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Burkina, così si è infranto il sogno degli "orfani di Sankara"

Ouagadougou (Burkina), ottobre 2021: il cantante senegalese Dier Awadi si esibisce sotto uno il ritratto di Thomas Sankara al 27° Pan African Film and Television Festival
Ouagadougou (Burkina), ottobre 2021: il cantante senegalese Dier Awadi si esibisce sotto uno il ritratto di Thomas Sankara al 27° Pan African Film and Television Festival Diritti d'autore ISSOUF SANOGO/AFP or licensors
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Di Euronews Agenzie:  AFP
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35 anni fa, il leader rivoluzionario inviò 600 giovani a Cuba, perlopiù orfani, per formarsi a diventare la futura classe dirigente del Burkina Faso. Ma anche questo sogno sarebbe naufragato nel regime di Blaise Compaoré

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Trentacinque anni: tanti ne sono passati da quando il carismatico leader panafricano Thomas Sankara mandò a Cuba 600 giovani del Burkina Faso, perlopiù ofrani, per un programma di formazione scolastica, professionale e ideologica.

Il "Che Guevara d'Africa" sperava così di plasmare la nuova classe dirigente burkinabé, come ricorda oggi Stanislas Damiba, il presidente dell'associazione di quelli che furono chiamati gli "orfani di Sankara".

"Sankara arrivò a Cuba nel 1987 - ricorda - strinse la mano a tutti noi e ci disse: 'formatevi bene per venire a sviluppare il vostro paese'".

Sogno panafricano

Thomas Sankara era arrivato al potere nel 1983 all'età di 33 anni, come capitano dell'esercito e con un programma di ispirazione marxista leninista con cui intendeva sradicare la povertà dal suo paese e sfidare l'ordine mondiale "imperialista e coloniale"

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Stanislas Damiba, associazione di ex studenti formati dal presidente di Cuba, guarda vecchie foto di Cuba, a Ouagadougou, il 5 novembre 2021OLYMPIA DE MAISMONT/AFP or licensors

Con queste premesse, fu naturale per lui rivolgersi alla Cuba di Fidel Castro.

"Fu sua - ricorda Damiba - l'idea di inviare nell'isola un contingente di studenti perché fossero formati".

Il gruppo era composto da più di 600 tra bambini e adolescenti di età compresa tra i 12 e i 16 anni "tutti provenienti da famiglie svantaggiate e in maggior parte orfani" ricorda il presidente degli ex studenti di Cuba. Tra loro, c'erano anche 135 ragazze.

Al ritorno in Burkina, gli "orfani" avrebbero dovuto rappresentare la punta di diamante della rivoluzione burkinabé:  una generazione temprata nella dottrina e addestrata nelle abilità necessarie a porla in essere.

Sogno naufragato

Ma a 35 anni di distanza, purtroppo, le cose sono andate diversamente da come Sankara le aveva immaginate: assieme alla sua rivoluzione panafricana, anche il sogno di una nuova classe dirigente internazionalista è naufragato nel regime di Blaise Compaoré.

"È una grande delusione per noi oggi" ammette Damiba. "Ottantacinque dei nostri compagni sono morti, alcuni di suicidio. Duecento lavorano nel settore pubblico in condizione di sotto-occupazione e circa 400 sono disoccupati"

A 46 anni, Damiba può dire di avere avuto una sorte migliore rispetto alla maggior parte dei suoi ex compagni: oggi è un tecnico senior di ingegneria civile nel settore privato, e continua a indossare con orgoglio una maglietta di Sankara per onorare un uomo che considera ancora "un padre spirituale".

Raggiunto da due compagni che erano con lui a Cuba, Florence Hien e Inoussa Dankambary, 51 anni, Damiba ha voluto incontrare i giornalisti dell'AFP al Memoriale Thomas Sankara eretto a Ouagadougou.

La statua segna il luogo dove il giovane leader venne stato ucciso durante il colpo di stato che, il 15 ottobre 1987, spalancò le porte al regime di Blaise Compaoré, un tempo suo fratello d'armi e intimo amico.

Compaoré ha governato per 27 anni prima di essere cacciato alle crescenti proteste di piazza del 2014.

"Tutto sembrava possibile"

Damiba ricorda oggi i giorni inebrianti "in cui tutto sembrava possibile."

Dopo aver superato i test di selezione, "siamo partiti per Cuba nel settembre del 1986", ha ricordato. Sei insegnanti burkinabé vennero con loro per condurre i corsi di francese, storia, geografia ed educazione sessuale, mentre altre materie specialistiche furono insegnate da cubani.

Il gruppo fu portato all'Isola della Gioventù, situata nel sud-ovest di Cuba, dove si mescolavano studenti di 40 nazionalità. Il primo requisito richiesto era imparare lo spagnolo in sei mesi. Sankara visitò Cuba nel settembre del 1987: 'Lavorate duro e tornate per costruire la nazione'", disse al gruppo di Damiba.

Ma un mese dopo, il "padre della rivoluzione" venne assassinato.

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"Successe tutto all'improvviso. Per tre giorni ci sentimmo troppo storditi perfino per mangiare o bere", ha detto Damiba.

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Ufficiali militari assistono alla cerimonia per il 34° anniversario dell'assassinio di Thomas Sankara, a Ouagadougou, il 15 ottobre 2021.OLYMPIA DE MAISMONT/AFP or licensors

"Di lì in poi, tutto è cambiato: i nostri sei supervisori sono stati richiamati nel paese e sostituiti da altri" continua. 

La "rettifica" delle politiche di Sankara era già iniziata.

"Il nuovo governo del Burkina decise di farci compiere esclusivamente studi brevi, della durata massima di tre anni, dopo il diploma di maturità" aggiunge Damiba.

Dopodiché. anche la borsa di studio mensile di circa 100 dollari (86 euro) fu tagliata, dando un ulteriore colpo alle possibilità degli "orfani": degli oltre 600 studenti partiti nell'86, soltanto 33 furono in grado di ottenere un'istruzione universitaria.

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"Compaoré voleva distruggere tutto ciò che era legato a Sankara", dice oggi Hien.

Prima di partire, a tutti era stato promesso un ambito posto nel servizio civile, una volta che fossero tornati.

Ma solo 240 dei 600 "orfani" ebbero un impiego. E al danno lo Stato del Burkina aggiunse la beffa, non riconoscendo le qualifiche ottenute dai ragazzi a Cuba, nonostante una lunga battaglia legale condotta dall'associazione di Damiba, che da anni chiede un risarcimento.

Nient'altro che la verità

Il processo ai presunti assassini di Sankara, incluso il suo successore Blaise Compaoré, si è aperto a Ouagadougou all'inizio di ottobre.

Damiba ha detto d'essere ossessionato dal riuscire a conoscere "la verità, nient'altro che la verità" riguardo al caso.

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 "Siamo vittime e il presidente Compaore è responsabile" dice. "Noi non abbiamo sparato a nessuno, siamo solo degli innocenti".

"Il proiettile che ha ucciso Sankara - aggiunge Dankambary - ha ucciso di rimbalzo molte altre persone, inclusi noi".

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