Mohamed Bazum è sostenuto dal presidente uscente. L'opposizione resta frammentata. Il Niger è un Paese fondamentale per aiutare l'Occidente a risolvere il problema dell'immigrazione
La commissione elettorale del Niger, questo sabato, ha reso pubblico il nome del vincitore del primo turno delle presidenziali, si tratta di Mohamed Bazum.
L'uomo del presidente uscente Mahamadou Issoufou ha raccolto il 39,33% dei voti nelle elezioni dello scorso fine settimana.
Bazum rappresenta la continuità del potere. Resta il favorito di questa tornata elettorale che vede un'opposizione frammentata e che non è riuscita a imporsi anche alle ultime Municipali.
Il ballottaggio è fissato per il mese prossimo.
Bazum rivendica i miglioramenti degli ultimi anni, dall’aumento delle infrastrutture alla maggiore sicurezza, fino alla crescita costante del Pil. Le opposizioni hanno puntato il dito denunciando però meno libertà individuali e l’indebolimento dell’istruzione.
Il Niger è in coda alla classifica delle Nazioni unite per quel che riguarda lo sviluppo economico e delle libertà civili, resta un Paese centrale nello snodo per le migrazioni, un crocevia dove si incrociano migliaia di persone che passano da qui per raggiungere i trampolini libici e algerini per arrivare in Europa. La situazione ha fatto del Niger un Paese d'accoglienza, cui l'Occidente dovrebbe guardare con maggior attenzione.
La storia più recente
La colonizzazione francese del Paese si completò nel XIX secolo, quando l'attuale territorio del Niger venne a far parte dell’Africa Occidentale Francese.
Il 3 agosto 1960 il Niger ottenne l’indipendenza, divenendo poi una Repubblica presidenziale. Una nuova Costituzione fu varata nell’estate del 1999, ma il primo decennio del XXI secolo è stato caratterizzato da instabilità, tra dittature militari e governi di transizione. Il 18 febbraio 2010 un colpo di Stato rovescia il presidente Tandja Mamadou. L’anno seguente si svolgono nuove elezioni, che vedono vincere Mahamadou Isooufou con il 58% delle preferenze. Issoufou guiderà il Paese per dieci anni.