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Israele: sì all'accesso di un minimo di aiuti a Gaza durante l'offensiva di terra

Soldati israeliani spostano carri armati in un'area di sosta vicino al confine con la Striscia di Gaza, nel sud di Israele, domenica 18 maggio 2025.
Soldati israeliani spostano carri armati in un'area di sosta vicino al confine con la Striscia di Gaza, nel sud di Israele, domenica 18 maggio 2025. Diritti d'autore  AP Photo/Ariel Schalit
Diritti d'autore AP Photo/Ariel Schalit
Di Emma De Ruiter
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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Israele consente un accesso limitato agli aiuti alimentari a Gaza dopo quasi tre mesi di blocco. Mezzo milione di persone vive in condizioni di fame estrema. Continuano i bombardamenti e i negoziati per il cessate il fuoco

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Israele ha dichiarato di avere autorizzato l’ingresso a Gaza di una "quantità di base" di aiuti alimentari, dopo quasi tre mesi di blocco che hanno spinto gran parte della popolazione palestinese verso la carestia.

Il primo ministro Benyamin Netanyahu ha affermato che la decisione è stata presa su raccomandazione dell’esercito israeliano (Idf) “per ragioni operative legate all’espansione dei combattimenti su larga scala”.

Sabato Israele ha lanciato una nuova offensiva terrestre a Gaza, definita “vasta” e battezzata “I carri di Gedeone”. Solo nella giornata di domenica, secondo il ministero della Salute di Gaza, oltre 100 persone sono state uccise in seguito agli attacchi israeliani. Lo stesso ministero non distingue però tra civili e combattenti.

Tra le conseguenze dirette dei raid, anche la chiusura dell’Ospedale Indonesiano, l’unica struttura sanitaria operativa nel nord della Striscia.

Per mezzo milione di persone la fame è "catastrofica"

Netanyahu ha parlato della necessità di evitare una "crisi di fame" che, secondo i militari, potrebbe mettere a rischio la prosecuzione delle operazioni contro Hamas.

Secondo i dati della Classificazione integrata delle fasi della sicurezza alimentare (Ipc), quasi 500.000 palestinesi a Gaza vivono già in condizioni di fame “catastrofica”, con un ulteriore milione di persone che sopravvive a malapena.

La scorsa settimana, esperti internazionali in sicurezza alimentare hanno avvertito che Gaza rischia di entrare ufficialmente in carestia se Israele non pone fine al blocco e all’azione militare in corso.

Non è ancora chiaro quando e come gli aiuti alimentari raggiungeranno effettivamente la popolazione. Netanyahu ha dichiarato che Israele farà il possibile per impedire che Hamas acceda o gestisca la distribuzione degli aiuti.

L’attuale operazione militare è la più estesa da marzo, quando fu infranto il precedente cessate il fuoco. L’obiettivo dichiarato da Israele è riconquistare territorio e costringere alla fuga centinaia di migliaia di palestinesi.

I colloqui in salita con Hamas

Intanto proseguono i colloqui sul cessate il fuoco. Israele sta facendo pressioni su Hamas per accettare una tregua temporanea che consentirebbe il rilascio degli ostaggi ancora detenuti a Gaza, ma non implicherebbe automaticamente la fine della guerra.

Hamas insiste su un ritiro totale delle forze israeliane e su un accordo complessivo per la fine del conflitto, come condizione per il rilascio degli ostaggi.

Secondo l’ufficio di Netanyahu, il team di negoziatori israeliani in Qatar sta “lavorando su ogni possibilità di accordo”, incluso uno scambio che prevede la liberazione di tutti i 58 ostaggi rimanenti, l’esilio di Hamas da Gaza e il disarmo della Striscia.

Finora, Hamas ha rifiutato sia l’esilio sia il disarmo, a fronte dell'interruzione a marzo del cessate il fuoco in vigore e non rinnovato per le fase successive previsto dall'accordo negoziato dai mediatori internazionali.

Dalla fine dell’ultimo cessate il fuoco, il ministero della Salute di Gaza afferma che sono state uccise circa 3.000 persone.

Il dissenso cresce in Israele

In Israele cresce il malcontento: un numero crescente di cittadini si rifiuta di rispondere alla leva militare, rischiando anche la prigione. Alcuni attivisti espongono le foto dei bambini palestinesi uccisi durante le manifestazioni settimanali, chiedendo un accordo per la liberazione degli ostaggi e la fine della guerra.

Il conflitto è iniziato il 7 ottobre 2023, quando Hamas ha attaccato il sud di Israele, uccidendo circa 1.200 persone, in gran parte civili. I miliziani hanno rapito 251 persone: oggi ne rimangono 57, delle quali si ritiene che solo 22 siano ancora vive.

L’offensiva israeliana che ne è seguita ha provocato, secondo il ministero della Sanità di Gaza gestito da Hamas, oltre 50.000 morti, soprattutto donne e bambini. Le cifre non distinguono tra civili e combattenti.

L’esercito israeliano dichiara invece la perdita di 856 soldati dall’inizio delle operazioni.

Risorse addizionali per questo articolo • AP

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