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Gaza, Hamas accetta di rilasciare un soldato con passaporto di Israele e Usa e i corpi di 4 ostaggi

Combattenti di Hamas schierati a Rafah in vista del previsto rilascio di ostaggi israeliani, 22 febbraio 2025
Combattenti di Hamas schierati a Rafah in vista del previsto rilascio di ostaggi israeliani, 22 febbraio 2025 Diritti d'autore  AP Photo
Diritti d'autore AP Photo
Di Gavin Blackburn & Euronews Agenzie: AP
Pubblicato il
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L'annuncio non confermato dalle altri parti del negoziato arriva mentre a Doha si media la seconda fase del cessate il fuoco che sarebbe già dovuta entrare in vigore. Gli Usa contattano tre Paesi africani per trasferirvi i palestinesi di Gaza

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Hamas ha dichiarato venerdì di avere accettato la proposta dei mediatori di rilasciare un ostaggio americano-israeliano in vita e i corpi di quattro ostaggi con doppia nazionalità morti in prigionia.

L'ostaggio è un soldato ed è stato identificato come Edan Alexander, 21 anni. Il gruppo armato palestinese non ha specificato immediatamente quando sarà rilasciato, né gli altri Paesi coinvolti nei negoziati hanno confermato l'annuncio.

Questo avviene mentre a Doha, in Qatar, proseguono i colloqui per cercare di mediare la seconda fase del cessate il fuoco tra Israele e Hamas, dopo la conclusione della prima due settimane fa.

Una protesta a Tel Aviv per chiedere l'immediato rilascio degli ostaggi detenuti da Hamas a Gaza (9 marzo 2025)
Una protesta a Tel Aviv per chiedere l'immediato rilascio degli ostaggi detenuti da Hamas a Gaza (9 marzo 2025) AP Photo

Hamas disponibile a seconda fase tregua, Israele vuole prorogare la prima

Un alto funzionario di Hamas, Husam Badran, ha ribadito in proposito l'impegno del gruppo ad attuare pienamente l'accordo di cessate il fuoco in tutte le sue fasi, avvertendo che qualsiasi deviazione dai termini originali rischierebbe di fare deragliare l'intesa.

Israele sta facendo pressione, invece, affinché si accetti un'estensione della prima fase del cessate il fuoco, posticipando quella successiva che prevede il ritiro completo delle forze israeliane dalla Striscia.

Nell'attesa di un'esecuzione dell'accordo, l'entrata di beni di prima necessità e la fornitura di elettricità nella Striscia di Gaza è sospesa da 13 giorni.

Negoziati in corso per chiudere la guerra più sanguinosa a Gaza

La guerra a Gaza è scoppiata il 7 ottobre 2023, a seguito di un attacco a sorpresa di Hamas e altre milizie palestinesi nel sud di Israele che portò alla morte di più di 1.100 persone e al sequestro di 250 cittadini israeliani e di altre nazionalità, rapiti e portati dentro la Striscia.

La successiva operazione militare israeliana ha devastato gran parte del territorio palestinese e causato la morte di oltre 48mila persone e migliaia di dispersi, secondo le autorità sanitarie di Gaza.

Le Nazioni Unite stimano che circa il 69 per cento di tutte le strutture di Gaza sia stato distrutto, comprese almeno 245mila case.

Dopo settimane di negoziati mediati da Stati Uniti, Egitto e Qatar, Israele e Hamas hanno concordato un accordo di cessate il fuoco in tre fasi, la cui prima fase è iniziata il 19 gennaio per una durata concordata di sei settimane.

In questa fase Hamas ha rilasciato 33 ostaggi israeliani, più cinque thailandesi che non rientravano nell'accordo. In cambio, Israele ha rilasciato quasi 2mila prigionieri palestinesi.

Una famiglia tra le macerie della sua casa a Gaza city  (24 febbraio 2025)
Una famiglia tra le macerie della sua casa a Gaza city (24 febbraio 2025) AP Photo

Futuro in Africa per i palestinesi di Gaza?

La terza fase dell'intesa prevede la ricostruzione della Striscia e un accordo sul suo futuro politico. Un piano supportato dai Paesi arabi ha proposto lo stanziamento di oltre 50 miliardi di dollari e la permanenza degli oltre 2 milioni di residenti.

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha lanciato a più riprese l'idea che i palestinesi di Gaza debbano essere ricollocati altrove, anche se solo temporaneamente, in modo da affidare il territorio agli Usa per bonificarlo e poi svilupparlo dal punto di vista immobiliare.

Dopo i rifiuti del mondo arabo e in particolare di Egitto e Giordania di ricevere altri rifugiati palestinesi, gli Usa e Israele hanno preso contatti il mese scorso con tre governi africani, secondo un'esclusiva di venerdì dell'Associated Press (Ap) che cita funzionari governativi di Washington e Gerusalemme.

Si tratta di Sudan, Somalia e Somaliland (la regione del Corno d'Africa che si è di fatto staccata trent'anni fa dal resto del Paese). Funzionari sudanesi hanno detto all'Ap di avere rifiutato l'offerta di trasferimento dei palestinesi, mentre gli altri due Paesi hanno negato di essere stati contattati in merito.

Il Sudan ha normalizzato le proprie relazioni con Israele con gli Accordi di Abramo firmati nel 2020 durante la prima presidenza Trump.

Per decenni la convergenza della diplomazia internazionale sulla soluzione cosiddetta dei Due Stati ha escluso categoricamente una nuova espulsione di palestinesi dalle proprie case, come avvenuto più volte dalla Nakba del 1948.

Con il ritorno di Trump alla Casa Bianca, questo scenario che circolava ormai solo tra la destra dei coloni e degli ultranazionalisti israeliani, è tornato al centro dell'agenda politica.

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