Brexit infinita, pronta una nuova legge per superare il protocollo nordirlandese

La saga della Brexit ha un nuovo capitolo, con il governo di Boris Johnsonn intenzionato a modificare una parte dell'accordo di recesso firmato tra Regno Unito e Unione europea a inizio 2020. Una decisione unilaterale, destinata probabilmente a suscitare la reazione dell'Unione, che potrebbe concretizzarsi in procedure di infrazione e sfociare persino in una guerra commerciale tra Bruxelles e Londra.
Il piano di Johnson
La nuova legge che verrà proposta alla camera dei Comuni punta a riscrivere alcune parti del protocollo nordirlandese, che è parte integrante dell'accordo di recesso, il cosiddetto Brexit deal. La minsitra degli Esteri Liz Truss risponderà alle domande dei parlamentari sull'iniziativa legislativa che, se approvata, consentirà alle autorità britanniche di non applicare le parti del protocollo che non ritengono opportune.
Brandon Lewis, il segretario del governo incaricato degli affari nordirlandesi, ha affermato che l'iniziativa rientra nell'ambito della legalità e per il governo di Londra il sistema istituito dal protocollo non funziona.
Il punto più critico della legge potrebbe riguardare la giurisdizione della Corte di Giustizia dell'Unione europea nelle eventuali dispute commerciali, cosa non gradita al governo di Londra, ma considerata una linea rossa da non superare a Bruxells.
Un protocollo contestato
Il nodo della questione è che il protocollo nordirlandese è stato fin dall' inizio molto contestato nel Regno Unito. In teoria, doveva salvaguardare il Good Friday Agreement, l'accordo di pace raggiunto nel 1998 che impedisce di istituire un confine rigido tra la Repubblica d'Irlanda e l'Irlanda del Nord.
Per questo motivo, dopo la Brexit l'Irlanda del Nord è rimasta nel mercato unico europeo, a differenza del resto del Paese. Ciò avrebbe dovuto comportare una frontiera nel Mare d'Irlanda, con le merci provenienti da Inghilterra, Galles e Scozia sottoposte a controlli doganali nei porti nordirlandesi: compromesso raggiunto tra Londra e Bruxelles, ma indigesto per i nordirlandesi unionisti.
Con il protocollo, l’Irlanda del Nord si è trasformato in un territorio soggetto a condizioni particolari, rimanendo allineata alle norme dell’Ue in una serie di ambiti specifici, pur formando parte del territorio doganale del Regno Unito e beneficiando così di eventuali futuri accordi di libero scambio conclusi dal governo di Londra. I controlli non sono mai stati effettivamente implementati, suscitando frizioni tra Londra e Bruxelles
I nodi politici interni, poi, sono venuti presto al pettine: dopo le recenti elezioni a Belfast, il Democratic Unionist Party (DUP), il più grande partito unionista, sta rifiutando di entrare nel governo locale finché il protocollo non sarà superato, visto che lo ritiene dannoso per la piena appartenenza dell'Irlanda del Nord al Regno Unito.
Quindi l'esecutivo guidato da Boris Johnsson sta cercando di scavalcare unilateralmente il protocollo, affermando che questi controlli doganali non devono essere effettuati.
L'opzione estrema
Invano, in passato, si è cercato un punto di incontro. Dopo mesi di contrasti diplomatici, il commissario europeo incaricato a gestire le conseguenze della Brexit, Maroš Šefčovič, aveva presentato a ottobre 2021 un pacchetto di misure in quattro punti per “reagire alle difficoltà che i nordirlandesi stanno affrontando a causa della Brexit“.
La Commissione europea non ha mai manifestato alcuna intenzione di negoziare un nuovo protocollo, puntando piuttosto a migliorare quello attuale per renderlo “accettabile“ agli occhi del governo britannico.
Ci sarebbe comunque un modo legale per recedere dall'accordo. St tratta dell’articolo 16 del protocollo, in cui si stabilisce che Unione europea o Regno Unito possono in sostanza sospendere il protocollo stesso se «dall’applicazione derivano gravi difficoltà economiche, sociali o ambientali che rischiano di protrarsi nel tempo».
La sospensione sarebbe l’ultima strada da percorrere e scatenerebbe, nei fatti, una guerra commerciale fra le due sponde della Manica. Non proprio lo scenario più conveniente nel momento in cui una guerra reale si combatte alle porte d'Europa.