Bill Gates: "Ecco come fare per evitare un disastro climatico"

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Di Jeremy WilksEuronews
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Il filantropo miliardario Bill Gates parla del suo libro, intitolato 'Come evitare un disastro climatico', e del suo impegno contro il riscaldamento globale

È il cofondatore di Microsoft, un filantropo miliardario, che si è concentrato su povertà e salute, e adesso è impegnato a salvare il pianeta: Bill Gates è l'ospite di Euronews in The Global Conversation.

Gates ha appena pubblicato un libro intitolato 'Come evitare un disastro climatico', in uscita in contemporanea mondiale il 16 febbraio.

- Nel suo libro lei avanza un parallelo tra l'approccio alla pandemia e quello al cambiamento climatico. Come per le pandemie, pensavamo di essere preparati ma non lo siamo veramente. Cos'è che non capiamo del cambiamento climatico?

"Intanto, le fonti di emissione sono molto diverse - precisa Gates - e per tante di esse non abbiamo ancora iniziato a capire come evitare le emissioni. L'intero settore manifatturiero, il trasporto aereo, persino i piani per far crescere la rete elettrica ci richiederebbero di fare molto di più rispetto a quello che stiamo facendo oggi, compresa la necessità di spingere ancora un bel po' nell'innovazione. Quindi, è fantastico che i giovani abbiano a cuore questa causa, è fantastico che abbiamo un obiettivo, ma il mio libro è qui per dire: 'ecco come potrebbe essere un piano', organizziamo un piano".

La gestione della pandemia

- Affrontiamo il tema della pandemia, velocemente, prima di addentrarci ancora nel cambiamento climatico. È passato più di un anno, ormai. Non la stiamo ancora gestendo bene. Ne è sorpreso?"

"Ogni Paese ha fatto alcune cose bene e ha fatto degli errori. Quando ho tenuto il mio discorso al TED nel 2015, dicendo che non eravamo pronti alla prossima pandemia, ho parlato di diagnostica e pratica e di come si coordinano diverse cose. La realizzazione del vaccino è andata più veloce di quanto ci saremmo aspettati. La nostra Fondazione aveva sostenuto la tecnologia dell'mRNA, ma non era stato realizzato nessun vaccino. Quindi, almeno questa parte è molto promettente. E, alla fine, è ciò che porrà fine a questa epidemia".

- Ma quando si parla di gestione politica, non è stato un grande successo, mi pare. Cosa si può leggere in questo? Anche in considerazione del modo in cui siamo chiamati ad affrontare l'altra grande sfida, quella del cambiamento climatico?

"Nessuno si aspetta che i governi siano perfetti. Ma i governi, nel complesso, fanno cose fantastiche: istruzione, giustizia, salute. Noi spingiamo sempre perché siamo cittadini e possiamo parlare di come vogliamo vederli migliorare. Nel caso del clima, saranno necessarie molte politiche creative. E la voce politica, in particolare quella dei giovani, deve rimanere forte. Quindi, usiamo tutti i 30 anni per riuscirci perché sarà difficile, ma non impossibile".

Cambiamento climatico e divario tra ricchi e poveri

- Il lancio del vaccino ha evidenziato le differenze tra i Paesi più ricchi e quelli più poveri. Il cambiamento climatico probabilmente farà la stessa cosa, è d'accordo?

"Assolutamente sì. Il motivo per cui sono così coinvolto è che il lavoro, che la Gates Foundation fa per contribuire alla salute nei Paesi poveri e per aiutare gli agricoltori in quei luoghi, è legato al fatto che - con il passare degli anni e queste temperature più alte - gli agricoltori di sussistenza non sarannno in grado di coltivare abbastanza e i loro raccolti non saranno sufficienti. Tutto questo porterà a malnutrizione, migrazione e assoluta instabilità a causa del clima".

