La protesta nera monta sui social: il mondo dello sport contro le violenze razziste
La morte di George Floyd avvelena i pozzi: il colore della pelle diventa ancor più l'unico discrimine e così Floyd Mayweather, ex pugile statunitense, nero, più volte accusato di razzismo nei confronti di sportivi di origine asiatica, assurge al ruolo di benefattore controverso: **pagherà il funerale dell'afroamericano ucciso durante il fermo di Polizia a Minneapolis. **
Mayweather è stato personalmente in contatto con la famiglia, secondo Leonard Ellerbe, il Ceo di Mayweather Promotions. Si occuperà dei costi della cerimonia funebre del 9 giugno nella città natale di Floyd, Houston.
Dalla boxe al basket per la rabbia nera che monta: dopo essersi unito alle proteste di Atlanta, Malcolm Brogdon, guardia dell'Indiana Pacers, ha condiviso le sue riflessioni sulla necessità di restare indignati. Parlando a "First Take", programma tv di ESPN, Brogdon ha descritto la ''disperazione in cui si trova la nostra gente'' e ha esortato la comunità bianca a fare tutto il possibile per sostenere la lotta di giustizia.
"È imperdonabile e succede spesso - ha commentato Brogdon - e il mio timore è che noi, come popolo, diventiamo insensibili a tutto questo. È importante per noi rimanere indignati, continuare a essere arrabbiati, a protestare, a fare luce e a mettere in evidenza quello che sta succedendo in questo Paese e nel sistema compromesso in cui viviamo".
Più diplomatico ma ugualmente duro Tiger Woods. Su Twitter, il vincitore di oltre 100 tornei professionistici di golf l'ha scritto: "Ho sempre avuto il massimo rispetto per le nostre forze dell'ordine, in questa circostanza è stato chiaramente superato il limite".
Paul Pogba, centrocampista del Manchester e della nazionale francese, ha invece affidato a Instagram la sua indignazione: "Gli atti violenti di razzismo non possono più essere tollerati. Io non li tollererò, noi non li tollereremo. Il razzismo è ignoranza, l'amore è intelligenza".
La protesta è oramai virale: ci sono l'inchino dei giocatori del Liverpool e la mobilitazione del mondo del tennis nel segno dello slogan: giù le racchette, mani in alto.
Una galleria di volti, uomini e donne di sport, da Serena Williams a Tsonga, da Watson a Osaka: le mani alzate non in segno di resa ma per dire basta alla violenza razzista.