La Svezia fa un (mezzo) passo indietro. Mente della strategia: "Utili degli aggiustamenti"

L'epidemiologo di Stato, Anders Tegnell, durante una conferenza stampa sul coronavirus a Stoccolma, Svezia
L'epidemiologo di Stato, Anders Tegnell, durante una conferenza stampa sul coronavirus a Stoccolma, Svezia Diritti d'autore Pontus Lundahl/Pontus Lundahl/TT via AP
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Di Cinzia Rizzi Agenzie:  AFP, AP
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L'epidemiologo-mente della strategia: "Degli aggiustamenti sarebbero stati utili, anche se non sappiamo se misure più restrittive avrebbe fatto davvero la differenza"

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Dopo aver insistito con la strategia "anti lockdown" e anti misure restrittive, la Svezia fa marcia indietro. O meglio, fa (un mezzo) mea culpa. L'epidemiologo dell'Agenzia di sanità pubblica Anders Tegnell ha riconosciuto questo mercoledì che l'approccio più flessibile adottato dal regno scandinavo, per contenere la diffusione del Covid-19, avrebbe potuto essere migliorato

In parole povere, la Svezia avrebbe potuto evitare di diventare uno dei Paesi con il più alto tasso di morti pro capite al mondo (4.542 finora, con 40.803 contagi, per un Paese che conta 10,2 milioni di abitanti), adottando misure restrittive più severe. 

Se dovessimo incontrare la stessa malattia, con tutto quello che sappiamo oggi, penso che finiremmo per fare qualcosa che sta nel mezzo, tra quello che ha fatto la Svezia e quello che ha fatto il resto del mondo
Andres Tegnell
Agenzia di sanità pubblica svedese

"Degli aggiustamenti sarebbero stati utili", ma...

Tegnell, volto della strategia svedese per combattere il virus, ha sempre difeso la decisione del Paese di non imporre misure come il lockdown, la chiusura di negozi, bar e ristoranti - scelte da molti Stati europei - e di preferire il distanziamento sociale (assembramenti permessi solo sotto le 50 persone) e il senso di responsabilità dei cittadini. L'ha fatto anche questo mercoledì, ammettendo però per la prima volta che sarebbero stati utili "degli aggiustamenti", man mano che si rendevano disponibili nuove informazioni: "Se dovessimo incontrare la stessa malattia, con tutto quello che sappiamo oggi, penso che finiremmo per fare qualcosa che sta nel mezzo, tra quello che ha fatto la Svezia e quello che ha fatto il resto del mondo", ha detto l'epidemiologo alla radio pubblica svedese.

Ma per non smentire totalmente la linea difesa fin qui, Tegnell ha poi sottolineato il fatto di non essere sicuro che l'introduzione di misure aggiuntive avrebbe fatto davvero la differenza. "Sarebbe bene sapere con più precisione cosa si debba fermare, per prevenire meglio la diffusione dell'epidemia", ha detto. Più tardi nel corso della giornata, durante una conferenza stampa, ha aggiustato nuovamente il tiro, sottolineando che le sue osservazioni non dovevano essere interpretate come dubbi da parte sua o dell'agenzia sulla strategia, che il governo guidato da Stefan Löfven continua a difendere come efficace a lungo termine ("è una maratona, non uno sprint").

Una strategia che ha provocato "nuovi nemici" e non ha salvato l'economia

Un approccio che ha attirato un'ondata di critiche, sia dentro che fuori il Paese. Con i Paesi vicini, ad esempio, che hanno deciso di mantenere la chiusura delle frontiere con la Svezia. "A volte è stata percepita come una minaccia, perché potrebbe indirettamente mettere in dubbio alcune delle misure piuttosto drastiche adottate dagli altri", ha detto l'epidemiologo.

Una strategia che non ha risparmiato neanche l'economia nazionale, che dipende fortemente dalle esportazioni. Secondo le previsioni, il Pil svedese dovrebbe crollare del 7% quest'anno, con la ministra delle Finanze, Magdalena Andersson, che ha parlato di "una crisi economica molto profonda". Oltre 76.000 persone hanno perso il lavoro dall'inizio dell'pandemia e si prevede che il tasso di disoccupazione, che ora si attesta al 7,9%, aumenterà.

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