Il futuro della Siria tra guerra e Covid

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Di Elena Cavallone
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L'Unione europea lancia la sua quarta conferenza sul futuro della Siria. La pandemia ha messo l'economia del paese in ginocchio e l'UE potrebbe usare il momento per sedersi al tavolo dei negoziatori e mediare nel conflitto che dura da 10 anni

La guerra ai tempi del Covid

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Dieci anni di guerra in Siria: distruzione, sofferenza e desolazione. La crisi COVID-19 ha aggravato il conflitto e richiede un nuovo slancio da parte dell'Unione Europea.

E proprio a Bruxelles lunedì e martedi prende il via la quarta conferenza sul futuro della Siria, organizzata dall'UE e dalle Nazioni Unite. Nonstante le consequenze globali della pandemia sulle economie mondiali, la Commissione europea tenterà di mobilitare i suoi partner internazionali per raccogliere fondi per la Siria e per i paesi vicini che ospitano rifugiati siriani.

Per Hannah Neumann, eurodeputata tedesca dei verdi, la pandemia potrebbe essere un' opportunità per l'UE per guadagnare peso nella regione.

"A causa della pandemia, coloro che finora hanno avuto un ruolo importante in Siria, in particolare l'Iran, stanno finendo i soldi. Quindi c'è bisogno di qualcuno che fornisca aiuti umanitari. Hanno bisogno di qualcuno che paghi per la ricostruzione e penso davvero che l'UE debba usare la sua posizione per fare leva e per tornare al tavolo dei negoziatori e migliorare la situazione in Siria nel miglior modo possibile, ossia portare avanti riforme politiche e combattere l'impunità", afferma a Euronews.

L'economia siriana a picco

L'UE è il principale donatore per la popolazione siriana, che dal 2011 ha ricevuto fondi per 2 miliardi di euro. Ma le recenti sanzioni imposte dagli Stati Uniti (sotto il cosiddetto Caesar act) e le sanzioni europee imposte al regime di Assad e al suo entourage stanno avendo effetti gravi sull'economia del paese, già provata dalla guerra.

Gli effetti della crisi economica sono evidenti sui prezzi degli alimenti, che sono triplicati. Giusto per fare un esempio: prima del Caesar act 1 Kg di riso costava 400 lire, oggi 2000 lire.

Lo stipendio di uno statale in Siria è circa di 40.000 siriane al mese, ossia poco più di 16 euro (vista la svalutazione, prima erano più di 100), mentre nel settore privato lo stipendio è di circa 150.000 al mese.

Il collasso dell'economia siriana per il momento è frenato dalle rimesse dei siriani all’estero, che inviano soldi. Ma far arrivare quei soldi nelle tasche di parenti è comunque molto complicato, in quanto la banca centrale siriana trattiene l'80% dell'importo nelle operazioni di cambio.

L'instabilità e la svalutazione della valuta siriana ha rappresentato un'opportunità per gli estremisti islamici per accrescere la loro influenza. Nei loro territori infatti l'uso di lire turche (una valuta stabile) ha permesso di accrescere il potere di acquisto dei gruppi finanziati da Qatar e Turchia.

Sanzioni internazionali e gli effetti sulla popolazione civile

Bruxelles afferma che le sanzioni economiche colpiscono solo le entità collegate al regime (responsabile di atrocità verso la sua stessa popolazione), ma in molti - incluso lo stesso Papa Francesco- chiedono la sospensione delle sanzioni per far respirare la popolazione. Tra questi lo stesso David Crane, fondatore del "Syrian accountability project", e autore del Caesar report (il documento che inchioda Assad alle sue responsabiltà per i crimini di guerra).

"Non sono sicuro che in questo particolare periodo sanzionare la Siria sia la cosa giusta da fare- spiega a Euronews- ma credo che le sanzioni abbiano soprattutto un valore politico. Si tratta di fare pressione sulla Russia per cercare di porre fine alla guerra dal momento che ha una maggiore influenza nella regione, insieme all'Iran. Purtropo pero' sono le persone in Siria a subire le conseguenze queste sanzioni".

La domanda è se davvero l'UE sarà in grado di cogliere questa opportunità per rimodellare la sua strategia nella regione e diventare un attore chiave nella risoluzione del conflitto.

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