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Crediti di transizione: cosa sono? Filippine: approccio innovativo all'uscita dal carbone

Crediti di transizione: possono aiutare l'Asia ad abbandonare il carbone?
I crediti di transizione energetica possono aiutare l’Asia ad abbandonare il carbone? Diritti d'autore  Andy Wong/AP File
Diritti d'autore Andy Wong/AP File
Di Anton L. Delgado Agenzie: AP
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Crediti di carbonio: nuovo approccio che potrebbe aiutare l’Asia a superare la dipendenza dal carbone. Ma i critici restano scettici.

Le Filippine stanno testando un nuovo tipo di credito di carbonio per spingere le aziende a ridurre le emissioni che riscaldano il clima. L’idea è creare fondi da usare per convertire le centrali a carbone in impianti a energia rinnovabile.

Si chiamano crediti di transizione e servono a finanziare l’uscita dal carbone, creando valore dalle emissioni evitate. I fondi pagherebbero poi la sostituzione delle apparecchiature a combustibili fossili con tecnologie per energia pulita.

I sostenitori affermano che i crediti di transizione potrebbero sbloccare nuovi investimenti nella regione Asia-Pacifico, con forte fabbisogno energetico, e accelerare la transizione del Sud-est asiatico verso le rinnovabili. Ma alcuni esperti, alla luce dei problemi cronici del mercato del carbonio, li vedono come un vicolo cieco.

Crediti di transizione, un nuovo approccio

Un credito di carbonio rappresenta una tonnellata di anidride carbonica rimossa o non emessa in atmosfera. I crediti si comprano e si vendono sui mercati del carbonio da Paesi e aziende che cercano di rispettare le norme sulle emissioni, raggiungere obiettivi di riduzione dell’inquinamento o compensare gli impatti ambientali.

I crediti di transizione sono diversi. Attribuiscono un valore alle emissioni future evitate, causate dalla combustione di combustibili fossili che alimenta il cambiamento climatico.

Ma i progetti di crediti di carbonio sono ovunque minati da dubbi di integrità.

I progetti pensati per salvaguardare le foreste che assorbono carbonio sono stati accusati di greenwashing, errori di calcolo e di provocare la cosiddetta fuga di carbonio, quando le aziende si spostano in Paesi con regole sulle emissioni più blande. In diversi casi non hanno mantenuto i benefici promessi alle comunità locali e sono stati collegati ad accuse di violazioni dei diritti umani in Cambogia e a un aumento della deforestazione in Perù, tra gli altri problemi.

Come ogni idea ancora da testare, i crediti hanno pro e contro, dice Ramnath Iyer dell’Institute for Energy Economics and Financial Analysis, con sede negli Stati Uniti. Calcola che un credito di transizione potrebbe valere da 9 a 45 euro.

“Ci saranno sfide e difetti, come in ogni accordo”, afferma Iyer. “Ma non abbiamo certo un’ampia scelta di soluzioni al cambiamento climatico tra cui scegliere.”

Il Sud-est asiatico punta sul carbone

Il mondo probabilmente supererà l’obiettivo globale di mantenere l’aumento delle temperature della Terra al di sotto di 1,5 gradi Celsius.

A novembre, le Nazioni Unite non sono riuscite a negoziare una tabella di marcia internazionale per l’uscita dai combustibili fossili ai negoziati climatici annuali, noti come COP30.

Le emissioni crescono perché il carbone viene usato per soddisfare la domanda energetica in aumento nelle economie emergenti dell’Asia-Pacifico, peggiorando l’inquinamento atmosferico.

Il Sud-est asiatico è la terza regione al mondo per consumo di carbone dopo India e Cina, secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, che prevede che la domanda elettrica regionale raddoppierà entro il 2050.

“Non c’è dubbio che gli sforzi per sostenere la dismissione delle centrali elettriche a carbone siano degni, importanti e di criticità urgente”, afferma Danny Cullenward del Kleinman Center for Energy Policy dell’Università della Pennsylvania. “Ma è davvero spinoso quantificare con precisione i benefici di un intervento, come i crediti di transizione.”

Il progetto pilota nelle Filippine divide le opinioni

L’esperimento sui crediti di transizione è in corso nella centrale da 270 megawatt di South Luzon Thermal Energy Corp., a Calaca City, a sud di Manila.

L’impianto è stato costruito dieci anni fa da ACEN Corp., il braccio energetico del grande conglomerato filippino Ayala Corp.

Le centrali a carbone di solito operano per 50 anni. Nel Sud-est asiatico le centrali a carbone hanno in media meno di 15 anni, come quella di Calaca. Tuttavia ACEN si è impegnata a dismettere l’impianto di South Luzon entro il 2040.

I crediti di transizione potrebbero accelerare i tempi.

“Se funziona, ci saranno linee guida per i proprietari di impianti a carbone e per le loro transizioni energetiche”, dice Irene Maranan di ACEN. “Ci saranno più sostenitori che scettici per questa iniziativa.”

La Rockefeller Foundation ha ideato il concetto dei crediti di transizione per finanziare il pensionamento anticipato delle centrali a carbone. L’idea è pagare la sostituzione degli impianti a combustibili fossili con energie rinnovabili utilizzate per continuare a generare elettricità negli stessi siti.

“Sarebbe irresponsabile spegnere una centrale a carbone senza una sostituzione”, dice Maranan. “Il Paese ha ancora bisogno di energia. La domanda cresce e non si ferma.”

Joseph Curtin, vicepresidente per le transizioni energetiche alla Rockefeller Foundation, afferma che un organismo indipendente e non profit di governance del mercato del carbonio sta esaminando il metodo dei crediti di transizione, già sostenuto da colossi come la giapponese Mitsubishi Corp.

Nella regione Asia-Pacifico ci sono circa 60 centrali a carbone con potenziale per i crediti di transizione. Insieme potrebbero attirare 94 miliardi di euro di capitali pubblici e privati entro il 2030. Il progetto di Calaca serve a dimostrare che l’idea funziona, spiega Curtin.

“Vogliamo realizzare decine di progetti per generare un impatto reale”, dice. “Ma per avere credibilità, dobbiamo farne uno e usarlo per imparare e migliorare.”

I problemi dei crediti di carbonio

Lo scetticismo sui crediti di transizione nasce dalla reputazione, in parte offuscata, del mercato del carbonio.

Elle Bartolome, del Philippine Movement for Climate Justice, era tra le decine di attivisti che hanno protestato contro quello che lei ha definito il “casino del carbonio” durante le manifestazioni alla COP30 in Brasile.

Visti i problemi di integrità nei progetti passati, Bartolome sostiene che i crediti di transizione cadranno probabilmente nella stessa trappola: non portare benefici alle comunità locali, soprattutto se non verranno previsti risarcimenti per chi è stato colpito negativamente dalla centrale di Calaca.

Patrick McCully, analista delle transizioni energetiche per Reclaim Finance, ha scritto in un recente rapporto che i crediti di transizione ripeteranno probabilmente i fallimenti del mercato del carbonio, sostenendo che sono un “vicolo cieco” perché il settore non ha affrontato promesse non mantenute, calcoli errati del carbonio e altri problemi.

Secondo McCully, nel Sud-est asiatico l’attenzione e i finanziamenti dovrebbero puntare a un impegno corale e senza riserve per costruire le energie rinnovabili.

“È vino vecchio in una bottiglia nuova”, dice McCully. “Rischia di far sprecare tempo, energie e denaro.”

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