Newsletter Newsletters Events Eventi Podcasts Video Africanews
Loader
Seguiteci
Pubblicità

La Fed lascia i tassi al 4,3 per cento tra i timori di stagflazione e l’incertezza sui dazi di Trump

Il presidente della Federal Reserve Jerome Powell parla durante una conferenza stampa dopo la riunione del Federal Open Market Committee, mercoledì 7 maggio 2025,
Il presidente della Federal Reserve Jerome Powell parla durante una conferenza stampa dopo la riunione del Federal Open Market Committee, mercoledì 7 maggio 2025, Diritti d'autore  AP Photo
Diritti d'autore AP Photo
Di Angela Barnes & AP
Pubblicato il
Condividi questo articolo Commenti
Condividi questo articolo Close Button

La Federal Reserve mantiene i tassi al 4,3% per la terza volta consecutiva. Powell segnala incertezza sull’impatto dei dazi di Trump e frena le attese sui tagli, mentre cresce il timore di stagflazione

PUBBLICITÀ

Per la terza riunione consecutiva, la Federal Reserve ha deciso di mantenere invariato il tasso di riferimento al 4,3 per cento, dopo averlo tagliato tre volte alla fine dello scorso anno.

Una scelta di prudenza motivata da un contesto economico incerto, influenzato soprattutto dalla nuova ondata di dazi imposta dall’amministrazione Trump e dai timori crescenti di un possibile scenario di stagflazione, una combinazione temuta di inflazione elevata e crescita della disoccupazione.

Nel corso della conferenza stampa seguita alla decisione, il presidente Jerome Powell ha sottolineato che l’impatto economico dei dazi è ancora difficile da quantificare: sebbene abbiano indebolito il sentiment di consumatori e imprese, non si sono ancora tradotti in un danno diretto per l’economia reale. Tuttavia, Powell ha messo in guardia: “Se i forti aumenti dei dazi saranno sostenuti, è probabile che generino un aumento dell’inflazione, un rallentamento della crescita e un incremento della disoccupazione”.

Il ritorno dello spettro stagflazione: l’allarme della Fed

La prospettiva di stagflazione – una combinazione atipica di inflazione elevata e crescita stagnante – evoca ricordi degli anni '70, quando gli shock petroliferi provocarono profonde recessioni. La Fed, che per mandato deve mantenere la stabilità dei prezzi e massimizzare l’occupazione, si trova ora di fronte a un dilemma: i dazi potrebbero simultaneamente far salire i prezzi (aumentando i costi delle importazioni) e ridurre l’occupazione (colpendo le imprese con margini più stretti).

La situazione è complicata anche dal fatto che le politiche monetarie convenzionali funzionano in direzioni opposte: tagliare i tassi può stimolare l’occupazione ma alimentare l’inflazione, mentre alzarli può contenere i prezzi ma indebolire il mercato del lavoro. Powell ha chiarito che per ora la banca centrale manterrà una posizione attendista: “Siamo in una buona posizione per aspettare e vedere”.

"Troppa incertezza per agire, economia solida ma vulnerabile"

Nonostante le tensioni commerciali, l’economia americana mostra ancora segnali di resilienza. La crescita dei consumi rimane solida, l’occupazione è stabile e l’inflazione si è raffreddata rispetto ai picchi del 2022. Tuttavia, le prospettive si stanno oscurando. Secondo un’indagine della Fed di Dallas, il 55 per cento delle imprese manifatturiere prevede di trasferire ai consumatori l’aumento dei costi causato dai dazi.

Powell ha avvertito che “se le tariffe verranno mantenute a questi livelli, potremmo non vedere ulteriori progressi verso i nostri obiettivi per almeno un anno”. E ha aggiunto che la direzione futura della politica monetaria dipenderà da quale indicatore – inflazione o disoccupazione – peggiorerà di più. Il prossimo passo della Fed potrebbe dunque essere un taglio, ma anche il mantenimento dello status quo.

Tassi fermi, ma crescono le pressioni politiche da Trump

La decisione della Fed ha alimentato le tensioni con l’amministrazione Trump, che da settimane sollecita pubblicamente un abbassamento dei tassi. Powell ha ribadito che la banca centrale non è influenzata dalla pressione politica: “Non influisce affatto sul nostro lavoro. Consideriamo solo i dati economici e il bilanciamento dei rischi”.

Trump, nel frattempo, ha minacciato una nuova guerra commerciale: ad aprile ha annunciato dazi generalizzati su circa 60 Paesi, sospendendoli poi per 90 giorni, salvo quelli contro la Cina, che sono rimasti al 145 per cento. È atteso un primo incontro bilaterale di alto livello con Pechino proprio questo fine settimana in Svizzera.

Gli analisti prevedono una Fed ferma fino a settembre

All’inizio dell’anno, gli investitori si aspettavano due o tre tagli dei tassi nel 2025, in linea con il raffreddamento dell’inflazione. Oggi quelle aspettative sono ridimensionate. “La Fed non sta preparando un taglio per giugno”, ha commentato Krishna Guha di EvercoreISI, suggerendo che la prossima mossa potrebbe arrivare non prima di settembre.

La Fed sembra quindi intenzionata a mantenere la rotta, monitorando attentamente l’impatto delle tariffe, i segnali dell’inflazione e l’evoluzione del mercato del lavoro. Ma con l’incertezza che domina lo scenario economico e politico, l’unica certezza è che i prossimi mesi saranno decisivi per la politica monetaria statunitense.

Vai alle scorciatoie di accessibilità
Condividi questo articolo Commenti

Notizie correlate

Powell (Fed): tensione tra inflazione e crescita. Mercati a picco, oro ai massimi

Disoccupazione nascosta in Europa: in quali Paesi il mercato del lavoro è più debole?

Ecco i Paesi in Europa che vogliono pagare più tasse per avere servizi pubblici migliori