- Mentre leggevo il libro, ho avuto l'impressione che lei stesse cercando di convincere qualcuno dell'importanza del cambiamento climatico. Chi? I politici americani, il pubblico americano, o stava effettivamente cercando di convincere se stesso? Ho avuto davvero questa sensazione, ho percepito il tentativo di trasmettere, ora, con forza, l'importanza della questione

"Ho partecipato a molte sessioni di apprendimento nel 2005 e, proprio come quando ho fatto un TED talk nel 2015 mettendo in guardia sulla pandemia, ho anche tenuto un TED talk nel 2010 per mettere in guardia sul cambiamento climatico. Perché ne stiamo già vedendo gli effetti, gli effetti negativi sui più poveri che non hanno fatto nulla per creare il problema. La ragione per cui è il momento di pubblicare il libro ora non è a causa delle mie opinioni, che sono sempre state molto chiare su quale sia il problema, ma piuttosto per il fatto che, vista l'energia dei sostenitori, c'è la possibilità che le giuste priorità politiche e la giusta spinta verso l'innovazione prendano piede. Anche lavorando su questioni complicate come le emissioni nei settori dell'acciaio, del cemento e del carburante per l'aviazione, c'è una possibilità che il cambiamento possa accadere. In particolare, quest'anno, con i fondi programmati per il clima e l'imminente incontro di Glasgow (COP26), ho pensato che un quadro di quanto possa risultare difficile, di come ho visto l'innovazione progredire e di quello che io chiamo il Green Premium, fosse molto opportuno. Il libro è parte di queste discussioni".

Il ruolo degli Stati Uniti di Biden

- Ritiene che sia il momento appropriato anche per inviare forse un messaggio al presidente Joe Biden. L'ha già fatto? E pensa che le persone a Washington lo ascolteranno?

"Sì, ho certamente parlato non solo con il Presidente, ma anche con tutte le sue persone chiave che lavorano sul clima, come John Kerry, l'inviato per il clima. Sto parlando molto anche con il Regno Unito in merito alla Conferenza e su come ci si debba assicurare che copra non solo le questioni facili, ma anche quelle difficili. Quindi, sì, il dialogo con l'amministrazione Biden è molto promettente".

- Cosa mi dice del popolo americano? Perché l'America è uno dei Paesi in cui si sentono alcune delle voci più scettiche riguardo al clima. Cosa pensa di questo, in relazione al libro? Ovviamente, lei l'ha scritto per un vasto pubblico

"Beh, ci sono sempre più giovani, anche repubblicani, che vedono questa come la 'causa morale'. I partiti possono avere punti di vista diversi, ma sempre di più si tratta di cosa si stia facendo per il cambiamento climatico, non se sia un problema o meno".

C'è spazio per il nucleare?

- Parliamo di alcune tecnologie, perché il suo libro è una grande panoramica sulla tecnologia. Lei parla del potenziamento del solare, dell'eolico e di come queste soluzioni stiano diventando più economiche. Parla anche molto della tecnologia nucleare, che non incontra il favore degli attivisti verdi. Pensa che il nucleare debba essere presente in un futuro a zero emissioni?

"Beh, il settore dell'elettricità sarà molto più esteso perché ci vorrà tutta l'energia per le autovetture, il riscaldamento, il raffreddamento degli edifici e per molti processi industriali. Mantenere l'affidabilità, anche durante i periodi di maltempo, sarà un problema enorme. Perciò, o arriva un miracolo nello stoccaggio, che forse non avremo, o abbiamo bisogno di qualche fonte verde che non dipenda dal meteo. Quindi, con un approccio che parte da zero, una nuova generazione può sostenere i costi, la sicurezza, il trattamento delle scorie, e cioè tutti i problemi che riguardano il nucleare? Vale la pena di lavorare su questo, anche perché potrebbe essere necessario per affrontare il cambiamento climatico. Dunque, sì, penso che dovremmo approfondire la questione. Questo non ha niente a che fare con l'attuale generazione di reattori. Si tratta di un progetto in cui la sicurezza si basa unicamente sulla fisica, non su quello che fanno o non fanno gli operatori".

- Quindi, lei sostiene che debba evolversi così da qui al 2050? Avremo probabilmente più nucleare di quanto ne abbiamo ora?

"No. Se riuscissimo a ottenere un'invenzione miracolosa che ci permettesse di immagazzinare una quantità incredibilmente grande di elettricità, tipo due settimane - che è più di ogni batteria mai prodotta per 10 volte - se riuscissimo ad arrivarci, allora si potrebbero avere le fonti intermittenti, insieme allo stoccaggio, come soluzione. Ma poiché questo è incerto, dobbiamo perseguire ogni strada che possa portarci a zero emissioni entro il 2050. Con il nucleare c'è molto da capire: ad esempio, l'opinione pubblica sarà di larghe vedute una volta che sarà stato verificato nei prossimi cinque anni? Sarà aperta a un progetto completamente nuovo o no?".

