Anche le monache di clausura si sentono più sole durante il lockdown

Le otto suore di clausura del convento di Santa Veronica Giuliani di Città di Castello, PG
Le otto suore di clausura del convento di Santa Veronica Giuliani di Città di Castello, PG Diritti d'autore AP Photo
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Di Redazione italiana, AP
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Più isolate che mai, le 8 monache di questo monastero umbro hanno dispensato consigli telefonici a tante persone, per aiutarle a trovare la pace interiore anche tra le 4 mura di casa durante la pandemia.

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Quando arriva un visitatore, nel convento di Santa Veronica Giuliani, nel borgo medievale di Città di Castello (PG), suona una campana. Avverte le otto Cappuccine che hanno fatto voto di clausura della presenza di un estraneo.

Isolamento e solitudine sono due sensazioni che abbiamo imparato a conoscere tutti noi durante la pandemia di Covid-19.

Forse siamo portati a pensare che le monache di clausura sono meglio attrezzate per resistere alle difficoltà del lockdown, ma non è così.

Anche alle monache di clausura manca quel poco contatto quotidiano che avevano coi fedeli.

All'arrivo di un visitatore, una delle sorelle era solita passare la chiave attraverso un'antica bussola girevole di forma cilindrica, in legno.

Nel convento, si può parlare alle monache solamente da dietro una grata di metallo.

Ma a causa della pandemia, per la prima volta in quasi quattro secoli il monastero ha dovuto chiudere i battenti - anche alla luce dell'arrivo del Sars-CoV-2 in altri conventi italiani.

La "ruota degli esposti" è stata chiusa, e la campana è stata messa a tacere. I pellegrini che speravano di rendere omaggio a Santa Veronica, o di visitare il museo dove sono custodite le sue reliquie, hanno dovuto desistere.

Per mesi, solamente i parenti stretti delle monache sono stati ammessi nel monastero.

"Non sentire più questa campanella che suonava, non rincontrare lo sguardo delle persone, stringere la mano...anche per noi che siamo in clausura sono gesti importantissimi, che veicolano l’affetto e l’accoglienza. E questo all’improvviso è stato tagliato”, dice suor Chiara, che vive nel monastero dal 2001, anno in cui ha abbandonato gli studi.

I riti monacali sono immutati da secoli. Gran parte della quotidianità di queste monache è dedicata alla preghiera, e poche altre sono le attività consentite, come la cura del giardino e la preparazione delle ostie per la diocesi locale.

Nonostante siano più isolate che mai, tuttavia, le religiose di Città di Castello non hanno mai smesso di ascoltare.

"Abbiamo sentito parlare delle sofferenze di molte persone, e alcune suore sono state colpite direttamente dalla morte di parenti, o dal fatto di non poter visitare i propri cari in ospedale. Da questo punto di vista, quindi, la pandemia ci ha toccato da vicino", spiega suor Chiara.

Linea diretta con le esperte di isolamento

In tanti, che hanno sofferto il duro confinamento, hanno potuto parlare queste "esperte di isolamento" al telefono.

Le monache si sono prodigate dispensando consigli su come trovare la pace interiore anche tra le 4 mura di casa.

Piccoli consigli su come affrontare il caos domestico o come sfruttare al meglio il tempo ritrovato.

"Tutto il lockdown ha inciso sulla quotidianità di tante persone. e noi volevamo lanciare questo messaggio: che all’interno delle giornate anche semplici, in cui noi facciamo delle piccole cose, è custodita una ricchezza che a volte noi non guardiamo e a cui non facciamo caso. Invece, nella nostra quotidianità c’è tutto quello che ci serve per essere felici", dice suor Chiara.

Le monache hanno sperimentato anche le "nuove" tecnologie, aprendo una pagina Facebook dove riflettere sul Vangelo e sulle sfide della pandemia. Non solo: per il secondo anno consecutivo hanno pubblicato un calendario, svelando allo sguardo del pubblico gli interni - altrimenti inaccessibili - del convento.

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Costruito nel 1643, fu casa di Santa Veronica, nota per la sua grande religiosità. La Santa, con tanto di stimmate, ne divenne badessa e morì nel 1727.

Tra giugno e ottobre, le suore hanno goduto di una breve finestra in cui sono passate dalla chiusura totale ad un livello di contatto senza precedenti con il mondo esterno.

Dopo la fine del primo isolamento, infatti, è stato permesso loro di tenere messe all'aperto nel chiostro del monastero, con più di 100 presenti.

Le otto monache hanno potuto restare a pochi metri di distanza dal pubblico, abituate invece, in occasione delle messe passate, a sedere dietro il coro, in una stanzetta, al riparo di una grata di metallo.

"Nessun abbraccio fisico, ma è stato sì una sorta di abbraccio. Come a dire: tutto quel tempo che non abbiamo potuto trascorrere assieme, non ha danneggiato quell'amore, quella sensazione di aver percorso insieme un cammino. È stato bello rivedere le persone. Molti si sono avvicinati a noi, è stato bello poterli guardare di nuovo negli occhi, sorridere l'uno all'altro", conclude suor Chiara.

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Nonostante rimangano devote ai loro voti di isolamento, questa inaspettata interazione con altre persone - dopo i lunghi mesi di isolamento - ha aumentato in loro il desiderio di aprire il loro piccolo mondo ai fedeli.

Il messaggio delle Cappuccine di Città di Castello è semplice: sia isolamento sia forzato, sia che sia volontario, nessuno di noi è davvero solo.

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