Cinque eurodeputati che hanno firmato una lettera sul 5G, al centro di un'indagine per corruzione, hanno dichiarato a Euronews di non avere ricevuto alcun pagamento dall'azienda tecnologica cinese Huawei
Gli eurodeputati, che hanno firmato una lettera del 2021 sulla politica 5G dell'Ue collegata a un presunto caso di corruzione che coinvolge il gigante tecnologico cinese Huawei, hanno dichiarato a Euronews di non avere ricevuto pagamenti o incentivi per sostenere la lettera.
La scorsa settimana, cinque legislatori Ue sono stati coinvolti nell'indagine dai procuratori belgi per il sospetto di rapporti illeciti con l'azienda cinese.
La Procura belga ha confermato che quattro persone sono state accusate di "corruzione attiva e organizzazione criminale", mentre una quinta persona è stata accusata di riciclaggio di denaro.
Il quotidiano italiano La Repubblica ha riportato che gli inquirenti ritengono che una rete di corruzione attiva al Parlamento europeo abbia pagato gli eurodeputati per firmare una lettera che critica la politica dell'Ue per avere favorito l'esclusione dei fornitori cinesi e di altri Paesi dalle reti 5G negli Stati membri dell'Ue.
La lettera al centro delle accuse è datata 4 gennaio 2021 ed è stata inviata agli allora vicepresidenti esecutivi Margrethe Vestager e Valdis Dombrovskis e commissario per il Mercato interno Thierry Breton.
Il documento sosteneva che le autorità nazionali non avrebbero dovuto vietare l'uso di infrastrutture 5G straniere, senza fare il nome di Huawei, per timore di rischi per la sicurezza nazionale.
I firmatari erano otto eurodeputati, sei del Partito Popolare Europeo (Ppe) e due dei Socialisti e Democratici (S&D). Tre non sono più europarlamentari: l'italiano Giuseppe Ferrandino e i rumeni Ciuhodaru Tudor e Cristian-Silviu Busoi.
I restanti firmatari sono ancora eurodeputati e, alla domanda di Euronews, hanno tutti negato di avere ricevuto pagamenti per firmare la lettera.
"Non ho mai incontrato alcun rappresentante, autorità o lobbista cinese, né alcun rappresentante di Huawei. Pertanto, non si può parlare di pressioni o promesse di alcun tipo", ha dichiarato a Euronews l'eurodeputato romeno Daniel Buda del Partidul Naţional Liberal (Ppe).
"La mia approvazione della lettera si basava su riferimenti alla necessità di accesso a Internet a banda larga nelle aree rurali", ha detto Buda , sottolineando che i dettagli tecnici e i metodi di implementazione delle infrastrutture a banda larga sono "al di là della sua area di competenza".
"Non conosco nessuno di Huawei e non ho mai parlato con nessuno che lavori direttamente o come lobbista per Huawei", ha dichiarato a Euronews l'eurodeputato italiano Herbert Dorfmann (Südtiroler Volkspartei-Ppe), negando ogni accusa di corruzione.
Aldo Patriciello della Lega (Patrioti per l'Europa), altro firmatario della lettera, ha dichiarato di non avere mai ricevuto pressioni o compensi da Huawei, né di avere mai incontrato rappresentanti dell'azienda, ha detto il suo ufficio a Euronews.
L'eurodeputato Giuseppe Milazzo, di Fratelli d'Italia e membro dei Conservatori e Riformisti Europei, ha rifiutato di commentare il documento con Euronews, ma ha fatto riferimento a una dichiarazione rilasciata all'agenzia di stampa italiana Ansa.
"Non mi sono stati offerti né soldi, né regali, né altri tipi di favori direttamente o indirettamente [da Huawei]", ha dichiarato Milazzo all'agenzia.
Buda, Dorfmann e Patriciello (tramite il suo ufficio) hanno precisato a Euronews che la lettera è stata portata alla loro attenzione dal collega Fulvio Martusciello, la cui assistente parlamentare, Lucia Simeone, è stata arrestata in Italia la scorsa settimana ed è sospettata di avere ricevuto mille euro attraverso lo schema di corruzione.
Raggiunto da Euronews, Martusciello ha negato la corruzione, affermando di non avere ricevuto "alcuna promessa o pressione per firmare la lettera", di avere incontrato solo di sfuggita i lobbisti di Huawei e che lui e il suo staff non hanno mai frequentato gli uffici dell'azienda.
Nel 2021 la lettera era stata segnalata da una soffiata anonima a Transparency International, un'associazione non governativa e senza scopo di lucro che mira a combattere la corruzione globale, ha confermato a Euronews Shari Hinds, Policy Officer di Transparency per l'integrità politica dell'Ue.
L'associazione ha poi inoltrato il caso nel 2022 all'Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf), che ha deciso di non dare seguito all'indagine, ha dichiarato Hinds, aggiungendo che l'ong aveva preso la segnalazione "molto seriamente", dal momento che in passato si erano verificati casi simili.
Hinds ha affermato che attualmente il Parlamento europeo manca di una "cultura dell'integrità" e ha standard di trasparenza insufficienti a prevenire illeciti e strumenti di sanzione troppo deboli per scoraggiare la corruzione.