I Pasdaran hanno dispiegato i sistemi missilistici su tre isole nei pressi di una delle maggiori vie commerciali mondiali. La decisione mentre in Iran si riflette sull'invito degli Stati Uniti a dialogare di nuovo sul programma nucleare nazionale
Il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (Irgc) ha annunciato il dispiegamento di nuovi sistemi missilistici su tre isole strategiche del Golfo Persico, affermando che hanno la capacità di colpire "basi, marine e attrezzature nemiche nella regione".
Gli armamenti sono stati stazionati dall'organo militare iraniano, parallelo alle forze armate nazionali, sulle isole Grande Tunb, Piccola Tunb e Abu Musa, parte di un piccolo arcipelago nel Golfo Persico vicino allo Stretto di Hormuz, una delle principali rotte marittime del mondo.
"Il nostro piano è armare le isole e trasformarle in una base operativa", ha detto a media statali il comandante della marina dell'Irgc, Alireza Tengsiri. Secondo Tengsiri, i nuovi sistemi sono "in grado di distruggere completamente qualsiasi bersaglio entro un raggio di 600 chilometri".
L'Iran detiene il controllo delle tre isole dal 1971, ma gli Emirati Arabi Uniti ne rivendicano la proprietà e la questione è diventata una delle controversie di lunga data tra i due Paesi.
Dialogo tra funzionari iraniani e sauditi sugli sviluppi nella regione
I sistemi missilistici sono stati dispiegati mentre si attende un presa di posizione concreta di Teheran sulla ripresa dei colloqui sul nucleare iraniano, e la correlata minaccia militare in caso di rifiuto, ipotizzata in una lettera che Donald Trump ha dichiarato di avere inviato al Guida suprema dell'Iran.
L'Ayatollah Ali Khamenei ha avvertito venerdì che le minacce contro l'Iran "non hanno conseguenze" e che gli Stati Uniti che "se sbagliano, riceveranno uno schiaffo deciso».
Sabato il ministro degli Esteri saudita Faisal bin Farhan ha discusso invece della situazione regionale con il viceministro degli Esteri iraniano Abbas Araqchi.
Iran: alcune politiche da cambiare per dialogo con gli Stati Uniti
Sebbene il leader della Repubblica islamica abbia definito ingannevole e respinto l'offerta di dialogo degli Stati Uniti, il ministero degli Esteri iraniano ha detto che la risposta dell'Iran alla lettera sarà annunciata presto.
Araqchi ha dichiarato giovedì scorso che la lettera di Donald Trump, pur minacciosa, conteneva alcune opportunità. Ha sottolineato anche che l'opposizione dell'Iran ai colloqui non è dovuta a "testardaggine" ma è radicata nell'esperienza passata, aggiungendo che Washington deve ripensare le sue politiche prima di iniziare i colloqui.
In una dichiarazione rilasciata venerdì, Steve Whitecough, l'inviato speciale degli Stati Uniti per gli affari del Medio Oriente, ha affermato che l'obiettivo di Trump nell'invio della lettera era evitare il conflitto militare con l'Iran e cercare di creare fiducia reciproca, senza "alcuna intenzione di minacciare".
Nella prima presidenza Trump, nel 2018, gli Usa si sono ritirati dall'accordo firmato tre anni prima con Teheran, per limitare l'arricchimento dell'uranio a livelli impiegabili per uso militare e non solo civile, in cambio della revoca delle sanzioni internazionali.
"A mio avviso, l'accordo del 2015 non è più praticabile e non sarà nemmeno nel nostro interesse", ha detto Araqchi, "perché la nostra situazione nucleare è notevolmente più avanzata e non possiamo tornare alle condizioni precedenti".