Donald Trump condivide un video generato con intelligenza artificiale in cui Barack Obama viene arrestato nella Casa Bianca. La clip, diventata virale, solleva interrogativi sul ruolo dei deepfake nella propaganda politica
Un video completamente generato con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, pubblicato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump sul suo profilo sulla piattaforma Truth Social, sta rapidamente alimentando controversie e confusione sui social media. Le immagini – del tutto finte – mostrano l’ex presidente Barack Obama mentre viene arrestato all’interno della Casa Bianca da agenti dell’Fbi, sotto lo sguardo compiaciuto di Trump.
Nonostante l’evidente natura artificiale della clip, il contenuto ha ottenuto migliaia di condivisioni su TikTok, X, Instagram e Facebook, diventando virale in poche ore. Il video inizia con una serie di dichiarazioni di esponenti democratici – tra cui Obama stesso – che pronunciano la frase “Nessuno è al di sopra della legge”, accompagnati dalla musica della sitcom Curb Your Enthusiasm. Subito dopo, la scena si trasforma: i due presidenti sono nello Studio Ovale e, sulle note di “Y.M.C.A.” dei Village People, Obama viene ammanettato.
Il momento clou arriva con Obama raffigurato dietro le sbarre in tuta arancione. Trump ha inoltre rilanciato un secondo contenuto in cui otto esponenti del Partito Democratico – ancora una volta incluso Obama – sono presentati come criminali in una finta galleria fotografica dal titolo “The Shady Bunch”.
I video arrivano in un momento politicamente esplosivo. Solo pochi giorni fa, l’ex democratica Tulsi Gabbard, oggi parte dell’ala repubblicana Maga, ha annunciato di aver trasmesso al Dipartimento di Giustizia documenti che proverebbero una cospirazione dell’amministrazione Obama per ostacolare la vittoria elettorale di Trump nel 2016. In seguito alla denuncia, il Dipartimento ha reso pubblici alcuni atti riservati e un promemoria che rafforzano l’ipotesi di un'azione concertata contro Trump da parte dell’intelligence di quegli anni.
La situazione si complica ulteriormente con le indagini in corso da parte dell’Fbi sugli ex direttori James Comey (Fbi) e John Brennan (Cia), accusati di aver fornito false dichiarazioni al Congresso. E solo poche settimane fa, l’attuale capo della Cia, John Ratcliffe, ha criticato apertamente le conclusioni dell’intelligence del 2017 che riguardavano l’influenza russa sulle elezioni.
Nel mezzo di queste tensioni, il ricorso ai deepfake – soprattutto quando condivisi da figure pubbliche di primo piano – pone interrogativi sempre più urgenti sull’integrità del dibattito democratico e sulla vulnerabilità dell’opinione pubblica di fronte alla manipolazione digitale.