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Condannato Jimmy Lai, ex magnate dei media pro-democrazia di Hong Kong

L'ex editore di Hong Kong Jimmy Lai
L'ex editore di Hong Kong Jimmy Lai Diritti d'autore  AP Photo/Vincent Yu
Diritti d'autore AP Photo/Vincent Yu
Di Emma De Ruiter
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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Jimmy Lai è stato giudicato colpevole sulla base della legge sulla sicurezza nazionale, approvata a seguito delle proteste che attraversarono Hong Kong nel 2019. La pena verrà annunciata successivamente

Jimmy Lai, ex magnate dei media di Hong Kong, sostenitore della democrazia e apertamente critico nei confronti della Cina, è stato condannato lunedì 15 dicembre, al termine di un processo storico che potrebbe costargli il carcere a vita.

Tre giudici nominati dal governo hanno ritenuto Lai, 78 anni, colpevole di avere cospirato con altre persone e con forze straniere al fine di mettere in pericolo la sicurezza nazionale e di aver cospirato per pubblicare contenuti sediziosi.

La corte ha dichiarato che annuncerà la sentenza in un secondo momento. I due capi di accusa sono con l'ergastolo ai sensi della legge sulla sicurezza imposta da Pechino sull'ex colonia britannica.

L'ex imprenditore si è dichiarato innocente. Lai era stato arrestato nell'agosto 2020 in base a una legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino e attuata a seguito delle grandi proteste antigovernative del 2019.

È stato cofondatore dell'Apple Daily, un giornale critico nei confronti nei confronti sia del governo di Hong Kong che di quello di Pechino. La testata è stata costretta a chiudere nel 2021 dopo che la polizia ha fatto irruzione nella redazione e arrestato alcuni giornalisti, ai quali le autorità hanno anche congelato i beni.

Una manifestazione a sostegno di Jimmy Lai a Taipei, nell'agosto 2025
Una manifestazione a sostegno di Jimmy Lai a Taipei, nell'agosto 2025 AP Photo/Chiang Ying-ying

Pronunciando una sentenza di 855 pagine, la giudice Esther Toh ha affermato che Lai avrebbe rivolto un “invito costante” agli Stati Uniti affinché sostenessero la attività anti-cinesi, con la scusa di aiutare gli abitanti di Hong Kong.

Durante il processo, gli avvocati di Lai hanno ammesso che l'uomo aveva chiesto sanzioni, ma precisando che successivamente aveva rinunciato a tali richieste. I giudici hanno tuttavia stabilito che Lai non ha mai vacillato rispetto alla volontà di destabilizzare il Partito Comunista Cinese al potere, anche se le sue attività sono state effettuate “in modo meno esplicito”.

Il processo è stato seguito con attenzione dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, dall'Unione europea e da osservatori pro-libertà d'informazione nell'ex colonia britannica, tornata sotto il controllo cinese nel 1997.

Il verdetto ha rappresentato anche un banco di prova per i rapporti diplomatici di Pechino. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha fatto sapere di aver sollevato il caso con la Cina, mentre il primo ministro britannico Keir Starmer ha affermato che il suo governo ha chiesto il rilascio di Lai, che è cittadino britannico.

Reporters Senza Frontiere e Amnesty International criticano aspramente la sentenza

Durante il processo di Lai, durato 156 giorni, i pubblici ministeri lo hanno accusato di aver cospirato con alti dirigenti dell'Apple Daily e altre persone proprio al fine di convincere nazioni straniere a imporre sanzioni o embarghi, nonché a intraprendere altre attività ostili contro Hong Kong o la Cina.

Lai avrebbe avanzato direttamente tali richieste: in proposito sono stati citati alcuni suoi incontri con l'ex vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence e l'ex segretario di Stato Mike Pompeo nel luglio 2019, al culmine delle proteste.

Sono state inoltre presentate alla corte come prove 161 pubblicazioni, tra cui articoli dell'Apple Daily, post sui social media e messaggi di testo.

Jimmy Lai in un'immagine del 2003, a Taiwan
Jimmy Lai in un'immagine del 2003, a Taiwan Jerome Favre/Copyright 2003 The AP. All rights reserved

Lai ha deposto a più riprese in propria difesa, sostenendo di non aver più chiesto sanzioni straniere dopo l'imposizione della legge sulla sicurezza nel giugno 2020.

I gruppi per i diritti umani, tra cui l'organizzazione internazionale di controllo dei media Reporters Senza Frontiere (Rsf) e Amnesty International, hanno puntato il dito contro il verdetto: “Non è un individuo ad essere stato processato, ma la stessa libertà di stampa, che con questo verdetto è stata distrutta”, ha affermato il direttore generale di Rsf, Thibaut Bruttin.

Il processo a Lai è uno degli ultimi procedimenti di sicurezza nazionale in corso dopo il movimento di protesta del 2019 a Hong Kong. L'anno scorso, 45 attivisti di spicco del movimento pro-democrazia sono stati condannati a pene detentive proprio in base alla stessa normativa. Centinaia di attivisti, avvocati e politici sono stati perseguiti e incarcerati o costretti all'esilio.

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