Reti e connessioni

- Inoltre, come si gestisce la distribuzione? Per dire, ad esempio, negli Stati Uniti c'è molto sole nel sud-ovest, ma come si riesce a far arrivare l'energia dall'altra parte del Paese e poi attraverso i confini? Come si fa ad affrontare queste sfide?

"Beh, in qualsiasi scenario, l'Europa e gli Stati Uniti dovranno sviluppare molte più connessioni. Perché puoi avere un fronte di freddo e avere tutto l'eolico e il solare bloccati. Quindi, bisogna sperare che le dimensioni del continente permettano che, da qualche parte, ci sia una fonte di energia. Abbiamo realizzato un modello open-source che permetterà alle persone di fare delle simulazioni: quello che vedranno è che molta più rete di trasmissione è un tassello necessario".

- Lei parla anche di geoingegneria, ad esempio di come rendere le parti alte delle nuvole più bianche in modo da riflettere più luce, come ultima risorsa per affrontare il cambiamento climatico. Siete davvero convinti di queste tecnologie?

"No, non è una soluzione al cambiamento climatico. Ho pensato che fosse importante menzionarla nel libro, perché ci sono persone che studiano la materia. Al massimo, ritarderebbe il problema di 10 o 15 anni mentre ci liberiamo delle fonti di emissione. Ma, sapete, non parlarne sarebbe stato un errore, perché è una realtà e la gente dovrebbe capire che non è in alcun modo una soluzione permanente. È probabile che non venga utilizzata affatto. Ma quando si è di fronte a questo scenario catastrofico, valutando quali numeri siano a un vicolo cieco e quali no, dobbiamo iniziare da questo".

Riorganizzare il sistema globale

- Possiamo ingegnarci per uscire dai guai? Abbiamo riposto molta fiducia nella tecnologia e il libro spiega tutto. Ma è davvero una soluzione o dobbiamo solo riorganizzare il nostro sistema globale?

"Le persone nei Paesi in via di sviluppo meritano di avere un alloggio di base. Meritano di avere la luce di notte. A causa di quanto caldo farà vicino all'equatore, meritano di avere l'aria condizionata. E, poi, non fermeremo tutti i voli, tutti gli edifici, tutti i trasporti, tutto il bestiame. Dobbiamo essere in grado di moltiplicare per zero qualunque sia l'unità di questi fattori, altrimenti non si può arrivare a zero emissioni. Quindi, è fantastico che le persone nei Paesi ricchi riducano i loro consumi, questo riduce le emissioni. Ma questo non è assimilabile a un piano completo per portare il pianeta a zero emissioni".

- Lei parla molto della necessità di essere equi e giusti. Pensa che sia effettivamente possibile arrivare al 2050 e che accada quello che lei vorrebbe vedere: raggiungere l'obiettivo delle zero emissioni?

"Sì. Basta vedere alcune innovazioni, come il chip del computer, le comunicazioni wireless. Voglio dire, è fenomenale come la qualità della vita sia stata migliorata e la durata della vita sia molto più lunga. Anche questi vaccini per la pandemia sono grandi esempi di questo. Ma ci arriveremo solo se usiamo tutti i 30 anni, da qui al 2050, e lavoriamo su tutte le fonti di emissione in tutti i diversi Paesi. Per ora, non abbiamo tutte le giuste misurazioni. Non abbiamo davvero cambiato cose come la rete elettrica. Quindi, il libro è una specie di chiamata all'azione. Riuniamoci per elaborare un piano perché è davvero importante".

Le soluzioni basate sulla natura sono sufficienti?

- Molti dei nostri spettatori ci hanno chiesto delle soluzioni basate sulla natura, cose come piantare alberi per togliere la CO2 dall'atmosfera. È un modo valido di procedere?

"Beh, purtroppo, con 51 miliardi di tonnellate di emissioni all'anno non è semplice. La natura è brava a far crescere alberi in molti posti, ma la quantità di riduzione non sarebbe in percentuale elevata. E bisognerebbe finanziare il reimpianto di quegli alberi per migliaia di anni, perché quando si immette CO2 nell'atmosfera rimane lì per migliaia di anni. Quindi, se si dice che si vuole compensare qualcosa, allora bisogna valutare che gli alberi bruciano o muoiono ogni 40 anni. Per finanziare davvero questo, il costo per tonnellata, diciamo per 4.000 anni, è molto, molto alto. Sbarazzarsi delle emissioni in questi processi sarà l'unico modo per gestire tutti i 51 miliardi di tonnellate di gas serra emessi".

