Dopo la vittoria a Cannes con “È stato solo un incidente”, Panahi chiede la fine della Repubblica Islamica e un governo democratico. Appello accorato sui social contro l’escalation Iran-Israele
Dopo aver conquistato la Palma d’Oro a Cannes per È stato solo un incidente, il regista dissidente iraniano Jafar Panahi ha lanciato un appello sui social, invocando la fine del regime degli ayatollah. In un post su Instagram, Panahi ha attaccato apertamente l’Ayatollah Ali Khamenei e chiesto alla comunità internazionale di intervenire per fermare il conflitto in corso tra Israele e Iran.
“L’unica via d’uscita possibile è l’immediata dissoluzione di questo sistema e l’instaurazione di un governo democratico e di risposta del popolo”, ha scritto Panahi, la cui attuale posizione resta sconosciuta.
Un doppio atto d’accusa: Israele e Teheran nel mirino
Nel suo messaggio, Panahi ha condannato sia Israele per l’aggressione al suo Paese, sia la Repubblica Islamica per quarant’anni di abusi. Ha definito l’attacco israeliano “inaccettabile” e ha chiesto che Tel Aviv venga giudicata come aggressore di guerra. Tuttavia, ha sottolineato che ciò non può giustificare “decenni di cattiva gestione, oppressione e corruzione” da parte del governo iraniano.
“Questo governo non ha né il potere, né la volontà, né la legittimità necessaria per gestire il Paese o le crisi”, ha aggiunto.
Una voce libera sotto minaccia
Panahi, 64 anni, è uno dei simboli del cinema indipendente iraniano e della resistenza culturale. Imprigionato più volte e ufficialmente bandito dal girare film, ha continuato a lavorare clandestinamente, diventando un riferimento internazionale per la libertà d’espressione.
Nel 2022 è stato arrestato per aver protestato contro l’incarcerazione del collega Mohammad Rasoulof. Dopo sette mesi in carcere, è stato rilasciato ma ha continuato a sfidare apertamente il regime con la sua arte e le sue parole.
La vittoria a Cannes e il ritorno in Iran
La sua ultima opera, È stato solo un incidente, ispirata al periodo in prigione, ha ricevuto la Palma d’Oro lo scorso 24 maggio. Il film racconta di un gruppo di ex prigionieri politici che sequestrano il presunto torturatore del loro passato. Dopo la premiazione, Panahi è rientrato in Iran e, nonostante le minacce, è stato accolto calorosamente all’aeroporto di Teheran. Una voce dalla folla ha urlato “donna, vita, libertà” – slogan simbolo delle proteste seguite alla morte di Mahsa Amini.
Un film di denuncia che scuote il mondo
Il film, che ha anche vinto il premio al Sydney Film Festival, ha ricevuto recensioni entusiastiche. Nella nostra critica abbiamo scritto: “Panahi firma un thriller teso e avvincente che è al tempo stesso un atto d’accusa feroce contro la Repubblica Islamica”. La pellicola uscirà in Francia il 1° ottobre, mentre Mubi e Neon si sono assicurati i diritti per l’Europa e il Nord America.
Con la sua dichiarazione pubblica, Panahi ha trasformato la sua arte in un gesto politico diretto. In un momento di tensione estrema tra Israele e Iran, la sua voce si alza contro entrambi i regimi, chiedendo giustizia, libertà e dignità per il popolo iraniano. In un Paese dove il dissenso è spesso pagato a caro prezzo, il regista continua a rappresentare una delle voci più coraggiose della cultura contemporanea.