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L'Italia tenta la riforma della giustizia: che cosa è la separazione delle carriere dei magistrati

La presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, al Senato in vista della riunione del Consiglio europeo del 20-21 marzo scorsi
La presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, al Senato in vista della riunione del Consiglio europeo del 20-21 marzo scorsi Diritti d'autore  Roberto Monaldo/LaPresse via AP
Diritti d'autore Roberto Monaldo/LaPresse via AP
Di Gabriele Barbati
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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Martedì l'approvazione in Senato ha completato i primi passaggi in Parlamento. Servono ancora una seconda lettura e un eventuale referendum per portare a termine un progetto politico che risale al centrodestra di Berlusconi. Che cosa significa separare le carriere dei magistrati

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Il Senato ha approvato martedì la riforma costituzionale che introduce la separazione delle carriere dei magistrati, aprendo la strada al secondo passaggio alle Camere e a un possibile referendum che metterebbe, forse, un punto al dibattito sulla giustizia che divide l'Italia da decenni.

Il testo è lo stesso già licenziato dalla Camera dei Deputati e dunque in autunno si passerà alla seconda lettura, secondo l'iter previsto dall'articolo 138 della Costituzione.

Dividere la giustizia in due rami, tra magistratura che giudica e magistratura che indaga, richiede la riforma anche degli organismi che regolano il potere giudiziario in Italia.

Che cosa cambia con la riforma della giustizia in Italia

La riforma passata con 106 voti favorevoli e 61 contrari, oltre a 38 tra astenuti e assenti, e già ribattezzata Meloni-Nordio (dai nomi della premier e del ministro della Giustizia e già magistrato Carlo Nordio), include:

  • Carriere separate per i magistrati. L'attuale articolo 104 della Costituzione dispone che la magistratura "costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere". La modica in corso aggiunge che "è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente". In sostanza si separa definitivamente la carriera dei giudici da quella dei pubblici ministeri, che nel sistema giudiziario italiano sostengono la pubblica accusa, già avviata dalla "riforma Cartabia" nel 2022.
  • Due Csm invece di uno. Il Consiglio superiore della magistratura (Csm) è l'organo costituzionalmente deputato a governare il potere giudiziario - per garantirne l'autonomia dal potere esecutivo e da quello legislativo - e dunque all'assegnazione degli incarichi, alle nomine e alle sanzioni disciplinari per i magistrati.

Con la riforma verrebbe diviso in un Csm "della magistratura giudicante" e uno "della magistratura requirente", entrambi presieduti come ora dal Presidente della Repubblica. La composizione rimarrebbe la stessa (due terzi dei membri magistrati e un terzo "laici") ma non sarebbe più elettiva, bensì determinata a sorteggio su elenchi stilati dal Parlamento.

  • Alta Corte disciplinare. Ai nuovi Csm verrebbe tolta la prerogativa disciplinare per affidarla a un nuovo organo di 15 membri: tre nominati dal Presidente della Repubblica; tre estratti a sorte dall'elenco del Parlamento; sei estratti a sorte tra i magistrati giudicanti e tre tra quelli requirenti, in entrambi i casi con 20 anni di attività e con esperienze in Corte di Cassazione.

Il plauso della premier Meloni e la battaglia delle opposizioni

Il sì del Senato è stato commentato da Giorgia Meloni come "un passo importante verso un impegno che avevamo preso con gli italiani e che stiamo portando avanti con decisione".

Per la premier le modifiche garantiscono il giusto processo e limiteranno l'influenza delle correnti politiche interne alla magistratura italiana. L'associazione di categoria dei magistrati ha espresso dubbi invece sulle garanzie che il nuovo sistema offrirà ai cittadini.

Il secondo partito della maggioranza, Forza Italia, ha dedicato la riforma al fondatore Silvio Berlusconi che ha imposto questo tema nel dibattito politico.

Berlusconi venne eletto per la prima volta al governo nel 1994, dopo le inchieste giudiziarie sulla corruzione nella politica che segnarono la fine della cosiddetta Prima Repubblica in Italia, e fino alla sua morte è stato al centro di un confronto con i magistrati fatto di inchieste, processi e minacce da parte degli esecutivi dai lui presieduti fino al 2011 e delle maggioranze di centrodestra successive.

L'opposizione, che ha protestato nel dibattito in aula ma una cui minoranza ha votato a favore, considera la riforma un "regolamento di conti con il passato" e si prepara al referendum.

La consultazione popolare confermativa si terrebbe in caso di richiesta delle istituzioni o dei cittadini e solo se la seconda approvazione da parte delle Camere non abbia raggiunto una maggioranza dei 2/3 dei componenti.

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