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Crimini di guerra contro giornalisti, i sindacati della stampa portano Israele davanti alla giustizia francese

Palestinesi camminano tra le macerie nel quartiere Al-Karama di Gaza, domenica 30 novembre 2025.
Palestinesi camminano tra le macerie nel quartiere Al-Karama di Gaza, domenica 30 novembre 2025. Diritti d'autore  AP Photo/Jehad Alshrafi
Diritti d'autore AP Photo/Jehad Alshrafi
Di Nathan Joubioux
Pubblicato il
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Martedì 2 dicembre, il Snj e l'Ifj hanno presentato una denuncia alla Procura nazionale antiterrorismo (Pnat) per proteggere i giornalisti che lavorano a Gaza. La denuncia, rivolta alle autorità israeliane, si basa su numerose testimonianze di giornalisti francesi

Martedì, il Syndicat national des journalistes (Snj) e la International Federation of Journalists (Ifj) hanno ufficialmente presentato una denuncia alla Procura nazionale antiterrorismo di Parigi contro le autorità israeliane, accusandole di aver ostacolato in modo massiccio e sistematico l’attività dei giornalisti nei Territori palestinesi occupati.

Secondo la denuncia, le restrizioni imposte da Israele – in particolare il divieto di accesso alla Striscia di Gaza per i giornalisti stranieri dal 7 ottobre 2023 – hanno generato un vero e proprio blackout mediatico.

Le organizzazioni denunciano anche la repressione e le violenze contro i giornalisti palestinesi, e affermano che molte testate straniere, in particolare francesi, sono state vittime di interferenze, controlli, minacce, perquisizioni, arresti arbitrari o espulsioni.

Nel testo presentato all’autorità giudiziaria, Snj e Ifj sottolineano che le presunte violazioni vanno oltre la semplice censure: si tratterebbe di “atti sistematici” volti a impedire una copertura libera e indipendente degli eventi.

L’obiettivo, secondo le organizzazioni, è imporre una narrazione unica, escludendo ogni testimonianza imparziale. "È un blocco organizzato, sistematico e prolungato", ha dichiarato uno degli avvocati della denuncia, aggiungendo che impedire lo svolgimento del lavoro giornalistico in un contesto di guerra significa negare alla società il diritto di conoscere la verità.

Le testimonianze raccolte dagli organi sindacali e da reporter sul campo parlano di situazioni drammatiche: giornalisti che non possono entrare in certe aree, attrezzature sequestrate, minacce e aggressioni fisiche, ma anche vere e proprie cacce all’uomo. In un caso, un cronista ha raccontato di essere stato inseguito per tutta la notte da un gruppo armato – con pistole, bastoni e taniche – all’interno di territori controllati da coloni o forze di sicurezza.

La denuncia definisce gli atti contestati come potenziali crimini di guerra e chiede che la Procura francese riconosca la sua giurisdizione, in virtù del fatto che alcuni giornalisti che hanno subito violenze sono cittadini francesi. È la prima volta che un’azione legale di questo tipo - basata su impedimenti sistematici all’attività giornalistica in una zona di conflitto - viene presentata davanti a un tribunale nazionale in Europa con l’obiettivo di proteggere reporter stranieri.

Secondo le organizzazioni, l’iniziativa rappresenta “un passo necessario per difendere il diritto all’informazione, la libertà di stampa e il rispetto del diritto internazionale”. Il ricorso si basa su norme europee, sul Patto internazionale sui diritti civili e politici e sui principi del diritto penale francese.

In un contesto in cui la violenza contro i media - e in particolare contro giornalisti che operano in aree di guerra - continua a crescere, la denuncia dello Snj e dell’Ifj vuole essere anche un avvertimento: nessun operatore dell’informazione può essere considerato al di sopra del diritto internazionale, e la libertà di stampa non può essere messa a tacere con armi o blocchi.

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