civile regolata dalla legge italiana e quindi avevamo già una disposizione che sostanzialmente dice quello che ha affermato la Corte di giustizia dell’Unione europea in questa sentenza.
Ancora dopo, nel 2018, la Corte di Cassazione ha poi chiarito che il matrimonio tra persone dello stesso sesso celebrato all’estero, quando uno dei due coniugi è italiano, non viene trascritto come matrimonio ma è convertito nel sistema interno in unione civile producendone appunto gli effetti.
Dunque l’Italia già in questo momento ha un ordinamento aderente al disposto della decisione della Corte europea.
Maggiori diritti con la trascrizione del matrimonio?
Quindi, se una coppia gay pensa che andando a sposarsi all’estero, riesce a ottenere maggiori diritti con la trascrizione del matrimonio al rientro in Italia si sbaglia?
"Assolutamente sì, perché nonostante la Corte affermi il principio del riconoscimento in qualunque Stato dell’Unione europea di un matrimonio contratto in un altro Stato, non istituisce né una figura di matrimonio europeo tra persone omosessuali, né chiede agli Stati membri di imporre nel proprio ordinamento il matrimonio egalitario.
C’è solo un principio di riconoscimento, la Corte è molto chiara su questo, anche se la competenza è degli Stati membri chiamati a disciplinare questo istituto. Dunque resta la loro competenza e la loro sovranità, è un ambito che spetta agli Stati.
La Corte vuole tutelare non tanto il diritto al matrimonio egalitario che non può stabilire o istituire, quanto da un lato il diritto alla circolazione e di soggiorno nell’Unione, dall’altro, il diritto alla vita privata e familiare che viene riconosciuto dai trattati europei e dalla convenzione europea dei diritti dell’uomo".
Quindi cosa dice la Corte? Nel momento in cui un cittadino europeo acquisisce un certo status per essersi unito a una persona dello stesso sesso e da questo status scaturiscono tutta una serie di conseguenze in punto di diritto, ecco questo status lo deve seguire nella sua circolazione e soggiorno in qualunque Stato dell’Unione europea. E’ uno status che attiene alla vita personale e familiare e quindi la Corte tutela questi principi fondamentali dell’Unione.
Quindi possiamo dire che questa sentenza ha maggiore rilievo per quei Paesi che non riconoscono le unioni civili?
"Esatto, i Paesi dell’Unione che non riconoscono le coppie dello stesso sesso sono Bulgaria, Romania, Polonia e Slovacchia. Qui effettivamente la portata di questa sentenza è molto rilevante.
Poi, mentre in Italia la richiesta di trascrizione del matrimonio si traduce nella trascrizione dell’unione come unione civile, in questi Paesi non essendo previste altre alternative, la trascrizione dovrà proprio essere quella di matrimonio lo dice anche la Corte.
Per quanto quest’ultima riconosca agli ordinamenti interni la possibilità, come appunto avviene in Italia, di dare un riconoscimento con modalità diverse rispetto a quelle del matrimonio, a condizione che queste modalità diverse non si traducano in una qualche forma di discriminazione della coppia dello stesso sesso rispetto alle coppie eterosessuali".
Figli e adozioni, quali conseguenze?
Quali sono i diritti che rispetto al matrimonio, vengono esclusi dalle unioni civili?
"Le differenze maggiori riguardano l’ambito della filiazione e sotto questo punto di vista la sentenza non incide minimamente. Mentre per un’unione tra donne, si sta arrivando, attraverso la recente sentenza della Corte costituzionale, al riconoscimento automatico del figlio dell’una, laddove l’altra abbia partecipato a questo progetto genitoriale, per una coppia di uomini bisogna ricorrere all’istituto dell’adozione in casi speciali.
Ecco, a differenza della coppia unita in matrimonio per cui è la coppia che ha diritto all’adozione, per la coppia unita in unione civile, questo diritto manca.
Poi, mentre nel matrimonio viene letta la formula dell’obbligo di fedeltà tra i coniugi, obbligo al momento privo di effetti civili ai sensi di un articolo del codice civile, non è previsto alcun obbligo di fedeltà nel caso delle unioni civili ai sensi della legge Cirinnà.
Per esempio non si può, nell’ambito di un’unione civile, ricorrere al giudice in caso di disaccordo sull’indirizzo della vita familiare. Sono appunto delle particolarità che ricorrono nel matrimonio e non nelle unioni civili che sono comunque secondarie e che non sono toccate dalla sentenza in questione".