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Gli attacchi statunitensi hanno "cancellato" i tre principali impianti nucleari iraniani, come sostiene Trump?

Nuove immagini satellitari dei tre obiettivi dell'operazione "Midnight Hammer" forniscono un primo sguardo ai danni inflitti alle strutture nucleari iraniane.
Nuove immagini satellitari dei tre obiettivi dell'operazione "Midnight Hammer" forniscono un primo sguardo ai danni inflitti alle strutture nucleari iraniane. Diritti d'autore  AP/Satellite image ©2025 Maxar Technologies
Diritti d'autore AP/Satellite image ©2025 Maxar Technologies
Di Mared Gwyn Jones
Pubblicato il
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Le immagini satellitari successive ai tre obiettivi dell'operazione Midnight Hammer forniscono un primo sguardo ai danni inflitti alle strutture nucleari iraniane

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Domenica notte, l’Operazione Midnight Hammer ha portato l’esercito statunitense a colpire duramente le strutture nucleari dell’Iran. Secondo il presidente Donald Trump, l’azione militare ha “completamente e totalmente cancellato” gli impianti di Fordow, Natanz e Isfahan, cuore del programma nucleare iraniano.

Il dispiegamento è stato imponente: 125 velivoli militari, tra cui sette bombardieri B-2 armati con 14 bombe penetranti GBU-57 da 13.000 kg, e un sottomarino con 30 missili da crociera hanno preso parte all’offensiva.

Eppure, a poche ore dai raid, i vertici militari Usa frenano l’entusiasmo. Il generale Dan Caine ha dichiarato che “ci vorrà tempo” per misurare i reali danni. Teheran, dal canto suo, minimizza, mentre le immagini satellitari raccontano un'altra storia: danni gravi, ma anche segnali che l'Iran si sia preparato.

Fordow: sotto la montagna, una battaglia sotterranea

Fordow è il più segreto e protetto tra gli impianti nucleari iraniani. Scavato a oltre 80 metri di profondità nella roccia, a nord di Qom, è stato costruito per resistere a ogni attacco. Ma non alle GBU-57, le "bunker buster" americane.

Le immagini satellitari analizzate da esperti Usa mostrano sei crateri vicino ai pozzi di ventilazione, un punto nevralgico per colpire l’interno del complesso. Secondo l’Istituto per la Scienza e la Sicurezza Internazionale, le bombe potrebbero aver colpito direttamente le cosiddette "sale a cascata", dove l’uranio viene arricchito.

A supporto di questa tesi, l’Aiea ha confermato che l'Iran aveva immagazzinato in loco 400 kg di uranio al 60 per cento. Tuttavia, si ipotizza che Teheran abbia evacuato parte del materiale prima dell’attacco: almeno 16 camion sono stati avvistati nei pressi dei tunnel di accesso meno di 48 ore prima del bombardamento.

Natanz: il centro più grande probabilmente colpito al cuore

Natanz, il più esteso tra gli impianti di arricchimento iraniani, è stato già in passato bersaglio di sabotaggi e cyber-attacchi. Stavolta, secondo le immagini satellitari, avrebbe ricevuto un colpo diretto con una bomba GBU-57.

Gli esperti parlano di un “foro di penetrazione” visibile sopra le sale sotterranee, che “potrebbe aver compromesso in modo irreversibile la struttura”. Il sito è strategico: ha ospitato migliaia di centrifughe ed è uno snodo per lo sviluppo del know-how nucleare iraniano.

Per molti, Natanz è il vero banco di prova dell'efficacia dell’operazione. Se qui le attività sono davvero cessate, l’Iran potrebbe aver subito un colpo sostanziale alla propria capacità di produrre materiale fissile.

Isfahan: centro di ricerca danneggiato, ma l'uranio forse in salvo

L’attacco a Isfahan ha preso di mira un altro pilastro della filiera nucleare iraniana: il centro di ricerca e sviluppo e l’impianto di conversione dell’uranio. Missili Cruise hanno colpito le strutture in superficie e alcuni ingressi dei tunnel.

Le immagini satellitari indicano danni significativi agli edifici. Tuttavia, il dottor Jeffrey Lewis, esperto di non proliferazione, sottolinea che “i tunnel principali potrebbero essere rimasti intatti” e che “è probabile che il materiale arricchito sia stato trasferito altrove prima dell’attacco”.

Come per Fordow, anche a Isfahan sembra che l’Iran abbia cercato di anticipare l’offensiva, riempiendo i tunnel e spostando materiale sensibile. Un’azione che solleva dubbi sull’effettiva capacità degli attacchi Usa di fermare il programma nucleare iraniano.

Un successo militare, ma resta il dubbio strategico

Le immagini satellitari, le analisi indipendenti e le valutazioni dell’Aiea indicano che gli attacchi hanno inflitto gravi danni fisici ai tre impianti principali. Tuttavia, l’assenza di ispezioni sul campo e l’eventuale evacuazione dell’uranio arricchito gettano ombre sull’efficacia dell’operazione in termini di deterrenza.

“Se l’attacco lascerà l’attuale regime o qualcosa di simile al potere con un’opzione nucleare, sarà stato un fallimento strategico”, afferma Lewis. Un punto di vista condiviso da molti analisti, che ricordano come la capacità dell’Iran di riprendersi dipenda più dalla volontà politica che dal danno materiale.

Mentre l’Aiea chiede accesso immediato ai siti colpiti, il mondo attende di sapere se il "martello" calato su Teheran sia stato un colpo definitivo o solo un nuovo capitolo in un conflitto che resta irrisolto.

Kamuran Samar ha contribuito alle immagini utilizzate in questo servizio.

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