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Almasri, denuncia alla Corte penale internazionale su operato del governo italiano

Il ministro della Giustizia italiano Carlo Nordio, a destra, parla alla Camera a Roma, 5/02/2025
Il ministro della Giustizia italiano Carlo Nordio, a destra, parla alla Camera a Roma, 5/02/2025 Diritti d'autore  Gregorio Borgia/Copyright 2024 The AP. All rights reserved
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Di Ilaria Cicinelli
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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Nuova denuncia alla Corte penale internazionale sull'operato del governo italiano per la liberazione del capo della polizia giudiziaria di Tripoli, il libico Najeem Osama Almasri, ricercato per crimini di guerra e contro l'umanità

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La procura della Corte penale internazionale (Cpi) ha ricevuto una denuncia da parte di un cittadino sudanese nei confronti del governo Italiano per "ostacolo all'amministrazione della giustizia ai sensi dell'articolo 70 dello Statuto di Roma", in relazione alla liberazione e al rimpatrio del presunto torturatore libico Najeem Osama Almasri. Lo riporta in esclusiva il quotidiano Avvenire che ha potuto visionare il contenuto delle 23 pagine depositate all'Aja.

L'articolo 70 regola i provvedimenti contro chi ostacola la giustizia internazionale, come nel caso in cui venga intralciata la libera presenza o testimonianza di un teste.

Fonti della Corte hanno poi specificato al Corriere della Sera che ancora non è stato aperto alcun fascicolo d'indagine e non si è ancora deciso se un procedimento sarà aperto nei confronti del governo italiano.

"Secondo lo Statuto di Roma, il trattato istitutivo della Cpi, qualsiasi individuo o gruppo di qualsiasi parte del mondo può inviare informazioni (che la Cpi definisce 'comunicazioni') al procuratore della Cpi. L'Ufficio del procuratore non commenta tali comunicazioni", ha fatto sapere il portavoce della Cpi sul caso Almasri

"La procedura della Corte penale internazionale non è analoga a quella del sistema processuale italiano", spiega Avvenire e "l'obbligatorietà dell’azione penale scatta dal momento in cui l’ufficio del procuratore, una volta ricevuta una denuncia, la trasmette al giudice "registrar”, che dirige la Cancelleria. Passaggio che non sarebbe ancora avvenuto.

Un cittadino sudanese aveva già denunciato il comportamento di funzionari italiani alla Cpi nel 2019

La denuncia è stata presentata da un cittadino sudanese rifugiato in Francia, che già nel 2019 aveva raccontato agli inquirenti le torture subite da lui e sua moglie dal capo del carcere di Mitiga Almasri quando erano imprigionati in Libia.

Nella denuncia ricevuta dall'Ufficio del Procuratore, che l'ha trasmessa al cancelliere e al presidente del Tribunale internazionale, sono indicati i nomi di Giorgia Meloni, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi.

L'uomo ha affermato di aver consegnato una serie di prove di quanto accaduto all'Ufficio del procuratore. Secondo la vittima queste dimostrerebbero anche come alti funzionari dell'Ue e italiani, tra cui ministri ed ex presidenti del Consiglio, abbiano favorito i crimini contro i diritti umani in Libia. I documenti in questione erano allegati alla domanda di cattura inviata dalla Cpi all'Italia.

La reazione di Nordio alla denuncia, Tajani: "Forse serve indagare la Cpi"

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e il ministro della Giustizia Carlo Nordio sono stati tutti e tre denunciati per aver "abusato dei loro poteri esecutivi per disobbedire ai loro obblighi internazionali e nazionali", secondo l'accusa.

"Credo che a questo mondo tutti indaghino un po' su tutto. Noi abbiamo fiducia nella giustizia umana. Postulo la giustizia divina proprio perché la giustizia umana spesso è fallibile, ma accontentiamoci di quella che abbiamo e vediamo come va", ha dichiarato Nordio ai microfoni della radiotrasmissione "Un giorno da pecora". Il ministro ha poi aggiunto di essere dispiaciuto che per la violazione di una regola un presunto torturatore come Almasri non possa essere giudicato.

"No comment sulla Cpi, ho molte riserve sul comportamento della Corte su questa vicenda. Forse bisogna aprire un'inchiesta sulla Corte penale, bisogna avere chiarimenti su come si è comportata. Comunque confermo, l'atto inviato all'Italia era nullo, condivido al 100 per cento quello che ha detto il ministro Nordio", ha commentato il ministro degli Affari esteri Antonio Tajani.

L'arresto e la liberazione di Almasri: le tappe della vicenda

Dopo essere stato arrestato dalla Digos a Torino il 19 gennaio scorso nel suo hotel, Almasri è stato scarcerato il giorno dopo per un "errore procedurale" e rimpatriato rapidamente con un volo di Stato nonostante le richieste di estradizione della Cpi.

L'ufficiale libico era in Europa dal 6 gennaio scorso. Si è prima recato a Londra per poi spostarsi tra Francia, Belgio e Germania, dove il 16 gennaio è stato fermato dalla polizia per un controllo a Monaco di Baviera. L'Interpol ha inviato il giorno seguente un avviso a sei Stati, annunciando a l'Italia le intenzioni dell'uomo di entrare nel Paese.

Il 18 gennaio la Cpi, dopo avere monitorato gli spostamenti di Almasri, ha emesso un mandato di cattura internazionale che ha portato all'arresto in Italia. Nei giorni successivi, il ministro Nordio non ha dato indicazioni sulla custodia cautelare, anche a fronte delle richieste e delle sollecitazioni della Corte d'Appello di Roma, oltre a non informare successivamente la Cpi della scarcerazione.

Per via di un errore di forma quindi, la mancata consultazione del ministro della Giustizia da parte della polizia prima di procedere all'arresto di Almasri, il 21 gennaio la corte d'Appello non ha convalidato l'arresto rimettendo il libico in libertà mentre Piantedosi ha firmato un decreto di espulsione rimpatriando il giorno stesso il libico con un volo di Stato.

Nel carcere di Mitiga, a Tripoli, sarebbero avvenute decine di uccisioni, violenze e torture a danno dei detenuti per opera di Almasri. Secondo il fascicolo della Cpi si parla di almeno 34 omicidi e di un abuso sessuale su un minore.

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