- E cosa pensa della possibilità di togliere la CO2 dall'atmosfera meccanicamente, usando delle macchine?

"Sto finanziando un sacco di aziende che si occupano di cattura diretta dell'aria. Anche qui, il costo per tonnellata è ancora troppo alto, ma ci sono molte nuove idee. Sapete, oggi costa più di 400 dollari a tonnellata. Perciò non è sostenibile risolvere il problema in questo modo. Se riusciamo a portarlo sotto i 100 dollari a tonnellata, può essere parte della soluzione. E, quindi, è come l'idrogeno verde o il carburante verde per l'aviazione. La cattura diretta dell'aria è una delle cose che i governi dovrebbero sostenere e generare una domanda per le migliori soluzioni".

Il Green Deal europeo, secondo Gates

- Lei parla nel libro di governi, legislazioni, politiche. Mi chiedo cosa pensi del Green Deal europeo, che lega i fondi del Recovery Fund agli investimenti verdi. Non si ottiene il denaro se non si investe in qualcosa di verde. Pensa che stiano andando abbastanza lontano con questo?

"Beh, penso che sia fantastico. È un grande impegno. Penso che l'impatto dipenderà dalla qualità di quei progetti. Così, il nostro team scientifico che ha finanziato tutte queste start-up cercherà di collaborare con l'Europa il più possibile su quei progetti perché bisogna provare le cose in scala. E quel denaro può accelerare il lavoro. La discussione è legata al fatto di usarlo per molte delle fonti di emissioni, non solo per l'elettricità rinnovabile o per le autovetture, ma anche per le questioni più complesse. Quindi, è fantastico che abbiano preso questo impegno per andare avanti e finanziare quei progetti".

Più tasse per i ricchi: una soluzione

- Abbiamo bisogno di innovare su tutti i fronti, e tutto ciò richiederà molto denaro. Pensa che i miliardari di questo mondo - e lei fa parte del club - dovrebbero essere tassati di più? Dovrebbero essere obbligati a investire di più in queste cose?

"La politica fiscale è una questione che riguarda ogni singolo paese. Ho parlato delle tasse americane, del fatto che potrebbero essere più alte. Ma non sono un esperto di tasse europee. I governi dovranno fare un passo avanti in materia. Richiederà risorse, proprio come quando si tratta di istruzione e la sanità".

- Ma come si fa a motivare la politica? Perché c'è molta determinazione sulla salute al momento, ma dov'è la motivazione per perseguire quel tipo di innovazione e di cambiamento di cui lei sta parlando?

"Beh, i costi. Come abbiamo visto con la pandemia, il costo per realizzare questi nuovi strumenti è stato di miliardi, e si risparmierà la tragedia economia che è di trilioni e trilioni di dollari".

- Come si fa a creare la volontà politica? Voglio dire, non so se sia facile, perché i politici non vedono lontano, e lo sappiamo

"A meno che le giovani generazioni non parlino in maniera costante - e mi congratulo con i sostenitori che l'hanno guidata - e a meno che non esprimano fortemente ancora le loro opinioni, è possibile che non si facciano i giusti compromessi. E il livello di morti sarà drammaticamente più alto di qualsiasi cosa si sia vista durante la pandemia. Non sarà possibile uscirne se si lascia che ci piombi addosso. In questo caso, si soffrirà per molti decenni".

Esiste un vaccino contro il cambiamento climatico?

- Voglio concludere facendo riferimento alla pandemia e al vaccino, ora. Esiste un vaccino per il cambiamento climatico?

"No, abbiamo bisogno di più di una dozzina di innovazioni rivoluzionarie per far fronte a tutte queste fonti di emissioni. E, quindi, non sono solo le auto elettriche, non è solo il carburante verde per l'aviazione, non è solo la carne artificiale. C'è molto da fare nella produzione e nell'agricoltura, nelle costruzioni e nel trasporto. Ma la distruzione permanente degli ecosistemi naturali è molto, molto peggio rispetto anche al picco della pandemia. Dovrebbe quindi essere una causa attorno alla quale l'umanità può unirsi. Sarà difficile, ma se ci riusciremo, sarà la cosa migliore che abbiamo mai fatto".

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