Dopo più di due mesi di proteste nel Paese, il regime ora vuole mostrare il pugno di ferro.
"C'è chi crede che per porre fine alle 'rivolte' bisognerebbe prima dialogare con gli Usa e rimuovere i problemi con quel Paese. Ma questo non funzionerà, poiché Washington vorrà sicuramente di più". Lo ha dichiarato il leader iraniano Ali Khamenei davanti a centinaia di sostenitori del regime, che hanno gridato più volte "morte agli Stati Uniti".
Dopo più di due mesi di proteste nel Paese, scoppiate dopo la morte della giovane Mahsa Amini, il regime iraniano vuole mostrare il pugno di ferro, soprattutto nei confronti di Washington e, più in generale, dell'Occidente.
"Il problema non sono alcuni rivoltosi nelle strade, anche se ogni ribelle, ogni terrorista deve essere punito", ha aggiunto l'Ayatollah. "Ma la battaglia è molto più importante. Il vero nemico è l'arroganza globale".
Proteste continue
Nel frattempo, le proteste continuano in diverse università della capitale Teheran e in altre grandi città, secondo i social media. Le proteste hanno suscitato un largo appoggio, sia nel mondo occidentale che da parte degli stessi iraniani, che in alcuni casi lo hanno dimostrato anche simbolicamente, come nel caso della nazionale iraniana di calcio, che ha rifiutato di cantare l'inno durante le partite della coppa del mondo in Qatar.
Sono molti i manifestanti rimasti feriti durante gli scontri con le forze di sicurezza. Sono diversi anche i morti, tra cui un bambino solo pochi giorni fa.